La spina bifida (anche, ma più raramente, rachischisi) è una grave e inguaribile malformazione congenita del tubo neurale (l’abbozzo del sistema nervoso centrale presente negli embrioni).
La spina bifida è una patologia caratterizzata dalla mancata chiusura del canale vertebrale; può coinvolgere midollo spinale, cervello e cervelletto, il tronco e le strutture adiacenti. I tratti maggiormente interessati sono il tratto lombare (circa il 60% dei casi) e quello sacrale (22% circa); meno frequenti il coinvolgimento del tratto dorsale (10% circa) e quello del tratto cervicale (7% circa); alquanto raro l’interessamento della sede cranica.
In base ai dati messi a disposizione dal Ministero della Salute, l’incidenza della spina bifida nel nostro Paese è di 4-6 casi ogni 10.000 nati (vale a dire circa 360 nuovi casi all’anno); superiori le incidenze anche in Gran Bretagna (8 casi ogni 1.000 nati) e in Giappone (un caso ogni 1.000 nati).
La spina bifida, al di là delle forme più o meno gravi, è attualmente una patologia che non può essere guarita e che comporta numerosi problemi sia a coloro che ne soffrono sia a coloro che sono deputati alla loro custodia, anche se sono stati fatti numerosi passi avanti per il miglioramento della qualità della vita di coloro che sono stati colpiti da questa grave malattia.
Spina bifida: le forme principali
Esistono diverse modalità di classificazione della spina bifida, non tutte sempre sovrapponibili; una delle più utilizzate è quella che distingue le forme di spina bifida a seconda dell’interessamento midollare; in base a tale criterio esistono quindi due grandi tipologie di spina bifida:
- spina bifida con interessamento midollare
- spina bifida senza interessamento midollare.
Rientrano nella prima categoria le seguenti forme:
- mielomeningocele
- mielocistomeningocele
- spina bifida con tumore.
Rientrano invece nella seconda categoria le seguenti forme:
- meningocele
- spina bifida occulta
- schisi vertebrale.
La forma che viene riscontrata con più frequenza è il mielomeningocele (nota anche come spina bifida aperta); tale malformazione è visibile fin dai primi momenti della nascita; si presenta come una tumefazione di grandezza variabile di forma rotonda; generalmente è sporgente, ma in alcuni casi rimane sullo stesso piano della colonna vertebrale. Sostanzialmente, in caso di mielomeningocele, viene a mancare la protezione che le meningi e le vertebre assicurano alle strutture nervose che sono inoltre malformate e non correttamente funzionanti.
Il meningocele (anche ciste meningeo o spina bifida cistica) è la forma più rara della malformazione; in questo caso le vertebre si sviluppano in modo normale, ma le meningi restano incastonate nello spazio intravertebrale. Il sistema nervoso non risulta danneggiato ed è molto probabile che non si registreranno danni neuronali nel lungo termine. Le probabili cause di meningocele sono i teratomi, i tumori a livello coccige e spazio presacrale e la cosiddetta sindrome (o triade) di Currarino, una rara patologia malformativa.
La spina bifida occulta è la forma meno grave della patologia in questione; la definizione fa riferimento al fatto che non si ha la presenza di segni particolarmente evidenti; il tessuto cutaneo risulta integro, anche se possono apparire zone pelose o chiazze nella parte bassa della schiena. In moltissimi casi la spina bifida occulta rimane asintomatica per tutta la vita e talvolta la patologia viene scoperta durante un controllo radiografico effettuato per altri motivi. Quando è sintomatica, la spina bifida occulta può dar luogo a prurito o fastidio alla schiena, riduzione della sensibilità, piede cavo o dita a martello; ciò può verificarsi durante il periodo adolescenziale, quando la rapida crescita della colonna vertebrale esercita una trazione sulla parte di midollo colpito dalla malformazione.
Le cause della spina bifida
Le cause della spina bifida non sono note con chiarezza; attualmente si ipotizza che, come del resto accade in altri tipi di malformazione, alla base della patologia vi siano la combinazione di vari fattori (eziologia multifattoriale). Tali fattori sono di tipo genetico e di tipo ambientale.
Fattori genetici – Nel 5% delle famiglie in cui si trova un soggetto colpito da spina bifida vi è la presenza di un parente prossimo anch’esso affetto dalla patologia. Il rischio della ricorrenza è tanto più elevato quanto più è stretto il legame di parentela (più alto per i fratelli, più basso per i cugini di primo grado). Uno studio di alcuni anni fa (2009) pubblicato da Human Mutation (Novel Mutations in VANGL1 in Neural Tube Defects; Zoha Kibar, Ciprian M. Bosoi, Megan Kooistra, Sandra Salem, Richard H. Finnell, Patrizia De Marco, Elisa Merello, Alexander G. Bassuk, Valeria Capra, Philippe Gros) e al quale hanno collaborato anche ricercatori italiani del noto Istituto Gaslini di Genova, ha evidenziato che alcune mutazioni che colpiscono il gene VANGL1 (una proteina localizzata sulla membrana cellulare delle cellule embrionali deputate alla formazione del sistema nervoso) causano il suo cattivo funzionamento compromettendo conseguentemente la formazione del sistema nervoso centrale. Valeria Capra, uno dei ricercatori, ha spiegato che VANGL1 “è il primo gene che ha un ruolo importante nell’induzione delle malformazioni del tubo neurale e sarà importante studiarlo in altre famiglie affette, al fine di migliorare la consulenza genetica”.
È probabile che anche alcune anomalie cromosomiche possano predisporre all’insorgenza di spina bifida; fra le patologie più sospette vi sono la trisomia 13 (sono presenti tre copie del cromosoma 13 invece di due), la sindrome di Edwards (sono presenti 3 cromosomi 18 anziché 2) e la sindrome di Down.
Fattori ambientali – Tra i fattori di rischio di tipo ambientali ormai riconosciuti vi sono l’obesità materna, l’ipertermia e l’iperglicemia; si ritiene, per esempio, che il rischio di dare alla luce un bambino con spina bifida sia dalle 2 alle 10 volte superiore nelle donne che sono state colpite da diabete gestazionale.
Si è visto inoltre che il rischio di spina bifida è notevolmente più alto se la madre assume determinati farmaci anti-epilettici (per esempio acido valproico e fenilidantoina).
Altro fattore considerato a rischio è l’alcolismo.
Si è visto infine che molte donne in cui sono stati riscontrati bassi livelli plasmatici di acido folico (scarso introito alimentare o predisposizione genetica) hanno dato alla luce figli affetti da spina bifida. Questo è uno dei motivi che viene sempre raccomandata una supplementazione di acido folico nel periodo periconcezionale (vedasi il nostro articolo La dieta in gravidanza).
A questo proposito, vale la pena ricordare che alcuni autori ipotizzano che il frequente utilizzo da parte della madre di saune, bagni turchi, lettini abbronzanti ecc. possano predisporre il nascituro all’insorgenza della spina bifida; secondo tali autori è possibile che i raggi UVA (che hanno un notevole potere di penetrazione) e il calore siano in grado di distruggere i folati presenti nel sangue.
Complicazioni
Le complicazioni legate alla spina bifida sono numerose e generalmente di una certa gravità; un bambino colpito da spina bifida può infatti andare incontro a tutta una serie di problemi che ricordiamo brevemente: affezioni neurologiche (meningite e infezione cerebrale) allergia al lattice, deficit intellettivi, disturbi a livello degli apparati urinario e intestinale, disturbi motori, malformazione di Chiari (grave malformazione caratterizzata da una collocazione anormale di cervelletto e tronco encefalico) e idrocefalo (accumulo di liquor a livello dei ventricoli cerebrali).
Uno dei momenti più critici dei soggetti affetti da spina bifida è il periodo adolescenziale; è infatti in questo periodo che si verifica la stabilizzazione delle alterazioni scheletriche che sono state provocate dai difetti neurologici e sfortunatamente, in diversi casi, alcune conquiste dell’infanzia (il cammino) vengono perdute. Mediamente i soggetti colpiti da spina bifida ottengono i loro massimi risultati nel cammino verso i 9 anni di età, ma circa la metà di loro perde questa funzione nell’arco dei successivi dieci anni.
Come si diagnostica la spina bifida
Attualmente lo strumento diagnostico più sicuro per individuare precocemente la spina bifida è l’ecografia, questa dovrebbe essere eseguita preferibilmente fra la diciottesima e la ventesima settimana di gestazione; l’esame ecografico non è infatti particolarmente affidabile se viene eseguito prima della decima settimana. Si deve tenere inoltre conto che le forme di spina bifida occulta non sono sempre facilmente rilevabili.
Alcuni autori suggeriscono di affiancare all’ecografia un altro esame, l’amniocentesi; attraverso questo esame è possibile effettuare il dosaggio dell’alfafetoproteina, una sostanza che viene prodotta dal fegato del feto e che può comparire in dosaggi più elevati del normale in caso siano presenti anomalie fetali. Non sempre però, anche in caso di presenza di difetti del tubo neurale, si ha un aumento anomalo dei valori di alfafetoproteina.

Si è osservato che un’assunzione corretta di acido folico (0,5-0,8 mg al giorno, almeno 90 giorni prima della gravidanza) riduce significativamente (70% circa) il rischio di dare alla luce un bambino con la spina bifida.
Prevenzione e terapia della spina bifida
La prevenzione della spina bifida può essere di tipo primario, secondario e terziario.
Si parla di prevenzione primaria quando l’obiettivo principale è quello di far sì che la patologia non insorga; questo obiettivo può essere raggiunto in molti casi grazie all’assunzione di acido folico durante il periodo periconcezionale; è stato infatti osservato che un’assunzione corretta di questa vitamina (0,5-0,8 mg al giorno, almeno 90 giorni prima della gravidanza; tali dosaggi sono da portare a 4-5 mg giornalieri se esistono fattori di rischio riconosciuti per difetti del tubo neurale) riduce significativamente (70% circa) il rischio di dare alla luce un bambino con la spina bifida.
Con prevenzione secondaria ci si riferisce sostanzialmente alla diagnosi precoce; per i dettagli rimandiamo al paragrafo precedente.
Con prevenzione terziaria ci si riferisce agli interventi da mettere in atto per prevenire le complicazioni legate alla spina bifida; il termine prevenzione non si riferisce quindi alla patologia in sé stessa, ma ai problemi successivi che a essa sono legati.
Per quanto riguarda il trattamento della spina bifida, si deve dire che esso è sostanzialmente affidato alla chirurgia; quando è possibile, i neonati affetti da questa patologia vengono operati nei primi giorni di vita per limitare al massimo i danni a livello spinale e le pericolose infezioni. Sfortunatamente non è quasi mai possibile correggere totalmente il problema; il risultato dell’operazione chirurgica è strettamente legato alla gravità della malattia.
In caso di presenza di idrocefalo si dovrà procedere con un’operazione denominata shunting; un intervento che consente di deviare il flusso del liquor in altre zone dell’organismo impedendo pericolosi afflussi di liquidi al cervello.
Come abbiamo visto nel paragrafo dedicato alle complicazioni della patologia, alcune complicazioni della spina bifida riguardano l’apparato urinario; sono quindi necessari periodici controlli sia per effettuare una valutazione stato di conservazione e funzionamento di tale apparato sia per scongiurare il pericolo di infezioni. Tali controlli consistono generalmente in analisi del sangue, urinocoltura, esami urodinamici, ecografia e scintigrafia renali. Nel caso si verificassero problemi dovranno essere messi in atto interventi (medici e/o chirurgici) mirati a evitare una compromissione della funzionalità dei reni che aggraverebbe ancora di più il quadro generale.
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