La sindrome di Down, nota anche come trisomia 21 e, in passato, come mongolismo o mongoloidismo, è una patologia che colpisce un bambino ogni 700-800 nati circa ed è la più comune anomalia cromosomica riscontrabile negli esseri umani.
La denominazione più nota prende il nome dal medico inglese John Langdon Down, che la descrisse per primo nel 1866. Egli, non avendo a disposizione alcuna tecnica di ricerca genetica, diede alla sindrome il nome di “mongolismo”, poiché l’aspetto dei soggetti gli ricordava gli abitanti di quella zona. Oggi questa parola non è più un’indicazione legittima per la sindrome, che è presente ovunque, in tutte le nazioni del mondo, presso tutte le razze umane, ma anche in alcuni mammiferi.
Si tratta di una malattia genetica (ma nel 98-99% dei casi la sindrome non è ereditaria) in cui il soggetto presenta un corredo cromosomico costituito da 47 cromosomi, con la presenza di tre copie del cromosoma 21 invece di due; questo corredo cromosomico comporta dei ritardi di grado variabile dello sviluppo mentale e dello sviluppo fisico della persona (diminuita efficienza fisica, malformazioni cardiache ecc.); la maggiore frequenza di malformazioni nei piccoli malati richiede un’attenzione particolare al loro stato di salute (specialmente per l’apparato cardiocircolatorio, oculistico e gastroenterico).
Inoltre, gli individui affetti da sindrome di Down sono maggiormente soggetti, nel corso del tempo, anche ad altre patologie, come la malattia di Alzheimer, l’ipotiroidismo, la leucemia, la celiachia ecc.
Sindrome di Down – Il cromosoma 21
Le cause della sindrome di Down sono da ricercarsi in alcune anomalie cromosomiche:
- trisomia 21 libera completa
- trisomia 21 da traslocazione
- trisomia 21 libera in mosaicismo (spesso nota semplicemente come mosaicismo).
La trisomia 21 libera completa è l’anomalia più comune (rappresenta circa il 92-94% dei casi), seguita dalla trisomia 21 da traslocazione (circa il 4-5% dei casi) e dal mosaicismo (2-3% circa dei casi).
Nella sindrome di Down del primo tipo (trisomia 21 libera completa) il cromosoma 21 è presente tre volte invece di due; nella trisomia 21 da traslocazione il cromosoma 21 in sovrannumero è collegato a un altro cromosoma invece che alla coppia 21 (si parla appunto di traslocazione), mentre nel mosaicismo, la forma più rara, una parte delle cellule contiene un normale corredo cromosomico (46 cromosomi), mentre nelle altre è presente un corredo cromosomico con 47 cromosomi (un cromosoma 21 in più).
Al di là delle differenze fra le tre anomalie, l’effetto finale è comunque il medesimo in quanto nelle cellule dei vari organi il cromosoma 21 è presente in triplice copia.
La sindrome di Down è una condizione patologica genetica, ma soltanto in una piccola percentuale (1% circa di tutti i casi di trisomia 21) è presente una componente ereditaria (ciò si constata soprattutto – circa il 33% dei casi – nella sindrome di Down da traslocazione).
Le cause della sindrome di Down
Quali sono le cause della sindrome di Down? Attualmente si ritiene che non vi siano fattori esterni che influiscano sull’instaurarsi della malattia; si è invece constatata una relazione fra età dei genitori e frequenza della patologia. Le madri oltre i 35 anni e i padri oltre i 50 hanno una maggiore possibilità di mettere al mondo figli malati; il problema sembra però essere maggiormente legato all’avanzata età della madre piuttosto che a quella del padre (nella grande maggioranza dei casi è la madre che ha nella cellula uovo due cromosomi 21 anziché uno; tutto ciò avviene a causa della mancata disgiunzione del cromosoma 21 nel corso della meiosi; ciò può avvenire in modo sporadico e non esiste attualmente la possibilità di fare alcuna previsione; può quindi capitare che la madre di un bambino affetto da trisomia 21, concepisca in seguito un bambino perfettamente sano, anche se è possibile che segua un’altra gravidanza Down).
Al momento, comunque non si è ancora individuata una causa per questa situazione; ciò che è noto è che le possibilità di concepire un bambino affetto da sindrome di Down aumentano con l’aumentare dell’età materna; a 20 anni, il rischio è quantificato in 1 su 1.527 nati; a 35 anni il rischio passa a 1 su 356 nati; a 40 si passa a 1 su 97 nati, mentre a 45 anni il rischio è di 1 a 23.
Al momento attuale la prevalenza della sindrome di Down è stimata intorno a 1 caso ogni 750 bambini nati vivi; va detto che l’incidenza risulterebbe maggiore, ma in moltissimi casi di concepimenti con trisomia 21, le gravidanze vanno incontro a interruzione spontanea nei primi 90 giorni.
Sintomi e segni
I sintomi e segni della sindrome di Down sono molteplici; alcuni di essi si manifestano con maggiore frequenza rispetto ad altri.
Il ritardo mentale e la bassa statura sono praticamente presenti nella totalità dei casi; altri segni molto frequenti sono la lassità legamentosa, la separazione dei muscoli addominali, l’ipotonia e le impronte digitali atipiche.
In molti casi sono presenti brachicefalia, genitali piccoli, palpebre molto grandi, estremità più corte e palato ovale.
Si registrano con frequenza anche la presenza di denti piccoli, naso appiattito, clinodattilia, collo corto, mani corte, macroglossia, malattie cardiache congenite, strabismo, ernia ombelicale ecc.
Sindrome di down e gravidanza
La sindrome di Down può essere diagnosticata durante la gravidanza, prima della nascita del bambino. Negli Stati Uniti, l’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) raccomanda alle donne in stato interessante, a prescindere dalla loro età, l’effettuazione di un esame di screening per la sindrome di Down.
In passato, lo screening era affidato solo alla correlazione con l’età della madre poiché fra i 20 e i 30 anni l’aumento del rischio è basso, mentre si innalza dopo i 35 anni, questo a prescindere dalla razza.
Successivamente si è passati al triplo test, cioè al dosaggio di tre marker nel sangue fra la quindicesima e la ventesima settimana:
Con il triplo test si ha dal 50 all’80% di identificazioni dei casi di sindrome di Down, mentre i falsi positivi sono circa il 5%. Aggiungendo anche l’esame dell’inibina A (quad test) le percentuali migliorano leggermente.
Il rischio è giudicato alto quando i livelli di inibina A e di gonadotropina sono alti mentre quelli di estriolo e di alfafetoproteina sono bassi.
Più precocemente (dalla undicesima alla tredicesima settimana) si possono eseguire altri esami: proteina plasmatica associata alla gravidanza (PAPP-A), frazione libera della subunità β della hCG, translucenza nucale.
Questi esami sono a rischio nullo per il feto, ma non danno certezze; prima del triplo test erano in auge praticamente solo esami invasivi, ancora oggi utilizzati per avere garanzie maggiori o nel caso in cui gli esami del sangue ed ecografici abbiano mostrato un rischio elevato. Gli esami invasivi sono l’amniocentesi, il prelievo dei villi coriali (villocentesi) il prelievo di un campione di sangue ombelicale (questo esame presenta un rischio di aborto maggiore). Nonostante il rischio di aborto sia attorno all’1%, amniocentesi ed esame dei villi coriali danno un’accuratezza diagnostica del 99% circa.

La sindrome di Down, nota anche come trisomia 21, è una patologia che colpisce un bambino ogni 700-800 nati circa ed è la più comune anomalia cromosomica riscontrabile negli esseri umani.
Ecografia morfologica e sindrome di Down
L’ecografia morfologica viene effettuata attorno alla ventesima settimana gestazionale per cui non è un metodo di screening elettivo per valutare l’aumento del rischio per anomalie cromosomiche o genetiche. Associando tutte le informazioni ottenute si arriva a identificare solo circa il 30% di casi di sindrome di Down.
Sindrome di Down – Aspettative di vita
I pazienti affetti da sindrome di Down hanno attualmente aspettative di vita più basse delle persone sane.
Uno studio di alcuni anni fa (gruppo USA-Svezia-Danimarca, guidato da A. Hill, fonte: Archives of Internal Medicine) ha descritto molto dettagliatamente i rischi associati alla sindrome.
Il campione di partenza era composto da 5.000 bambini (diagnosi 1965-1989). Questi gli indici di rischio (riferiti a quelli della popolazione in generale) che spiegano la maggiore mortalità associata alla sindrome di Down:
- cardiopatie non ischemiche: 16 volte
- anomalie congenite varie: 25 volte
- cancro al fegato: 6 volte
- cancro al testicolo: 4 volte
- cancro allo stomaco: 6 volte
- demenza e morbo di Alzheimer: 54 volte
- epilessia: 30 volte
- ictus cerebrale: 6 volte
- infezioni: 12 volte
- ischemie cardiache: 4 volte l
- leucemia linfatica: 24 volte.
- leucemia acuta non linfocitica: 28 volte.
Va però ricordato che, grazie ai notevoli progressi della medicina, la vita media delle persone affette dalla sindrome di Down è decisamente aumentata; per quanto riguarda l’Unione Europea attualmente ci si attesta sui 62 anni circa (negli USA l’aspettativa di vita è ferma ai 58 anni); l’80% circa dei malati raggiunge i 55 anni e circa il 10% arriva ai 70 anni circa; si consideri che negli anni ’40 del secolo scorso la vita media non superava i 12 anni, mentre negli anni ’80 si era ancora fermi ai 33 anni.
Nel 1950 i soggetti affetti da sindrome di Down erano circa 50.000; nel 2010 si è passati a 206.000; fino al 2008 era considerata una condizione patologica relativamente rara, ma oggi, essendo molto aumentate le aspettative di vita, sono molti di più i soggetti in vita affetti dalla malattia.
Il notevole progresso sulle aspettative di vita dei soggetti affetti da sindrome di Down è dovuto soprattutto ai grandi passi avanti fatti in ambito cardiochirurgico e in quello del trattamento delle patologie respiratorie.
Sindrome di Down – Esiste una cura?
Non esiste al momento una cura specifica per la sindrome di Down, tuttavia le terapie riabilitative (interventi per il potenziamento delle capacità motorie, comunicative e linguistiche e cognitive) hanno consentito, negli ultimi anni, di garantire un notevole aumento dell’aspettativa e della qualità di vita dei malati.
Indice materie – Medicina – Sintomi – Sindrome di Down