La sferocitosi ereditaria è una forma cronica di anemia emolitica; è la più frequente patologia di membrana dei globuli rossi (eritrociti); il termine sferocitosi fa riferimento al fatto che i globuli rossi non hanno la loro caratteristica forma a disco biconcavo, ma sono invece sferici (sferociti).
La sferocitosi viene ereditata come carattere autosomico dominante nel 75% circa dei casi; il restante 25% circa dei casi viene spiegato con mutazioni de novo o, molto raramente, recessive.
La sferocitosi rende difficoltoso il passaggio degli eritrociti attraverso la milza perché la loro superficie ridotta li rende piuttosto rigidi, poco flessibili e più fragili; ciò ne provoca una precoce distruzione (emolisi) all’interno della milza.
In un soggetto sano, i globuli rossi hanno una vita media di circa 120 giorni, mentre nel caso di sferocitosi, si ha una sopravvivenza di circa 10-30 giorni al massimo.
La sferocitosi ereditaria è nota anche come ittero emolitico di Minkowski e Chauffard (Anatole-Marie-Émile Chauffard, un medico francese, fu il primo a descrivere la malattia). Nel 65% dei casi circa, la malattia viene diagnosticata durante il periodo neonatale.
Cause
La sferocitosi ereditaria è dovuta alla mancanza o all’alterato funzionamento di alcune proteine di membrana (α- e β-spectrina, anchirina, banda 3) causati da mutazioni genetiche; tali problematiche impediscono alla membrana di conferire ai globuli rossi la loro tipica morfologia a disco biconcavo; ciò determina anche la loro perdita di deformabilità e flessibilità, una ridotta sopravvivenza con prematura rimozione dal circolo sanguigno.
La malattia viene ereditata generalmente come carattere autosomico dominante, solo raramente recessivo.
Sferocitosi ereditaria – Sintomi
In buona parte dei casi i sintomi e i segni della sferocitosi ereditaria sono piuttosto modesti e l’anemia può essere compensata molto bene, tant’è che spesso non viene riconosciuta fino al momento in cui non insorge una malattia virale che riduce temporaneamente la produzione dei globuli rossi simulando una crisi aplastica (breve arresto dell’eritropoiesi).
Queste problematiche, però, sono molto spesso autolimitanti e finiscono per risolversi una volta che l’infezione è cessata; nei casi più gravi si possono manifestare ittero (di solito di lieve entità; spesso è questa la prima manifestazione della malattia nei neonati) e i segni e i sintomi classici dell’anemia (pallore cutaneo, calo della pressione, debolezza, tachicardia, dispnea da sforzo ecc.)
Quasi sempre si ha il riscontro di splenomegalia (ingrossamento della milza), ma solo in casi rari essa determina dolori a livello addominale; è possibile, anche se non con particolare frequenza, il riscontro di epatomegalia (ingrossamento del fegato).
Con più frequenza, invece, si rileva la frequenza di calcoli biliari (colelitiasi) che in alcuni casi rappresenta addirittura il sintomo di esordio della sferocitosi ereditaria.
Occasionale la presenza di anomalie scheletriche congenite fra cui turricefalia (abnorme allungamento del diametro verticale e da accorciamento del diametro trasversale del cranio) e polidattilia (eccesso di dita rispetto alla naturale conformazione).
Clinicamente si possono distinguere quattro forme di sferocitosi:
- lieve (emoglobina nella norma e reticolociti <6%)
- moderata (emoglobina > 8 g/dl e reticolociti >6%)
- moderatamente grave (emoglobina 6-8 g/dl e reticolociti >10%)
- grave (emoglobina <6 g/dl e reticolociti > 10%, trasfusione-dipendente)
I sintomi sono di solito più gravi nel primo anno di vita e hanno la tendenza a migliorare una volta arrivati all’età adolescenziale, anche se non mancano comunque i casi in cui le manifestazioni cliniche insorgono proprio dopo l’adolescenza.
Sferocitosi – Diagnosi
La sferocitosi deve essere sospettata in quei soggetti in cui si riscontra emolisi inspiegabile, in particolar modo se sono presenti ingrossamento della milza (splenomegalia) e anamnesi familiare positiva per i medesimi sintomi.
La diagnosi richiede l’effettuazione di vari test fra cui quello di fragilità osmotica dei globuli rossi, il test di autoemolisi dei globuli rossi), lo studio delle proteine di membrana e, al fine di escludere la sferocitosi da anemia emolitica autoimmune il test di Coombs diretto.
Nel caso di sferocitosi ereditaria la fragilità osmotica dei globuli rossi risulta quasi sempre aumentata, ma in casi lievi può essere normale a meno che il sangue, sterile e defibrinato, non sia stato prima incubato a 37 °C per 24 h.
L’autoemolisi dei globuli rossi risulta aumentato, mentre il test di Coombs dà esito negativo.
La conta dei reticolociti risulta aumentata; il valore dell’MCHC risulta aumentato in circa due terzi dei casi, lo stesso vale per l’HDW (indice di distribuzione della concentrazione di emoglobina); si registra inoltre un aumento dei livelli di bilirubina indiretta.
Lo striscio di sangue periferico rivela la presenza di sferociti.
La diagnosi differenziale viene posta con l’ellissocitosi ereditaria, la stomatocitosi ereditaria, l’ovalocitosi del Sud-est asiatico, il deficit di G6PD, il deficit di piruvato chinasi, l’anemia emolitica autoimmune e l’α-talassemia.

La sferocitosi viene ereditata come carattere autosomico dominante nel 75% circa dei casi; il restante 25% circa dei casi viene spiegato con mutazioni de novo o, molto raramente, recessive.
Cura
La cura della sferocitosi si basa su diversi interventi.
L’emolisi cronica determina una carenza di acido folico che deve essere compensata con la somministrazione di folati.
Nel caso di grave anemia può essere necessario ricorrere a trasfusioni di sangue, in particolar modo nei pazienti in età pediatrica così da consentire loro un normale sviluppo e una sana crescita. La trasfusione può essere necessaria anche in caso di crisi aplastica. Trasfusioni croniche possono dar luogo ad accumulo di ferro e quindi si dovrà intervenire con opportune terapie chelanti.
Nelle forme più gravi di sferocitosi, nei soggetti di almeno 7 anni, si può prendere in considerazione la rimozione della milza (splenectomia); l’intervento chirurgico non corregge ovviamente il difetto, elimina però il sito dove si verifica la distruzione dei globuli rossi; una volta rimossa la milza, l’emolisi si riduce notevolmente e, in molti casi, si verifica addirittura la guarigione dell’anemia (si ha quindi un netto miglioramento del quadro clinico generale); la forma dei globuli rossi sarà sempre ovviamente sferica, ma il periodo della loro sopravvivenza in circolo sarà normale, non più ridotto.
Sull’opportunità di eseguire la splenectomia in età pediatrica non vi è sempre concordanza fra i vari autori; in linea generale, il suggerimento è quello di ricorrere a tale intervento solo nei casi di sferocitosi gravi e moderatamente gravi.
Si deve tenere conto che la mancanza della milza espone a un maggior rischio di malattie infettive e, conseguentemente, chi ha subito l’intervento di splenectomia dovrebbe essere sottoposto a cicli di vaccinazioni (pneumococco, Haemophilus influenzae, Neisseria meningitidis). Recentemente è stato proposto l’intervento di splenectomia parziale, grazie al quale si preserva la funzione immunologica della milza.
Nei neonati la sferocitosi ereditaria può causare l’insorgenza di ittero che deve essere gestito con la fototerapia (o, in casi gravi, con le trasfusioni di sangue, allo scopo di evitare pericolose complicazioni).
Nel corso del primo anno di vita, la somministrazione di eritropoietina (EPO) può ridurre il numero delle trasfusioni ereditarie.
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