Il rabdomiosarcoma (RMS) è la forma di sarcoma più frequente in soggetti in età pediatrica, (l’età media al momento della diagnosi è di circa 5 anni), ma può manifestarsi, seppur raramente, anche in soggetti in età adolescenziale e perfino nelle persone adulte. In linea generale, comunque è un tumore piuttosto raro; rappresenta infatti il 3-4% circa di tutti i tumori infantili. Nel nostro Paese si registrano circa 200-250 nuovi casi all’anno. La neoplasia interessa entrambi i sessi, ma si registra una lieve prevalenza nei soggetti di sesso maschile.
Il termine rabdomiosarcoma è la combinazione di rabdo (a forma di bacchetta), mio (muscolo) e sarcoma (il gruppo di neoplasie a cui esso appartiene).
Può svilupparsi ovunque, ma le zone più colpite sono la testa e il collo (40%); altre zone frequentemente colpite sono l’apparato urogenitale, gli arti e il tronco.
Cause
Le cause del rabdomiosarcoma sono sconosciute, ma esistono alcune condizioni patologiche che possono essere associate alla sua insorgenza (sindrome di Li-Fraumeni, neurofibromatosi di tipo 1, sindrome di Beckwith-Wiedemann, sindrome di Costello e sindrome di Noonan).
A tutt’oggi, la ricerca di fattori ambientali legati all’insorgenza di questa forma tumorale non ha fornito risultati convincenti.
Rabdomiosarcoma – Sintomi e segni
Spesso il primo segnale di rabdomiosarcoma è rappresentato dalla comparsa di una tumefazione, di un nodulo o di un gonfiore che possono crescere più o meno velocemente; ovviamente c’è una certa variabilità nei sintomi dipendentemente dalla localizzazione del tumore; non è facile sospettare la presenza di un rabdomiosarcoma perché i sintomi sopradescritti sono molto generici e, in particolare nei bambini, i gonfiori vengono spesso attribuiti a banali traumi che potrebbero essersi verificati nel gioco. Altri sintomi di rabdomiosarcoma possono essere esoftalmo, ematuria, rinorragia, emorragie anali, emorragie vaginali, sanguinamento dalla gola, difficoltà nella minzione e nella defecazione ecc.
Diagnosi
Non esistono marcatori ematochimici tipici del rabdomiosarcoma, quindi gli esami diagnostici sono sostanzialmente di tipo strumentale. Oltre all’anamnesi completa, generalmente si eseguono un prelievo bioptico, esami radiografici del torace (allo scopo di verificare se il torace è l’origine del sarcoma oppure se è la sede di processi metastatici), tomografia assistita dal computer o risonanza magnetica nucleare della zona nella quale si sospetta la presenza della neoplasia, scintigrafia ossea, esami del midollo osseo ed ecografia. È molto importante una valutazione dell’estensione della patologia in quanto il rabdomiosarcoma può dare lesioni a distanza (metastasi) in circa il 20% dei casi; tali lesioni interessano generalmente linfonodi, midollo osseo, ossa e polmoni.
Nel corso del trattamento terapeutico le indagini radiologiche vengono ripetute a intervalli periodici per effettuare una valutazione dell’eventuale resezione chirurgica, della risposta alla chemioterapia o alla radioterapia e per pianificare il prosieguo del trattamento.
Oltre alla diagnosi è necessario definire con esattezza il sottotipo (che influenza la prognosi); si distinguono quindi: rabdomiosarcoma leiomiomatoso e botrioide (a prognosi più favorevole), il rabdomiosarcoma embrionale (a prognosi intermedia; è il sottotipo più frequente, rappresentando circa il 75-80% di tutti i casi) e il rabdomiosarcoma alveolare (a prognosi meno favorevole; rappresenta circa il 20-25% dei casi).
Viene descritto anche un altro istotipo, il rabdomiosarcoma pleomorfo, una neoplasia eccezionale in età pediatrica; è infatti tipico dell’adulto. Quest’ultima forma di RMS viene considerata a sé stante da vari autori in quanto le sue caratteristiche biologiche e cliniche lo avvicinano più ai tipici sarcomi delle parti molli dell’adulto che non ai rabdomiosarcomi pediatrici.

Il rabdomiosarcoma è la forma di sarcoma più frequente in soggetti in età pediatrica, (l’età media al momento della diagnosi è di circa 5 anni).
Rabdomiosarcoma – Terapia
La terapia può avvalersi di chirurgia, chemioterapia e radioterapia; tali approcci possono essere combinati o utilizzati singolarmente. La scelta del protocollo terapeutico varia a seconda delle condizioni del paziente, dell’età, della localizzazione del sarcoma ecc. Generalmente la chemioterapia viene sempre utilizzata, in particolar modo all’inizio, per ridurre la massa tumorale e facilitarne la resezione chirurgica; la scelta della chirurgia deve essere comunque valutata; solitamente è consigliabile nel caso essa sia radicale e senza conseguenze significative sulla qualità della vita. Quando possibile si tende a evitare la radioterapia allo scopo di ridurre le problematiche che potrebbero verificarsi nel lungo periodo; è però pur vero che la radioterapia ha una notevole efficacia nel trattamento di questo tipo di tumore.
Le modalità di utilizzazione dei tre trattamenti soprariportati sono generalmente codificati in protocolli, ma possono variare molto da caso a caso; il rabdomiosarcoma, infatti, ha comportamenti clinici molti differenti a seconda dell’istotipo, delle dimensioni, delle aree coinvolte e dell’età del soggetto colpito.
La sopravvivenza globale è legata all’istotipo e alla localizzazione del tumore; nei rabdomiosarcomi che colpiscono l’orbita, la vescica, la vagina e la regione paratesticolare il tasso di sopravvivenza è superiore all’80%; in altri casi va dal 60 al 70%. Nei soggetti con focolai metastatici alla diagnosi, la sopravvivenza è decisamente inferiore, in particolar modo se questi interessano i tessuti osteo-midollari (tasso di sopravvivenza minore del 20%).
Indice materie – Medicina – Sintomi – Rabdomiosarcoma