Lo scompenso cardiaco (anche insufficienza cardiaca) è una grave condizione morbosa che, secondo la definizione di Braunwald “si verifica quando un’anomalia della funzione cardiaca (un danneggiamento causato da un infarto, dall’ipertensione o da altri eventi) fa sì che il cuore non sia in grado di pompare sangue in quantità sufficiente per soddisfare i bisogni metabolici dell’organismo o possa farlo solo a spese di un aumento della pressione di riempimento“.
Lo scompenso cardiaco si verifica sempre quando il miocardio è danneggiato e sovraffaticato. Vengono così a crearsi diverse alterazioni nella circolazione arteriosa e in quella venosa che aggravano ulteriormente lo stato del cuore, danneggiandolo in modo irreversibile. Inizialmente la quantità di sangue pompata dal cuore al resto dell’organismo risulta ridotta, mentre quella che torna dall’organismo al cuore incontra una resistenza superiore al normale. Di conseguenza, l’aumento della pressione venosa provoca un’uscita del sangue dai vasi e causa edema ai polmoni o agli arti inferiori (tipica la formazione di edema declive, caratterizzato dall’ingrossamento delle caviglie). Generalmente lo scompenso cardiaco non si manifesta in modo improvviso, ma tende a svilupparsi lentamente; così possono trascorrere anni prima che emergano sintomi chiari e si possa intervenire. L’insufficienza funzionale cronica (scompenso cardiaco cronico, SCC) del cuore può avere anche esito fatale.
Si tratta di una condizione molto diffusa, tant’è che molti addetti ai lavori la considerano come una sorta di “epidemia”; i dati più recenti indicano infatti che lo scompenso cardiaco infatti interessa circa 15 milioni di persone in Europa; nel nostro Paese è responsabile circa 500 ricoveri giornalieri, per un totale di un milione circa di malati. Peraltro, questi numeri, già piuttosto allarmanti di per sé, sono in forte crescita tanto far prevedere un raddoppio dei casi nel 2030.

Lo scompenso cardiaco è una condizione che si riscontra più frequentemente nei soggetti anziani, ma i più giovani non ne sono immuni; circa un 25% dei soggetti colpiti da scompenso ha un’età inferiore ai 65 anni.
Lo scompenso cardiaco è più comune di molti tumori maligni e in molti casi è caratterizzato da una peggior prognosi; al momento attuale risulta essere la principale causa di morte e di ricovero in strutture ospedaliere.
Cause
Molto spesso lo scompenso cardiaco è il punto di arrivo che è comune a diverse patologie che possono essere molto diverse fra loro, sia eziologicamente sia clinicamente. Si ricordano in particolare:
- aterosclerosi (l’ispessimento delle pareti arteriose, in particolare delle coronarie, causa la diminuzione dell’afflusso di sangue al miocardio, danneggiandolo);
- cardiomiopatie (patologie generalmente associate a inappropriate ipertrofia e/o dilatazione ventricolare; possono essere primitive o secondarie);
- ipertensione arteriosa (livelli elevati di pressione costringono il cuore a pompare più del normale per consentire una circolazione di sangue normale nell’organismo, con un graduale affaticamento del miocardio);
- infarto (la zona più sofferente dopo l’infarto è il ventricolo sinistro);
- patologie valvolari (diverse malattie possono causare un malfunzionamento delle valvole cardiache, con conseguente affaticamento del cuore, costretto a lavorare più del normale);
- patologie specifiche del miocardio (per varie ragioni, fra cui l’abuso di alcol o sostanze stupefacenti e infezioni virali o batteriche).
Vi sono poi diverse altre patologie che interessano secondariamente il cuore e predispongono alla comparsa di scompenso cardiaco; fra le più importanti si ricordano il diabete mellito (che, è bene ricordarlo, è la condizione metabolica più a rischio per la salute delle arterie), l’insufficienza renale e diverse patologie polmonari (che provocano una carenza nel rifornimento di ossigeno al cuore, costretto a un superlavoro).
Altre condizioni che possono portare a scompenso cardiaco sono i trattamenti radio- e chemioterapici, l’assunzione di determinati farmaci e l’abuso di sostanze alcoliche, superalcoliche o stupefacenti.
Segni e sintomi di scompenso cardiaco
La sintomatologia che caratterizza lo scompenso cardiaco è alquanto variegata; i sintomi con i quali tale condizione si manifesta con maggiore frequenza sono:
- dispnea (difficoltà nella respirazione); questo sintomo può fare la sua comparsa anche dopo sforzi di minima entità (in alcuni casi addirittura può comparire a riposo); insieme all’edema è uno dei sintomi iniziali.
- facile affaticamento e sensazione di stanchezza (causata quest’ultima dal carente rifornimento di ossigeno ai muscoli e ai tessuti, con possibili danni a vari organi);
- capogiri;
- confusione mentale (perdite di memoria, disorientamento);
- edema (accumulo di liquido nell’addome, nei polmoni, nelle gambe, nei piedi; la causa è da ricercarsi nella ritenzione idrica, condizione di comune riscontro nello scompenso cardiaco);
- insufficienza respiratoria (causata da un eccesso di liquido nei polmoni, si presenta generalmente come un’asfissia da annegamento);
- tosse secca persistente, con respiro affannoso;
- inappetenza (per la ridotta efficienza dell’apparato digerente);
- aumento della frequenza cardiaca (il cuore aumenta i battiti per compensare la perdita della capacità di pompa muscolare, fino alla comparsa di palpitazioni);
- nicturia (necessità di orinare frequentemente durante le ore notturne).
La sintomatologia è uno dei criteri utilizzati dalla NYHA (New York Heart Association) per la classificazione dello scompenso cardiaco. In base a tale criterio si distinguono quattro classi funzionali:
- Classe I: Nessuna limitazione: l’attività fisica abituale non provoca astenia, dispnea né palpitazioni.
- Classe II: Lieve limitazione dell’attività fisica: benessere a riposo, ma l’attività fisica abituale provoca affaticamento, dispnea, palpitazioni o angina.
- Classe III: Grave limitazione dell’attività fisica: benessere a riposo, ma attività fisiche di entità inferiore a quelle abituali provocano sintomi.
- Classe IV: Incapacità a svolgere qualsiasi attività senza disturbi: sintomi di scompenso cardiaco sono presenti anche a riposo, con aumento dei disturbi a ogni minima attività.
Diagnosi
Per la diagnosi di scompenso cardiaco si hanno a disposizione diverse tipologie di esami clinici; in particolare si ricordano l’elettrocardiogramma, l’elettrocardiogramma dinamico (noto come ECG Holter), la radiografia toracica, l’ecocardiogramma, il test da sforzo, la scintigrafia miocardica e la coronarografia.
Generalmente vengono eseguite anche le analisi del sangue fra cui il dosaggio del BNP e dell’NT-proBNP i cui valori risultano aumentati in caso di scompenso cardiaco (si tratta di due marker di rischio cardiovascolare non molto conosciuti, ma che risultano di notevole utilità nella valutazione del rischio di scompenso cardiaco e di disfunzioni del ventricolo sinistro come, per esempio, l’ipertrofia ventricolare cardiaca).
Terapia dello scompenso cardiaco
Deve essere chiaro che lo scompenso cardiaco è una condizione morbosa cronica e non è possibile sperare in una guarigione completa; è possibile però stabilizzarlo e trattarla con una certa efficacia. La terapia dello scompenso cardiaco si pone diversi scopi: ridurre la sintomatologia, migliorare la qualità della vita, consentire il ritorno allo svolgimento delle proprie attività e migliorare la sopravvivenza.
La terapia dell’insufficienza cardiaca varia in base alla gravità della malattia. Si interviene con diversi tipi di farmaci, a seconda delle circostanze. Fondamentale è l’adozione di un corretto stile di vita.
I diuretici favoriscono l’eliminazione del sodio e dei liquidi in eccesso, ma sono controindicati nei casi di diabete, gotta e livelli elevati di grassi nel sangue. I farmaci di prima scelta sono i diuretici dell’ansa come, per esempio, furosemide o bumetanide. Altri diuretici utilizzati sono il metolazone spironolattone; quest’ultimo è un farmaco appartenente alla categoria dei diuretici risparmiatori di potassio; questi diuretici vengono affiancati ai diuretici dell’ansa per bloccare l’attività dell’aldosterone; sono indicati in soggetti con ipopotassiemia, ma non devono essere assolutamente usati nei pazienti affetti da insufficienza renale e iperpotassiemia. Non esistono linee guida universali relative all’utilizzo dei diuretici nel caso di scompenso cardiaco; la terapia deve essere personalizzata a seconda della risposta del soggetto trattato; il controllo quotidiano del peso rappresenta un’utile guida per il dosaggio del farmaco.
I beta-bloccanti agiscono su recettori specifici diffusi in tutto l’organismo, e dunque anche nei vasi sanguigni, ma non possono essere presi da chi soffre d’asma, di depressione, di problemi gravi alla circolazione nelle gambe. Svolgono un ruolo fondamentale nel trattamento dello scompenso cardiaco congestizio cronico. I farmaci normalmente impiegati sono carvedilolo; bisoprololo, metoprololo e succinato nebivololo. Allo scopo di evitare effetti indesiderati a breve termine, è fondamentale che questi farmaci siano introdotti con cautela, iniziando con dosaggi bassissimi, da aumentare lentamente dietro una scrupolosa supervisione.
Gli ACE-inibitori infine agiscono su un sistema di controllo della pressione situato nei reni e non hanno particolari controindicazioni, se non durante la gravidanza.
I nitrati vengono prescritti in caso di angina allo scopo di ridurre la dispnea del soggetto con scompenso.
La somministrazione di anticoagulanti e antiaggreganti servono a impedire la formazione di coaguli in atrio che potrebbero essere veicolati al cervello nel paziente allettato e con fibrillazione atriale. A seconda dei casi poi si può ricorrere a procedure invasive quali la chirurgia, l’angioplastica o l’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore.
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