Porfiria è un termine generico con il quale si fa riferimento a un gruppo di patologie metaboliche rare, perlopiù ereditarie, che sono causate dall’alterazione di uno degli enzimi della via biosintetica del gruppo eme.
Nelle varie forme di porfiria, in riferimento alla specifica alterazione enzimatica, si verifica un’iperproduzione e un conseguente accumulo di porfirine (pigmenti di complessa struttura che costituiscono parte di emoglobina, mioglobina, citocromi, catalasi e perossidasi).
Forme
Esistono diversi modi per classificare le forme di porfiria; la più comune è quella che le suddivide in porfirie acute e porfirie non acute.
Le forme acute di porfiria sono:
- porfiria da deficit di ALA deidratasi
- porfiria acuta intermittente
- coproporfiria ereditaria
- porfiria variegata.
Le forme non acute di porfiria sono:
- porfiria eritropoietica congenita (anche morbo di Günther)
- porfiria cutanea tarda
- porfiria epatoeritropoietica (anche porfiria epatoeritrocitaria)
- protoporfiria eritropoietica (anche protoporfiria eritrocitaria).
Le varie forme della malattia sono caratterizzate dalla presenza di sintomi neurologici. In due tipi di porfiria acuta (la coproporfiria ereditaria e la porfiria variegata) si possono avere anche sintomi di tipo cutaneo.
La forma da deficit di ALA deidratasi è una patologia rarissima causata da un difetto del secondo enzima della via biosintetica dell’eme. È una patologia a trasmissione autosomica recessiva.
Ne sono stati descritti pochissimi casi nel mondo.
La porfiria acuta intermittente (nota anche come porfiria svedese o pirroloporfiria) è la forma acuta più comune. È una patologia autosomica dominante ed è provocata da un deficit di un enzima noto come PGB deaminasi (anche HMB sintetasi).
Questa forma di porfiria è comune a tutte le razze, ma si registra una leggera prevalenza nei Paesi nordeuropei (da qui la terminologia di porfiria svedese).
Generalmente la patologia fa la sua comparsa dopo la pubertà (ma sono stati descritti casi di manifestazioni sintomatiche anche durante l’età infantile); i soggetti di sesso maschile sono maggiormente interessati dal problema.
La forma acuta intermittente viene scatenata da fattori quali l’assunzione di ormoni, farmaci e determinati alimenti. I segni e i sintomi possono essere aggravati da determinati comportamenti alimentari quali diete ipocaloriche e/o ipoglicidiche ed eccessiva assunzione di alcol.
I segni e i sintomi possono svilupparsi in un arco di tempo che va da alcune ore a diversi giorni e possono persistere anche per lunghi periodi di tempo. La sintomatologia è causata dagli effetti che la malattia ha sul sistema nervoso. Non vi è interessamento cutaneo. Il sintomo più comune è il dolore addominale che in alcuni casi può essere intensissimo. Altri sintomi possono essere nausea, vomito, stitichezza, diarrea, ritenzione urinaria, incontinenza, disuria, pollachiuria, tachicardia, ipertensione arteriosa (pressione alta), sudorazione intensa, irrequietezza, tremori ecc.
La coproporfiria ereditaria è una forma molto simile alla porfiria acuta intermittente, anche se viene riscontrata meno comunemente. È una forma generalmente lieve della malattia ed è associata a fotosensibilità e sintomi neurologici.
Il difetto genetico che sta alla base della coproporfiria ereditaria comporta una diminuzione dell’attività di un enzima noto come coproporfirinogeno decarbossilasi. La patologia si trasmette per via autosomica dominante.
La porfiria variegata è una forma poco comune che ha la sua prevalenza in Sudafrica; è legata a un carattere dominante autosomico. È causata da un’alterazione del gene PPOX che codifica un enzima noto come protoporfirinogeno ossidasi.
Molti segni e sintomi sono simili a quelli della forma acuta intermittente. Si registrano dolenzia addominale intensa, sintomi neuropsichiatrici, fotosensibilità (sensibilità alla luce) ecc. Si hanno anche manifestazioni cutanee.
In linea generale la diagnosi di porfiria di tipo acuto si avvale di esami specifici su sangue, urine e feci. Le analisi determinano la concentrazione sia delle porfirine sia dei loro precursori (ALA e PGB).
Il trattamento delle varie forme di porfiria acuta è sostanzialmente lo stesso. Gli attacchi acuti spesso richiedono il ricovero in una struttura ospedaliera. Se l’attacco è particolarmente grave si ricorre generalmente al trattamento con eme che viene somministrato per via endovenosa (generalmente 3 mg per kg di peso corporeo). La terapia sortisce i suoi effetti nel giro di pochi giorni. È oltremodo importante che la terapia venga intrapresa il più velocemente possibile; un ritardo infatti può comportare una progressione dei danni nervosi e il recupero, oltre a essere più lento, può essere anche incompleto.

Secondo alcune storici la pazzia di re Giorgio III sarebbe stata conseguente ad attacchi di porfiria acuta intermittente.
Porfiria non acuta
Porfiria non acuta è una terminologia impropria in quanto l’insorgenza dei sintomi è spesso di tipo acuto; tuttavia tale definizione è comunemente usata perché distingue queste porfirie da quelle che hanno sintomatologia neurologica; le porfirie non acute infatti si manifestano soltanto con sintomi di tipo cutaneo.
La porfiria eritropoietica congenita, nota anche come morbo di Günther (dal nome di colui che, nel 1911, la descrisse per la prima volta) è una patologia ereditaria molto rara (un caso ogni due milioni di persone). La porfiria eritropoietica congenita è caratterizzata da una ridottissima attività di sintesi di un enzima noto come uroporfirinogeno III cosintetasi con conseguente iperproduzione di porfirine da parte del midollo osseo; le porfirine in eccesso si accumulano prevalentemente negli eritrociti e provocano i problemi associati a questa forma di porfiria.
Generalmente la patologia si manifesta subito dopo la nascita o comunque nella prima infanzia; tuttavia sono stati registrati casi in cui l’insorgenza dei sintomi è stata più tardiva.
La sintomatologia non è sempre la stessa in tutti i soggetti colpiti dalla patologia. Fra i segni e i sintomi che si possono registrare vengono segnalati il colore rosso delle urine (il problema è dovuto alla notevole quantità di porfirine che passa nel liquido urinario), la notevole fotosensibilità cutanea (che conduce a fragilità cutanea e alla comparsa di vesciche o ulcerazioni), lo scurirsi della cute esposta ai raggi solari, fotosensibilità oculare, l’anemia (le porfirine danneggiano gli eritrociti, ovvero i globuli rossi) – con tutto ciò che quest’ultima comporta -, la splenomegalia (ingrossamento della milza), lo scurirsi del colore dei denti, l’eccesso di peluria (in particolar modo sul viso e sul dorso delle mani) e l’osteoporosi.
La forma eritropoietica congenita può essere trattata con il trapianto di midollo osseo; se il trapianto riesce i sintomi si risolveranno, anche se, ovviamente, permarranno le eventuali lesioni cutanee provocate precedentemente dalla malattia.
Le terapie alternative al trapianto di midollo mirano sostanzialmente alla prevenzione delle ulcerazioni cutanee e oculari e al contenimento di tutte le altre problematiche connesse alla malattia.
La porfiria cutanea tarda è la forma più comune (un caso ogni 25.000 persone circa).
Questo tipo di porfiria è causata da un’alterazione di un enzima, l’UROD (uroporfirinogeno decarbossilasi); tale difetto porta a un accumulo di porfirine a livello epatico; dal fegato le porfirine passano nel flusso ematico e di qui raggiungono la cute che tende a diventare particolarmente sensibile alla luce. La sintomatologia cutanea fa generalmente la sua comparsa quando il soggetto è adulto (da qui l’aggettivo “tarda”). I motivi alla base dell’alterazione enzimatica non sono noti, ma sono stati identificati alcuni fattori predisponenti (accumulo di ferro a livello epatico, regolare consumo di bevande alcoliche, epatite C, terapie a base di estrogeni).
La porfiria cutanea tarda può essere sporadica (tipo I) o familiare (II); il primo caso è quello più frequente.
I sintomi cutanei della patologia interessano soltanto le zone della cute esposte alla luce solare; la cute è particolarmente fragile e sono sufficienti lesioni di lieve entità a provocare lacerazioni o la comparsa di vesciche piene di liquido che possono dare un certo bruciore; tali vesciche guariscono molto lentamente e possono residuare piccolissime macchie di colore bianco che vengono denominate milia. Le urine possono scurirsi e si può avere un aumento della crescita di peluria su guance e fronte.
La diagnosi viene effettuata attraverso la misurazione del livello di porfirine nel sangue, nelle urine e nelle feci.
Il trattamento tende a rimuovere o perlomeno a ridurre i fattori che predispongono alla patologia. Generalmente la terapia prevede o una flebotomia (prelievo di sangue) a intervalli regolari per rimuovere il ferro in eccesso oppure l’assunzione a basse dosi di clorochina o idrossiclorochina. È consigliabile ridurre drasticamente l’eventuale consumo di alcol; inoltre, durante la terapia, devono essere sospesi gli eventuali trattamenti a base di estrogeni.
La porfiria epatoeritropoietica è una patologia decisamente rara (pochissimi i casi segnalati a livello mondiale), autosomica recessiva, che è provocata da un deficit dell’enzima uroporfirinogeno decarbossilasi. Insorge solitamente alla nascita o comunque nel corso dei primi anni di vita. I segni e i sintomi più frequenti, generalmente intensi, sono il colorito rosso delle urine, le vesciche cutanee e l’anemia. È una forma molto simile alla porfiria eritropoietica congenita e per i casi più gravi il trattamento è lo stesso.
La protoporfiria eritropoietica è una forma molto rara (un caso ogni 150.000 persone circa) descritta per la prima volta nel 1960. La patologia, causata dalla carenza di un enzima noto come ferrochelatasi, è caratterizzata da un eccessivo accumulo di protoporfirina legato a una sua iperproduzione da parte del midollo osseo. Le protoporfirine in eccesso si accumulano in particolar modo negli eritrociti, nella cute e a livello epatico.
Nei soggetti affetti da questa forma della patologia l’esposizione della pelle ai raggi solari può provocare bruciore, prurito, arrossamento e gonfiori; a scatenare la sintomatologia sono sufficienti pochi minuti di esposizione diretta. La sintomatologia può avere una durata variabile (da poche ore ad alcuni giorni); in alcuni casi i sintomi possono essere scatenati anche dalla luce riflessa.
Le manifestazioni della malattia iniziano nei primi anni di vita; entrambi i sessi vengono colpiti in egual misura. In rari casi i soggetti affetti da questa patologia sviluppano disturbi epatici.
La diagnosi richiede l’esecuzione delle analisi ematiche; in alcuni casi possono essere richiesti gli esami delle feci per misurare i livelli di protoporfirina. I test delle urine generalmente non vengono richiesti. Non esiste una cura per la protoporfiria eritropoietica; il trattamento mira esclusivamente a proteggere il più possibile la cute dai raggi solari.
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