Tallonite è un termine alquanto generico con il quale, comunemente, ci si riferisce a una condizione di dolore al tallone. Gli addetti ai lavori sono più propensi a utilizzare una terminologia diversa e preferiscono descrivere tale condizione usando termini quali tallodinia e talalgia o locuzioni come dolore calcaneare. In effetti, ci si passi il paragone un po’ azzardato, parlare di tallonite è un po’ come parlare di testite nel caso di dolori al capo. Il problema infatti può essere dovuto a una borsite, a una tendinopatia inserzionale, a una fascite plantare, a una frattura da stress, ad alterazioni posturali ecc. Scopo di questo articolo è quello di cercare di fare un po’ di chiarezza sull’argomento; cercheremo quindi di analizzare le cause della cosiddetta tallonite (termine che per comodità anche noi useremo in questo articolo) e le modalità di cura più appropriate a una sua risoluzione. Prima di farlo però riteniamo opportuno fornire qualche brevissimo cenno sull’anatomia della parte ossea interessata dal problema, il calcagno, un osso del piede.
Il piede umano è un organo il cui scheletro può essere suddiviso in tre sezioni: tarso, metatarso e falangi; il tarso è costituito da 7 ossa: calcagno, astragalo, scafoide, cuboide e ossa cuneiformi (3); di queste ossa il calcagno è la parte più voluminosa del tarso e ne costituisce la parte postero-inferiore; nel linguaggio comune il termine tallone è spesso considerato sinonimo di calcagno, in realtà, il tallone è la parte inferiore di detto osso.
I sintomi
Il titolo del paragrafo poteva essere anche al singoalre; infatti si parla di tallonite quando c’è un dolore al tallone. Essendo uno solo, il sintomo è quindi ininfluente sulla scoperta della causa.
Le cause della tallonite
Quando si ricercano le cause di una tallonite è necessario considerare molti aspetti; il problema infatti, come accennato nel paragrafo precedente, può avere origini traumatiche, ma può essere causato da problemi di tipo neurologico, metabolico o congenito.
Borsite – All’origine della tallonite può esserci una borsite, ovvero quel processo infiammatorio che può colpire le borse sierose retrocalcaneari oppure le borse sottocutanee, quelle strutture cioè che sono deputate a favorire lo scorrimento delle strutture periferiche del tendine. Le borsiti riconoscono diverse cause, alla loro origine infatti possono esserci problemi di tipo anatomico (spina calcaneare, malattia di Haglund, piede cavo), ma possono anche essere dovute ad allenamenti quantitativamente o qualitativamente errati oppure a calzature poco idonee o eccessivamente usurate.
Per approfondimenti sull’argomento si consulti il nostro articolo Borsiti del calcagno.
Tendinopatia inserzionale – Alla base della sintomatologia dolorosa che caratterizza la tallonite può esserci una tendinopatia inserzionale. All’origine di molte tendinopatie vi è la pratica di determinate attività sportive; quelle più a rischio sono la corsa e la marcia, la pallacanestro, la pallavolo, il calcio e comunque tutte quelle discipline in cui vi è una forte sollecitazione della zona calcaneare.
Per approfondimenti sull’argomento si consulti il nostro articolo Tendinopatia dell’achilleo; consigliamo inoltre la lettura dell’articolo Correre col dolore, una testimonianza di un amico del sito che ci può insegnare a quali gravi conseguenze si può andare incontro quando si gestisce in modo erroneo l’attività fisica.
Fascite plantare – Altra patologia che può essere responsabile di notevole dolore al tallone è la fascite plantare; in questo caso la tallonite è dovuta a un’eccessiva sollecitazione del tallone. All’origine di una fascite possono esserci varie motivazioni; una ricorrente è il sovrappeso sportivo, ma l’infiammazione dei fasci plantari può essere dovuta anche a un indiscriminato e improvviso aumento del chilometraggio settimanale (si tenga sempre presente la regola del 10%), a una ridotta estendibilità del tendine di Achille, a determinate caratteristiche anatomiche o a sedute di allenamento eccessivamente veloci e frequenti con calzature non adatte a questo tipo di preparazione ecc. Si deve anche ricordare che talvolta il problema può derivare dal terreno sui quali si svolgono le sedute di allenamento; infatti, le superfici estremamente rigide, come per esempio, quelle in asfalto, amplificano il cosiddetto “shock da impatto” con tutto ciò che ne consegue.
Per approfondimenti sull’argomento rimandiamo all’articolo Fascite plantare.
Fratture da stress – Un’altra causa di tallonite può essere una frattura da stress, una locuzione con la quale ci si riferisce a una frattura ossea non legata a traumi evidenti, ma a microtraumi ripetuti nel tempo; alcune categorie di persone sono più interessate da questo problema, fra queste vi sono gli atleti e i militari.
Per approfondimenti su questo argomento si rimanda al nostro articolo Fratture da stress.
Patologie metaboliche e reumatiche – Quelle analizzate fino a ora sono le cause più comuni di tallonite; è facile notare che alla loro origine vi sono problemi di tipo traumatico o anatomico, ma non si deve dimenticare che la condizione dolorosa del tallone può essere dovuta anche a malattie di origine dismetabolica (come per esempio la gotta, una patologia in cui un aumento della produzione di acido urico, o una sua diminuita escrezione, è all’origine di un progressivo accumulo di cristalli di acido urico, accumulo che provoca dolorose infiammazioni a livello articolare) oppure reumatica (come per esempio l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, il lupus eritematoso sistemico ecc.).
Non solo patologie – Non vi sono solo patologie dietro l’insorgenza di una tallonite; in alcuni casi il problema va ricercato nelle calzature indossate dal soggetto; la tallonite è, per esempio, un problema abbastanza comune nelle donne che indossano scarpe con i tacchi alti; i dolori al tallone fanno generalmente la loro comparsa quando la donna cessa di indossare le scarpe con i tacchi alti oppure passa ad altre tipologie di calzatura perché si ha un aumento della pressione esercitata sul tallone, senza contare il fatto che aumentano anche la tensione del tendine calcaneare (più noto come tendine di Achille) e della fascia plantare.

Tallonite è un termine alquanto generico con il quale, comunemente, ci si riferisce a una condizione di dolore al tallone. Professionalmente, si usano termini quali tallodinia e talalgia o locuzioni come dolore calcaneare.
Tallonite: i rimedi
Riuscire a individuare l’esatta causa di una tallonite è fondamentale per intervenire in modo corretto. A tale scopo il medico, oltre che della sua esperienza, si avvarrà delle varie tecniche di indagine diagnostica (esami radiografici, ecografia, risonanza magnetica nucleare ecc.) che sceglierà a seconda dei casi.
Proporre soluzioni senza conoscere l’esatta causa del problema (sicuramente un atteggiamento poco professionale) può avere effetti decisamente negativi. Infatti le varie patologie che sono causa di dolore al tallone possono necessitare di cure completamente diverse fra loro. Se il litotritore (uno strumento che genera onde d’urto acustiche ad alta energia) può essere indicato in una tendinopatia con calcificazione, sicuramente è deleterio nel caso di una frattura da stress!
Da un punto di vista pratico una tallonite può essere gestita con un periodo di stop di 15 giorni, monitorando la situazione dopo 5-7 giorni. Nei casi migliori la situazione evolve spontaneamente verso la guarigione dopo la prima settimana. Nel caso che, trascorsi 15 giorni, non vi siano miglioramenti di alcun genere, è opportuno rivolgersi allo specialista ortopedico che in base alla diagnosi affronterà il problema nel modo che ritiene più opportuno.
Se, per esempio, all’origine della tallonite vi è un’infiammazione della fascia plantare, oltre al riposo, che deve essere praticamente assoluto, può essere indicato intervenire con la litotrissia o con la fibrolisi. Con la prima metodica è possibile distendere le fibre della fascia plantare, mentre con la seconda si provocano dei microtraumi che vascolarizzano la zona interessata dal processo infiammatorio e la rigenerano. La chirurgia è ovviamente riservata a quei casi di fascite particolarmente seri in cui si è venuta a creare una situazione di irreversibilità. È chiaro che il ricorso alla chirurgia comporta tempi di rieducazione non minimali. Decisamente più brevi sono i tempi di recupero nel caso delle altre tecniche sopra menzionate.
Se il problema tallonite è relativo a una tendinopatia dell’achilleo, l’approccio terapeutico varia molto a seconda che sia presente o no una degenerazione del tendine; a seconda dei casi si potrà ricorrere a diversi tipi di intervento; è bene ricordare che in primis sono necessarie almeno due settimane di riposo per valutare il grado di gravità del problema. Oltre al riposo (sempre obbligatorio!) altre tipologie di intervento sono lo stretching (se ben eseguito consente di mantenere la flessibilità dei tessuti), l’utilizzo di talloniera, la mesoterapia, le infiltrazioni, la fisioterapia, gli esercizi eccentrici ecc. In determinate situazioni può essere necessario prendere in considerazione l’intervento chirurgico.
Quando la tallonite è dovuta a una borsite è necessario stabilire se il problema è di tipo anatomico (malattia di Haglund, piede cavo ecc.) oppure se alla sua origine vi sono l’utilizzo di calzature non idonee o sedute di allenamento troppo pesanti o errate. In caso di problemi anatomici è molto probabile che si debba affrontare il problema chirurgicamente, mentre negli altri casi, oltre al necessario riposo (mediamente due-tre settimane di stop sportivo, durante il quale si può intervenire con trattamenti quali la crioterapia, l’assunzione di farmaci ad azione antinfiammatoria ecc.) si dovrà evitare di indossare calzature che possano irritare le borse e, se il medico lo ritiene opportuno, si potrà fare ricorso a terapie quali le infiltrazioni con corticosteroidi o la mesoterapia. Altre terapie che vengono spesso suggerite sono la ionoforesi, gli ultrasuoni e i crio-ultrasuoni.
In quei casi di tallonite in cui il dolore è molto intenso è opportuno ricorrere all’utilizzo di stampelle.
Nel corso della fase di riabilitazione possono avere una certa utilità gli esercizi propriocettivi e gli esercizi di sensibilizzazione plantare.
E le terapie di mantenimento?
Le cosiddette terapie di mantenimento rischiano di aggravare la tallonite. Per esempio, i farmaci antinfiammatori e quelli antidolorifici sono controindicati (possono essere usati, ma solo a riposo) perché, sopprimendo il dolore, consentono un carico che non è detto che la struttura possa reggere (pensiamo a una frattura da stress). Cercare di correre ugualmente con talloniere al silicone o con fasciature di scarico spesso si rivela una soluzione peggiore del problema stesso perché il potere scaricante è comunque minimo in condizioni di impegno sportivo intenso. Con un plantare fatto ad hoc le cose potrebbero migliorare, ma prima occorre riportare il tallone in condizione di normalità e per farlo sono necessari sia il riposo che la comprensione della causa che ha scatenato l’insorgenza della tallonite: in altri termini, prima si guarisce (i sedentari difficilmente soffrono di tallonite!) e poi si può pensare al plantare, utile solo nel caso che la causa sia anatomica e non sia stata rimossa.
Tallonite: quando il ricorso alla chirurgia?
Il ricorso alla chirurgia in caso di tallonite è rarissimo ed è riservato praticamente soltanto a quei casi borsite e fascite plantare particolarmente gravi da essere considerati irreversibile se non trattati chirurgicamente.
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