La tiroidite di Hashimoto (anche tiroidite cronica autoimmune o morbo di Hashimoto) è una delle malattie tiroidee maggiormente diffuse a livello mondiale, se non addirittura la più diffusa, in particolar modo in quelle aree geografiche in cui l’apporto di iodio è particolarmente elevato.
La tiroidite di Hashimoto si registra con maggiore frequenza nel sesso femminile (3,5 casi all’anno per 1.000 abitanti nelle donne e 0,8 casi all’anno per 1.000 abitanti negli uomini) e la sua incidenza aumenta all’aumentare dell’età, può comunque insorgere anche in persone molto giovani.
La tiroidite di Hashimoto è una malattia autoimmune (è cioè provocata da quella che possiamo definire come un’auto-aggressione del proprio sistema immunitario) che tende a evolvere verso l’ipotiroidismo; è infatti la causa più comune di ridotta funzionalità della tiroide.
Tiroidite di Hashimoto – Cause e fattori di rischio
Le cause della tiroidite di Hashimoto sono attualmente sconosciute; sono stati però individuati diversi fattori di rischio che analizziamo brevemente di seguito.
- Fattori genetici – È stata da tempo dimostrata una significativa associazione tra la tiroidite di Hashimoto ed alcuni geni fra cui HLA-DR, HLA-DR5 e CTL-4. Si è inoltre osservato che tale patologia si sviluppa più frequentemente in coloro che sono affetti da sindrome di Down (trisomia 21), sindrome di Turner e sindrome di Klinefelter e ciò fa ritenere che vi siano altri geni coinvolti nella genesi della malattia.
- Età – La prevalenza della patologia aumenta con l’avanzare dell’età; di solito si manifesta in soggetti già adulti, ma non mancano casi in cui la malattia è insorta anche in soggetti molto giovani.
- Sesso femminile – La tiroidite di Hashimoto è decisamente più frequente nelle donne; ciò fa supporre che alcuni fattori ormonali possano avere un ruolo importante nell’insorgenza della malattia.
- Trattamenti con citochine – Trattamenti con interleuchina 2 e interferone possono favorire la comparsa di tiroidite autoimmune cronica nei soggetti predisposti.
- Esposizione a radiazioni – L’esposizione continuata a basse dosi di radiazioni ionizzanti può favorire la comparsa della patologia.
- Iodio e sostanze contenenti iodio – Si tratta di sostanze che hanno la capacità di far precipitare un processo autoimmune in coloro che sono predisposti. Il meccanismo che si trova alla base di questo fenomeno è però sconosciuto.
In certi casi la tiroidite di Hashimoto è associata a malattie legate ad alterazioni del sistema immunitario (epatite C, deficit surrenalico, insufficienza ovarica, diabete mellito ecc.).
Tiroidite di Hashimoto – Sintomi
I sintomi della tiroidite di Hashimoto sono molto numerosi e peraltro caratterizzati da una notevole variabilità legata all’evoluzione clinica della malattia, all’età in cui essa insorge e all’eventuale contemporanea presenza di altre patologie.
Nella stragrande maggioranza dei casi la tiroidite di Hashimoto fa il suo esordio in modo lento e in modo asintomatico; la produzione ormonale rimane nella norma e i sintomi si manifestano solo quando vi è un’evoluzione verso un quadro di ipotiroidismo. Alcune volte l’esordio è acuto e in questo caso i sintomi sono quelli tipici dell’ipertiroidismo (agitazione, astenia, perdita di peso, aumento della temperatura corporea, tachicardia ecc.). La variabilità che caratterizza la sintomatologia della malattia rende spesso difficoltosa la diagnosi.
Di seguito un elenco dei possibili sintomi della tiroidite di Hashimoto:
- astenia
- aumentata sensibilità alle basse temperature
- aumento di peso (o, comunque, difficoltà a perderlo)
- bradicardia (rallentamento del battito cardiaco)
- calo della libido
- capelli sottili, fragili e secchi
- crampi muscolari
- depressione
- difficoltà a concentrarsi
- diminuzione della sudorazione
- dolori articolari
- dolori muscolari
- formicolii alle mani
- gozzo
- ipercolesterolemia
- pallore cutaneo
- pelle secca
- raucedine
- ritenzione idrica
- stanchezza eccessiva e facile affaticamento
- stitichezza
- tumefazioni nel collo.
Nelle donne si possono registrare anche alterazioni del ciclo mestruale.
Tiroidite di Hashimoto e gravidanza
Circa il 10% delle donne in gravidanza sviluppa una forma di tiroidite autoimmune le cui caratteristiche sono pressoché le stesse della tiroidite di Hashimoto con la significativa differenza che si tratta di una condizione transitoria che comunque deve essere adeguatamente trattata; in caso contrario aumenta notevolmente il rischio di aborto spontaneo.
Ovviamente vi sono casi in cui, una donna soffre di tale patologia prima di iniziare una maternità; in questi casi è necessario consultare un endocrinologo e chiedere suggerimenti nel caso in cui si sia iniziata una gravidanza o si abbia comunque intenzione di iniziarla.
Tiroidite di Hashimoto – Diagnosi
La diagnosi di tiroidite di Hashimoto non risulta sempre semplice; in parte perché in genere evolve in modo graduale e piuttosto subdolo e in parte perché la variabilità dei sintomi è davvero notevole; essa si basa sull’anamnesi (ovvero sulla raccolta dei dati del paziente), sull’esame fisico (fra cui la palpazione della tiroide) e sulle indagini di laboratorio (per esempio, TSH, tiroxina T4 libera, T3 totale e libero, anticorpi anti-tireoperossidasi, anticorpi anti-tireoglobulina, VES, emocromo ecc.) e strumentali (ecografia tiroidea, scintigrafia tiroidea, esame citologico ecc.).
Il TSH risulta di solito aumentato nell’ipotiroidismo, la tiroxina T4 libero risulta spesso diminuita, il T3 può essere basso, ma spesso rientra comunque nel range di normalità.
La ricerca degli anticorpi anti-tireoperossidasi risulta essere positiva nella stragrande maggioranza dei casi (95%); minore, percentualmente parlando, la positività degli anticorpi anti-tireoglobulina (60%).
Nei casi più dubbi è necessario ricorrere all’esame citologico e/o alla scintigrafia tiroidea. L’ecografia tiroidea fornisce informazioni sulle condizioni della tiroide.
La diagnosi differenziale deve escludere l’assunzione di sostanze che possano indurre la produzione anticorpale contro la tiroide (come per esempio l’amiodarone o l’interleuchina-2).
Tiroidite di Hashimoto – Cura
La cura della tiroidite di Hashimoto deve tener conto della funzione della ghiandola tiroidea al momento in cui la patologia viene diagnosticata; in presenza di eutiroidismo (ovvero, parametri della funzione tiroidea nella normalità) non è necessario, salvo diverso parere medico, prendere particolari provvedimenti e ci si limiterà a una periodica osservazione della situazione.
Dal momento che nella maggioranza dei casi, la tiroidite di Hashimoto provoca una condizione di ipotiroidismo, si procederà con la somministrazione della cosiddetta terapia ormonale sostitutiva. Il principio più ampiamente utilizzato è la levotiroxina sodica (disponibile con i nomi commerciali di Eutirox – forse il più noto – Syntroxine, Tiracrin, Tirosint). Il farmaco, se assunto alle dosi prescritte, non dà luogo a particolari effetti collaterali; si deve però tenere conto che l’assunzione di alcuni farmaci, integratori o alimenti (per esempio, i farmaci antiacido o alcuni ipocolesterolemizzanti) può influenzarne l’assorbimento e conseguentemente incidere sull’efficacia della cura. È quindi sempre necessario informare il medico nel caso si assumano farmaci o integratori di cui lui non è informato e richiedere informazioni su quali sono i cibi da evitare o comunque limitare.
Nei casi, rari ma possibili, in cui la tiroidite di Hashimoto sia evoluta verso una condizione di ipertiroidismo, si dovrà invece ricorrere a una terapia che inibisca la funzione tiroidea.

La tiroidite di Hashimoto si registra con maggiore frequenza nel sesso femminile (3,5 casi all’anno per 1.000 abitanti nelle donne e 0,8 casi all’anno per 1.000 abitanti negli uomini) e la sua incidenza aumenta all’aumentare dell’età, può comunque insorgere anche in persone molto giovani.
Tiroidite di Hashimoto – Dieta
A costo di deludere molte persone che ricercano informazioni al riguardo, dobbiamo puntualizzare che, checché se ne dica, non esiste una specifica dieta specifica per la tiroidite di Hashimoto.
Le cause di ipotiroidismo (condizione verso quale generalmente tende la tiroidite di Hashimoto) non sono sempre ascrivibili, come generalmente molti sono portati a pensare, alla carenza di iodio; esistono infatti molte forme di ipotiroidismo e le cause sono le più svariate (problemi a livello del sistema immunitario, e la tiroidite di Hashimoto ne è un esempio, malformazioni della ghiandola tiroidea, inefficace stimolazione ipotalamica ecc.) e, in alcuni casi, addirittura sconosciute.
Una determinata dieta ha quindi senso soltanto in quei casi in cui la funzionalità ridotta della tiroide è inequivocabilmente legata a carenze alimentari (in genere, ridotto apporto di iodio, ma anche di selenio).
Ci si potrebbe quindi chiedere, in quest’ultimo caso, se non sia opportuno assumere appositi integratori di iodio. A questo riguardo si deve precisare che occorre una certa cautela perché un ricorso indiscriminato a tali supplementi potrebbe essere più dannoso che positivo; infatti, se è vero che, a livello globale, le gravi carenze alimentari di iodio sono alla base di moltissimi casi di ipotiroidismo, è altrettanto vero che un eccessivo apporto di tale minerale potrebbe, a lungo andare, determinare alterazioni della normale funzionalità della tiroide con conseguente insorgenza di quadri di iper- o, paradossalmente, di ipotiroidismo.
Curiosità – La tiroidite di Hashimoto deve il suo nome al medico che per primo la descrisse (1912), Hashimoto Hakaru.
Indice materie – Medicina – Sintomi – Tiroidite di Hashimoto