La sindrome di Rokitansky, altrimenti detta sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser (MRKH) o agenesia mülleriana, è una rara condizione caratterizzata dall’agenesia, ovvero dalla mancata formazione, parziale o totale, di vagina e utero.
Si distinguono due tipologie della sindrome di Rokitansky:
- tipo 1 (l’agenesia è isolata)
- tipo 2 (l’agenesia è associata ad altre disfunzioni a livello vertebrale, renale o cardiaco).
Le ovaie e i genitali esterni sono presenti e, conseguentemente, lo sono anche i caratteri sessuali secondari; ciò fa sì che la sindrome di Rokitansky venga generalmente diagnosticata durante l’età adolescenziale (quindi, tipicamente, verso i 14-15 anni), quando si indaga per la mancata comparsa del flusso mestruale.
La certezza della diagnosi richiede l’esclusione della presenza di altre sindromi cromosomiche e l’esecuzione di una risonanza magnetica nucleare che dimostri la mancata formazione, parziale o totale, di utero e vagina.
Come detto, la sindrome di Rokitansky è una malattia di raro riscontro; non si hanno dati molto precisi al riguardo, ma la maggior parte degli autori ritiene che la malattia colpisca una neonata su ogni 4.500-5.000 nate.
La patologia deve il suo nome al medico cecoslovacco Karl von Rokitansky (1804-1878).
Cosa comporta la sindrome di Rokitansky
L’agenesia della vagina comporta l’impossibilità avere rapporti sessuali completi, mentre l’assenza dell’utero comporta l’impossibilità di dare alla luce un figlio. È ovviamente presente anche amenorrea (assenza di flusso mestruale).

Nella sindrome di Rokitansky, circa il 40% delle donne presenta anche anomalie a carico di altri organi: il 40% ha malformazioni renali, il 10% a carico dell’apparato uditivo e il 10-12% di quello scheletrico
Non va ovviamente sottovalutato l’impatto psicologico della sindrome; il fatto che la ragazza non abbia le mestruazioni, come accade alle coetanee, è di norma causa di notevole sofferenza; lo stesso dicasi per quanto riguarda l’impossibilità di avere rapporti sessuali.
Non è poi di aiuto il fatto che la condizione sia piuttosto rara e non del tutto conosciuta anche dagli specialisti ginecologi. In Italia, per esempio, sono presenti soltanto due centri specializzati (uno è il Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano e l’altro è il Policlinico Umberto I di Roma).
Esiste un’esenzione relativa alla malattia (codice 051, relativo ai bambini nati “con gravi deficit fisici”), ma non è affatto semplice ottenerla; in primis perché molti medici non sono a conoscenza della patologia e non fanno alcuna richiesta e, in secondo luogo, per l’iter burocratico per il riconoscimento è lungo e complesso.
Sindrome di Rokitansky – Cause
Al momento attuale non sono note le cause della sindrome di Rokitansky; è noto che, nel corso della vita fetale, lo sviluppo del canale della vagina ha inizio, ma si ferma prima di essere giunto al termine; la letteratura medica ha descritto casi familiari e, conseguentemente, si ipotizza un’origine genetica; ma, al momento, non sono stati individuati i geni che sarebbero implicati nello sviluppo della malattia.
Le ipotesi fatte sono diverse, ma di certo, al momento attuale, non c’è niente di veramente certo.
Sindrome di Rokitansky – Cura
L’unica possibilità di cura, al momento attuale, è la ricostruzione del canale della vagina; ciò permetterà una vita sessuale perfettamente normale.
A seconda della gravità della situazione, la ricostruzione del canale vaginale può essere effettuata o chirurgicamente o non chirurgicamente; se, per esempio, la vagina è presente parzialmente (occorre un abbozzo di almeno 1,5 cm) si può ricorrere a tutori appositi che, con il passare del tempo, ne consentiranno l’allungamento.
Se, invece, si ha totale assenza di vagina, è necessario ricostruirla del tutto; il problema principale non è tanto però la ricostruzione del canale in sé (esistono varie tecniche chirurgiche con le quali si può ovviare a questo problema), quanto quella del suo rivestimento; infatti, la mucosa della vagina, in condizioni normali, è dotata di alcune particolari caratteristiche che non è semplice riprodurre per via chirurgica (si pensi, nello specifico, alla sua elasticità e alla sua lubrificazione); i rivestimenti generati con lembi di cute, peritoneo o intestino hanno purtroppo alcuni limiti che non è affatto facile aggirare.
La tecnica che, al momento attuale, sembra essere la più promettente è quella che prevede di utilizzare una mucosa vaginale sviluppata in vitro ricorrendo a cellule staminali prelevate dalla vagina della paziente.
La ricostruzione della vagina risolve il problema dell’impossibilità di avere rapporti sessuali completi, ma, ovviamente, non quello dell’infertilità.
In questo senso, l’unica possibilità sembra essere l’adozione; tecnicamente si può ricorrere alla maternità surrogata che però, al momento attuale, nel nostro Paese non è consentita.
Il trapianto di utero non è ancora un’opzione percorribile per ottenere una maternità, ma vi sono studi promettenti in corso (in Svezia).
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