La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS, Antiphospholipid Antibody Syndrome) è una seria condizione patologica, a carattere autoimmune che si caratterizza per la comparsa di trombosi arteriose e/o venose e aborti spontanei ricorrenti in soggetti con positività agli anticorpi antifosfolipidi (aPL, vedasi articolo specifico per i dettagli su questa tipologia di anticorpi e sui test per rilevarli).
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi può manifestarsi in forma primitiva (non c’è in questo caso un’associazione evidente con un’altra patologia autoimmune oppure in forma secondaria (colpisce cioè coloro che sono affetti da altre malattie autoimmuni; nel 30-50% dei casi per esempio, viene diagnosticata in associazione al lupus eritematoso sistemico (LES); decisamente inferiore il riscontro nel caso di altre patologie quali artrite reumatoide, sclerosi sistemica, morbo di Crohn, malattia di Behçet ecc. In alcuni casi è insorta in seguito all’assunzione di determinati farmaci.
Per amor di precisione va segnalata l’esistenza di una forma molto rara, detta catastrofica che rappresenta meno di un 3% dei casi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi; si manifesta con maggiore frequenza nelle donne di età compresa fra i 30 e 40 anni e può determinare un tromboembolismo venoso massivo associato a insufficienza respiratoria; è una forma molto aggressiva e, purtroppo, ha spesso esiti fatali.
Sostanzialmente, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi è una malattia dovuta a un malfunzionamento del sistema immunitario che attacca alcune componenti del proprio organismo, in particolare, alcune proteine legate ai fosfolipidi.
Per capire meglio quello che la sindrome da anticorpi antifosfolipidi determina è necessaria una breve premessa; in condizioni normali, il sangue deve avere una determinata fluidità, ma, in determinati casi, è fondamentale anche la sua capacità di coagulare all’occorrenza (nel caso di ferite, ulcerazioni ecc.).
Quando il sangue è troppo fluido (il classico caso è rappresentato dall’emofilia) è concreto il rischio di emorragie, quando è troppo denso, è invece concreto il rischio di coaguli all’interno di vene e arterie con tutte le conseguenze negative che ciò può comportare; è quindi necessario che sia rispettato il delicato equilibrio fra fluidità e coagulabilità; la presenza di anticorpi antifosfolipidi mina questo equilibrio spostando l’ago della bilancia verso una più facile coagulabilità del sangue; in queste condizioni aumenta notevolmente il rischio di sviluppare eventi trombotici.
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi interessa per lo più i soggetti che si trovano nella fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni circa; la malattia colpisce più frequentemente il sesso femminile (rapporto 3:1).
Per quanto non si abbiano dati precisi sull’incidenza della malattia sulla popolazione generale, è ormai assodato che essa si riscontra in circa un terzo delle persone affetti da patologie autoimmunitarie (in primis il lupus eritematoso sistemico) e che circa il 20% delle donne in cui si sono avuti aborti spontanei ricorrenti e circa il 50% dei soggetti under 50 colpiti da ictus cerebrale risultano positivi al test degli anticorpi antifosfolipidi.
Cause
Le cause della sindrome da anticorpi antifosfolipidi non sono del tutto chiare, Alcuni studi hanno evidenziato l’esistenza di una predisposizione genetica alla malattia, sia per quanto riguarda la forma primitiva, sia per quanto concerne la forma secondaria.
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi – Sintomi
Sono molti, e piuttosto complessi, i sintomi e segni legati alla sindrome da anticorpi antifosfolipidi e spesso occorre molto tempo prima che si arrivi a diagnosticare la malattia.
I sintomi più caratterizzanti sono le ripetute trombosi venose (in particolare a carico delle vene degli arti inferiori) e/o arteriose, le complicanze in gravidanza, la piastrinopenia (riduzione del numero di piastrine circolanti) e il riscontro di anticorpi antifosfolipidi circolanti.
Gli eventi trombotici possono colpire i vasi sanguigni di reni, fegato, polmoni, cervello, causando in quest’ultimo caso TIA (attacchi ischemici transitori) o ictus cerebrale.
Le problematiche in gravidanza
Questo è un capitolo piuttosto importante; in effetti l’elevato rischio di andare incontro a ripetuti aborti spontanei e l’elevata frequenza di gravidanze a rischio sono fra i problemi più scottanti che riguardano questa particolare sindrome.
In una percentuale molto elevata (circa il 70%) delle donne in gravidanza che risultano positive agli anticorpi antifosfolipidi si registrano complicazioni di vario tipo (aborti ripetuti, ritardo di crescita del feto, morte intrauterina.
La presenza di anticorpi antifosfolipidi in circolo causa, come detto, la tendenza a una maggiore coagulazione del sangue e si ritiene che le trombosi a livello della placenta siano responsabili di un alterato apporto di sangue al feto (con conseguente morte intrauterina); anche l’aumento dell’abortività spontanea è conseguente alla presenza delle aPL, che danneggerebbero le cellule della placenta causando difficoltà nell’annidamento dell’embrione.
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi – Diagnosi
Secondo quanto stabilito da un gruppo internazionale di esperti, la diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi richiede la presenza di almeno due criteri, uno clinico e uno laboratoristico (criteri di Sapporo):
Criteri clinici:
- trombosi vascolari (uno o più episodi di trombosi arteriosa, venosa o del microcircolo)
- patologia ostetrica (una o più morti, da causa sconosciuta, di feti morfologicamente normali alla od oltre la decima settimana di gravidanza oppure una o più nascite premature di neonati morfologicamente normali alla o prima della trentaquattresima settimana di gravidanza a causa di pre-eclampsia, eclampsia o insufficienza placentare oppure tre o più aborti spontanei consecutivi da causa sconosciuta prima della decima settimana di gravidanza, con esclusione di problematiche anatomiche od ormonali materne o cromosomiche paterne o materne).
Criteri di laboratorio:
- riscontro di lupus anticoagulant (LAC), e/o anticardiolipina (aCL), e/o anti–β2 glicoproteina–I (anti-β2GPI) in almeno due occasioni a distanza di 12 settimane.

La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS, Antiphospholipid Antibody Syndrome) è una seria condizione patologica, a carattere autoimmune.
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi – Terapia
La terapia della sindrome da anticorpi antifosfolipidi è essenzialmente basata su farmaci anticoagulanti (per esempio, il warfarin o l’acenocumarolo) e di antiaggreganti (acido acetilsalicilico o clopidogrel). Nella fase acuta vengono generalmente prescritte eparine a vario peso molecolare.
L’assunzione di farmaci anticoagulanti si pone come scopo quello di mantenere l’INR in un intervallo compreso fra 2,5 e 3,5.
Nei soggetti in cui si è verificata una trombosi arteriosa è necessaria anche la terapia antiaggregante (o mantenere l’anticoagulante con INR>3).
Dal momento che il warfarin è controindicato in gravidanza, una donna con positività agli anticorpi antifosfolipidi deve essere trattata con principi attivi alternativi che non danneggino il feto.
Fondamentale è uno stile di vita sano, allo scopo di abbassare il rischio di trombosi: perdita di peso in caso di sovrappeso, attività fisica costante e astensione dal fumo e riduzione dell’assunzione di alcolici. I contraccettivi orali sono controindicati; lo stesso dicasi per gli steroidi ad alte dosi.
Nel caso di sindrome da anticorpi antifosfolipidi catastrofica si ricorre alla plasmaferesi e alla somministrazione di immunosoppressori e immunoglobuline.
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