Il transessualismo (anche transessualità) è una condizione caratterizzata dal fatto che l’identità sessuale fisica della persona non è corrispondente alla condizione psicologica di identità di genere femminile o maschile; il/la transessuale è cioè colui o colei che pur appartenendo per nascita a un determinato sesso biologico, fin dall’infanzia sviluppa una fortissima e continua identificazione nel sesso opposto al proprio. Ciò porta queste persone a perseguire l’obiettivo di un cambiamento del proprio corpo attraverso interventi medico-chirurgici in grado di riattribuire quella che viene ritenuta come la corretta identità fisico-psicologica.
Il transessualismo, secondo quanto riportato dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders rientra nella categoria dei cosiddetti disturbi dell’identità di genere (DIG). Ricordiamo che con “identità di genere” si fa riferimento al sentimento di appartenenza all’uno o all’altro genere, a prescindere da quello che è il sesso anatomico di nascita.
Il transessualismo è più comune nella forma andro-ginoide (il soggetto maschio sente il bisogno di diventare femmina), piuttosto che nella forma gino-androide (la femmina sente il bisogno di diventare maschio). Il termine “transessuale” viene declinato al femminile (la transessuale) per indicare la persona transessuale di sesso anatomico maschile che sentono di essere femmine (si parla di MtF, Male to Female, da maschio a femmina); viene invece declinato al maschile (il transessuale) quando si fa riferimento alle persone di sesso anatomico femminile che sentono di essere maschi (FtM, Female to Male, da femmina a maschio).
Il termine “transessuale” è relativamente recente, è stato infatti coniato alla fine degli anni ’40 del secolo scorso da D. Cauldwell, anche se è diventato di uso comune soltanto nella seconda metà degli anni ’60 con la pubblicazione del libro The transsexual phenomenon (Il fenomeno transessuale) di H. Benjamin; nella sua opera, Benjamin fa notare come il transessualismo sia l’unica patologia psichiatrica a non avvalersi di cure psichiatriche, nel senso che il soggetto non viene trattato, come avveniva in passato, con un approccio psicoterapico e/o ormonale, per farlo sentire a proprio agio con il suo sesso fisico, bensì avviato verso un percorso terapeutico endocrinologico e/o chirurgico per iniziare il percorso della cosiddetta “transizione”. Di fatto, lo scopo dei trattamenti è quello di adeguare il corpo alla psiche e non viceversa.
Va altresì precisato che molte persone transessuali non accettano di essere inquadrate psichiatricamente, anche se c’è la consapevolezza che la propria condizione di transessualismo necessita dell’intervento della medicina per il miglioramento della propria qualità di vita.

Il transessualismo è più comune nella forma andro-ginoide (il soggetto maschio sente il bisogno di diventare femmina), piuttosto che nella forma gino-androide (la femmina sente il bisogno di diventare maschio).
Disturbo o no che lo voglia considerare (ma “ufficialmente” di disturbo si tratta), è innegabile che il soggetto transessuale viva in una condizione di costante disagio, senza contare tutte le numerose difficoltà che incontra nella vita di tutti giorni, a partire dall’età giovanile. L’inserimento nel sociale (scuola, lavoro ecc.) è molto complesso e può essere fonte di molti e pesanti problemi esistenziali.
Cause del transessualismo
Le cause del transessualismo sono sostanzialmente ignote. Secondo la gran parte degli autori, il transessualismo è una condizione risultante dalla combinazione di vari fattori psico-socio-biologici che niente hanno a che vedere con una perversione.
Molti si chiedono perché tale condizione deve essere considerata un disturbo psichiatrico; la domanda può apparire banale, ma non lo è affatto; secondo Peggy Cohen-Kettenis, considerata uno dei maggiori esperti di transessualismo, ha risposto così alla domanda: “Credo che le ragioni principali stiano fuori dal DSM. Per esempio, una ragione pratica, anche se non la più importante, è che senza un disturbo classificato nel DSM, in molti Paesi le compagnie di assicurazione non coprirebbero le spese del trattamento”.
Alcuni studi relativamente recenti sembrano indicare una predisposizione genetica alla condizione di transessualismo, predisposizione dovuta a un gene che codifica un enzima (citocromo P17) che sovrintende al metabolismo degli ormoni sessuali.
Trattamento del transessualismo – L’operazione
Il soggetto transessuale che voglia iniziare un processo di transizione deve rivolgersi a uno psichiatra, l’unica figura professionale che può certificare il disturbo di identità di genere. La certificazione del DIG è un passo indispensabile per poter rivolgersi a uno specialista endocrinologo che stabilirà un’opportuna terapia ormonale (somministrazione di estrogeni e antiandrogeni nel caso di transessuali MtF e somministrazione di testosterone nel caso di transessuali FtM).
La terapia ormonale è accompagnata o seguita, nel caso di transessuali, MtF, da trattamenti estetico-chirurgici (mastoplastica additiva, femminilizzazione dei lineamenti, rimozione della barba ecc.) che hanno uno scopo estetico e, di norma, sono a carico del soggetto che li ha richiesti.
Nel caso di transessuali FtM, solitamente, l’unico intervento di chirurgia estetica che viene richiesto è quello di mastectomia.
Alcuni degli interventi chirurgici citati sono piuttosto complessi e non sono esenti da complicazioni.
Una volta effettuata la terapia ormonale, in base alla legge 164/82, la persona transessuale può fare richiesta al Tribunale dell’autorizzazione alle operazioni chirurgiche necessarie alla conversione sessuale; nelle trans gli interventi in questione sono la penectomia (amputazione chirurgica totale o parziale del pene), l’orchiectomia (asportazione dei testicoli) e la vaginoplastica; nei trans sono la mastectomia, l’istero-annessiectomia (asportazione dell’utero e dei suoi annessi, tube di Falloppio e ovaie), la falloplastica (costruzione o modifica del pene) o la meteoidioplastica (valorizzazione massima delle modificazioni ottenute sul clitoride con la terapia ormonale); se l’autorizzazione viene concessa, l’intervento sui genitali è a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Una volta effettuata l’operazione chirurgica, la persona transessuale deve chiedere al Tribunale il cambiamento dello stato anagrafico. Se l’iter giudiziario va a buon fine, per la legge italiana la persona transessuale da donna a uomo diventa a uomo e la persona transessuale da uomo a donna diventa donna.
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