La sifilide (anche lue, mal francese o morbo gallico) è una grave patologia infettiva a prevalente trasmissione sessuale causata dal batterio Treponema pallidum subspecie pallidum; è ormai nota da moltissimo tempo per quanto non tutti gli autori concordino sulle sue origini (per lungo tempo molti hanno sostenuto che si fosse diffusa dalle Americhe in Europa per il tramite dei marinai di Cristoforo Colombo).
Se le sue origini sono incerte, quel che è certo è che il batterio responsabile di questa grave malattia, il Treponema pallidum, è stato identificato per la prima volta nel 1905 da Fritz Schaudin e Erich Hoffmann; dovettero però passare ancora alcuni anni prima che venisse sviluppata una cura di una certa efficacia (fino a quel momento la malattia veniva trattata con il mercurio e con l’isolamento del soggetto infetto).
Fu un chimico e immunologo giapponese, Sahachiro Hata, che nel 1908 scoprì, nel laboratorio di Paul Ehrlich (un microbiologo tedesco ritenuto il fondatore della chemioterapia) l’azione della arsfenamina (cloridrato di diossi-diamminoarsenobenzolo) contro la sifilide.
Due anni più tardi, il composto fu commercializzato come “salvarsan”, ma per quanto dotato di una certa efficacia, tale farmaco era altamente tossico e portava con sé il rischio di pesantissimi effetti collaterali. Nel 1912, il salvarsan fu soppiantato dal neosalvarsan, un chemioterapico a base di arsenico e carbonio; anche questo farmaco però, per quanto caratterizzato da una minor tossicità rispetto al salvarsan, non era esente da seri effetti collaterali. Questi farmaci furono poi sostituiti dalla penicillina negli anni ’40 del secolo scroso.
Diffusione della sifilide
La sifilide è una patologia molto diffusa a livello mondiale; in base ai dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, questa grave malattia infettiva interessa circa 12 milioni di persone; fra le zone maggiormente interessate vi sono l’Africa, l’Asia e l’America latina. Si ritiene che, nelle donne in gravidanza non trattate, la forma primaria sia responsabile di circa il 25% delle morti in utero e di circa il 14% delle morti neonatali.
Nei Paesi europei occidentali, sempre in base ai dati OMS, la prevalenza della malattia risulta in declino dal secondo conflitto mondiale e, attualmente, il tasso di incidenza è di circa 5 casi ogni 100.000 abitanti; più pesante la situazione nei Paesi dell’Europa orientale dove si registra un notevole aumento dei casi che preoccupa non solo i sistemi sanitari nazionali di quei Paesi, ma anche quelli dei Paesi occidentali in quanto i flussi migratori legati ai i giri di droga e di prostituzione rischiano di far aumentare il tasso di incidenza della malattia anche nelle nazioni della zona occidentale. L’Italia è, attualmente, considerata una zona a bassa endemia.
La fascia di età più interessata dalla malattia è quella tra i 25 e i 29 anni; entrambi i sessi risultano colpiti, ma sono i soggetti maschi a essere maggiormente interessati dal problema.
Trasmissione della sifilide
La patologia si trasmette, in modo diretto, da soggetto a soggetto attraverso ferite od ulcerazioni che possono formarsi nelle zone genitali, rettali o della bocca prevalentemente in seguito a contatti di natura sessuale. La patologia non può invece essere trasmessa indirettamente tramite il contatto con oggetti utilizzati dalla persona affetta dalla malattia.
Le donne in gravidanza affette dalla malattia possono trasmettere l’infezione al feto.
Sifilide – Stadi della malattia, segni e sintomi
Esistono vari modi di classificare la sifilide. La prima grande suddivisione è quella che distingue la sifilide acquisita da quella congenita. Sia la forma acquisita che quella congenita vengono distinte in precoce e tardiva.
La sifilide acquisita precoce viene così suddivisa:
- primaria
- secondaria
- latente.
La sifilide acquisita tardiva viene invece così distinta:
- latente
- terziaria
- cardiovascolare
- neurosifilide.
Sifilide primaria – In questa fase compare sui genitali (sul prepuzio negli uomini o sulle grandi labbra nelle donne) un nodulo duro e indolore (sifiloma), localizzato sul rivestimento cutaneo o mucoso, in corrispondenza del punto d’ingresso del treponema. Tale lacerazione va presto incontro a ulcerazione e si ha anche un’adenopatia a carico dei linfonodi della regione. L’inequivocabilità dei segni e dei sintomi di questa prima fase permette di intervenire terapeuticamente, prima che inizi il periodo secondario.
Sifilide secondaria – Dopo la guarigione del sifiloma, si può avere la comparsa di eruzioni cutanee diffuse che generalmente sono associate alla comparsa di febbre; i linfonodi regionali risultano ingrossati. A livello delle mucose e sulla cute degli arti superiori e del tronco si apprezza la comparsa di macchie rosse che hanno la tendenza a estendersi su tutta la superficie del corpo. Queste macchie permangono per circa due mesi. Altre manifestazioni che possono verificarsi nella fase di sifilide secondaria (detta anche sifilide disseminata), sono alopecia e diradamento delle sopracciglia, malessere generale, cefalea, perdita dell’appetito, febbre ecc.
Dal momento del contagio a quello in cui termina la fase secondaria della malattia si parla di sifilide recente. Questo periodo è estremamente variabile e può avere una durata che va dai due-tre mesi fino a due anni circa. Terminata la fase secondaria, si possono avere evoluzioni diverse fra loro. In circa un terzo dei casi si verifica la guarigione spontanea, in un altro terzo dei casi si passa a una fase detta di latenza, mentre nel rimanente terzo il quadro clinico si aggrava (sifilide terziaria).
Sifilide latente – Lo stadio latente della malattia può risolversi in modo spontaneo nel giro di pochi anni oppure perdurare vita natural durante. Questa è una fase asintomatica in cui la malattia può essere diagnosticata soltanto tramite la positività sierica al batterio responsabile (vedasi, più avanti, il paragrafo Diagnosticare la sifilide).
Sifilide terziaria – Il periodo di transizione da sifilide precoce a tardiva può avere, come facilmente desumibile da quanto sopra riportato, una durata particolarmente lunga (20 anni o più), anche se, in alcuni casi, può essere decisamente più breve; ciò dipende sostanzialmente dalla risposta del sistema immunitario, risposta che varia da individuo a individuo. È intanto opportuno precisare che i soggetti affetti dalla forma terziaria non sono contagiosi.
Clinicamente la sifilide terziaria può essere distinta in sifilide terziaria benigna (anche sifilide gommosa), sifilide cardiovascolare e neurosifilide.
La forma terziaria benigna è caratterizzata dalla presenza di tipiche lesioni granulomatose croniche di dimensioni ridotte (granulomi gommosi).
La forma cardiovascolare è caratterizzata da varie complicanze, la più comune è la cosiddetta aortite sifilitica, un quadro patologico che può condurre alla formazione di aneurismi aortici.
La neurosifilide è invece un processo infettivo che, come facilmente intuibile dalla terminologia, interessa il sistema nervoso centrale.
Sifilide congenita
Dal momento che il batterio responsabile della malattia è in grado di passare la placenta e infettare il feto, si parla anche di sifilide congenita, che si osserva nel neonato, figlio di una madre affetta dalla patologia, ed è piuttosto simile alla sifilide secondaria. Può avere manifestazioni precoci e tardive. Tra quelle precoci, già presenti al momento della nascita o nei primi mesi di vita, vi sono le manifestazioni cutanee, cartilaginee, viscerali e una caratteristica infiammazione della mucosa nasale. Tra le alterazioni tardive invece vi sono lesioni nervose, gravissime alterazioni sensoriali e malformazioni ossee. Se la malattia è contratta in gravidanza, può portare all’aborto e alla morte del feto.
Diagnosi di sifilide
La sifilide non è una patologia particolarmente semplice da diagnosticare clinicamente. Per confermarne la presenza si possono utilizzare degli esami del sangue oppure l’osservazione diretta tramite microscopio. Generalmente si opta per la prima soluzione.
Gli esami del sangue che possono venire eseguiti nel caso si sospetti la presenza della malattia sono di due tipi: test non treponemici e test treponemici (test Treponema-specifici).
I test non treponemici sono il VDRL (Venereal Disease Research Laboratory) e l’RPR (Rapid Plasma Reagin). I test treponemici sono l’FTA-ABS (Fluorescent Treponemal Antibody Absorbed), il TP-PA (Treponema pallidum Particle Agglutination) e il TPHA.
I test non specifici per il Treponema sono largamente utilizzati in quanto poco costosi e facilmente eseguibili, sfortunatamente non sono esenti da falsi positivi e in caso di positività è necessario ricorrere ai test Treponema-specifici per confermare la presenza della malattia.
La falsa positività ai test non treponemici viene osservata in alcuni casi in quei soggetti affetti da patologie infettive quali la tubercolosi, la malaria, la lebbra ecc.), ma anche in soggetti affetti da collagenopatie oppure in donne in stato interessante o in persone tossicodipendenti.
I test specifici sono più costosi e la loro esecuzione è sicuramente più complessa. Negli ultimi anni sono divenuti disponibili alcuni test specifici di tipo ELISA che sono destinati a impieghi su vasta scala.
Un test per la diagnosi della malattia, molto noto, ma ormai caduto in disuso, è la reazione di Wasserman (dal nome del batteriologo tedesco che lo ideò, August Paul von Wassermann).
Trattamento della sifilide
Le infezioni precoci vengono generalmente trattate con una singola dose di benzilpenicillina (anche penicillina G) iniettata per via intramuscolare; un trattamento alternativo è rappresentato dall’assunzione orale di una dose di azitromicina. Altri farmaci utilizzabili sono la doxiciclina, la tetraciclina, il ceftriaxone ecc.
Le infezioni tardive vengono solitamente trattate con dosi di penicillina per via endovenosa da somministrarsi per diversi giorni. Nel caso di soggetti allergici a questo principio attivo si può ricorrere ai già citati doxiciclina, tetraciclina e ceftriaxone.
La terapia non permette, sfortunatamente, di rimediare eventuali danni già verificatisi a carico dei vari organi. Per questo motivo è importante la prevenzione, evitando rapporti con partner infetti e utilizzando sempre il profilattico. Nel caso di infezione è necessario un tempestivo intervento per la profilassi antibiotica.
Una nota importante: una pregressa infezione non conferisce l’immunità permanente ai soggetti che sono guariti dalla malattia; questi ultimi sono pertanto esposti a un possibile nuovo contagio. Non devono quindi venir meno le citate strategie di prevenzione sopra suggerite.
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