Policitemia è un termine piuttosto generico con il quale è possibile riferirsi a ogni innalzamento del volume di globuli rossi che circolano nel torrente ematico, evento che si traduce clinicamente nell’incremento dei livelli di emoglobina plasmatica e dell’ematocrito.
La più importante distinzione della policitemia è quella tra policitemia relativa e policitemia assoluta.
Si parla di policitemia relativa (anche pseudopolicitemia) nel caso in cui l’innalzamento della concentrazione degli eritrociti nel sangue circolante sia conseguente a una riduzione della volemia (volume sanguigno circolante); in questo caso, il numero dei globuli rossi circolanti è invariato, ma la loro concentrazione è superiore in quanto si è verificata una riduzione della componente liquida del sangue; ciò può verificarsi, per esempio, nel caso in cui un soggetto vada incontro a una notevole disidratazione non compensata da un’adeguata introduzione di liquidi.
Si parla invece di policitemia assoluta quando si verifica un vero e proprio incremento del numero totale degli eritrociti.
La policitemia assoluta viene a sua volta suddivisa in policitemia primaria (detta anche primitiva, vera, vera rubra, eritremia, eritrocitosi primitiva acquisita, malattia di Di Guglielmo, malattia di Osler-Vaquez o malattia di Vaquez) e policitemia secondaria.
La policitemia vera è una patologia clonale (vengono definite clonali quelle patologie ematologiche nel caso in cui la proliferazione cellulare che le contraddistingue sia originata da un unico progenitore malato) delle cellule staminali emopoietiche del midollo (ovvero quelle cellule da cui derivano tutte le cellule mature che circolano nel sangue periferico), mentre la policitemia secondaria è una condizione legata a una patologia estranea al midollo osseo oppure a determinate condizioni ambientali (per esempio il soggiorno in altura); nel momento in cui si rimuovono (ove possibile) le cause sottostanti, si registra una regressione della policitemia secondaria.
Date le sue particolarità, trattiamo a parte la policitemia vera.
Policitemia vera
La policitemia vera è una patologia relativamente rara (la sua incidenza aumenta con l’avanzare degli anni e la si riscontra in un numero annuale di casi variabile fra 0,7 e 2,6 per ogni 100.000 abitanti); colpisce soggetti di età media di circa 60 anni, di preferenza uomini (rapporto 2:1) di età compresa tra 15 e 90 anni; raramente la malattia interessa i bambini.
La policitemia vera è una patologia clonale dal momento che i vari elementi delle serie maturative midollari hanno tutti la stessa derivazione, ovvero una cellula emopoietica che ha acquisito una o più mutazioni di carattere genetico che le conferiscono una sorta di vantaggio proliferativo; nel caso della policitemia vera si registra una predominanza della proliferazione eritroide che risulta persistente e incontrollata; in circa la metà dei casi si registra anche una proliferazione della linea piastrinopoietica e di quella granulocitopoietica).
La patologia può essere caratterizzata da tre fasi: pre-policitemica, policitemica e post-policitemica.
Nel corso della prima fase si apprezza una leggera eritrocitosi, durante la seconda fase, si nota invece un notevole aumento della massa eritrocitaria, mentre nella terza fase, non sempre presente in tutti i casi di policitemia, si possono registrare anemia, leucopenia, piastrinopenia, accentuata splenomegalia e fibrosi del midollo. In rari casi la patologia può evolvere in mielodisplasia o addirittura in leucemia acuta.
Policitemia vera: le cause
Le cause della policitemia vera sono rimaste completamente ignote fino ad alcuni anni fa. La svolta si è avuta nel 2005 grazie alla scoperta di una mutazione a carico del gene Janus Kinase 2 (mutazione JAK2), mutazione che provoca un incremento dell’attività di una proteina presente nelle cellule staminali (una tirosin chinasi nota come proteina JAK2) e che è coinvolta nei meccanismi che regolano la proliferazione delle cellule. La mutazione in questione è presente nel 95% dei soggetti colpiti da policitemia vera; in letteratura non sono noti casi di soggetti sani o con eritrocitosi secondaria che presentino tale mutazione.

La policitemia vera è una patologia relativamente rara; colpisce soggetti di età media di circa 60 anni, di preferenza uomini (rapporto 2:1) di età compresa tra 15 e 90 anni
Policitemia vera – Sintomi e segni
L’elevata sintesi degli eritrociti che caratterizza la malattia e che generalmente è accompagnata da un’esaltazione delle sintesi di leucociti e piastrine ha come ovvia conseguenza un innalzamento dei livelli dell’ematocrito e della volemia; l’iperviscosità plasmatica e l’ipervolemia possono essere causa di alterazioni del flusso ematico di una certa importanza causando notevoli problemi nel soggetto affetto da policitemia vera; l’eccessiva viscosità del sangue causa intasamenti dei capillari sanguigni e si ha un aumento dei fenomeni trombotici con tutto ciò che di negativo ne consegue, ovvero aumento del rischio di ictus, angina pectoris, infarto, tromboflebiti, embolia polmonare ecc.
Nei soggetti affetti dalla patologia in questione spesso si registrano cefalea, leggera ipertensione arteriosa, vertigini, epatomegalia, splenomegalia, attacchi ischemici transitori, epistassi, ecchimosi, colorito acceso del volto e delle mucose. Un sintomo caratteristico della patologia è rappresentato dal prurito generalizzato, solitamente di tipo acquagenico (ovvero provocato dal contatto con l’acqua).
In una buona parte dei soggetti affetti da policitemia vera (circa il 40%) la diagnosi viene effettuata in seguito all’approfondimento di un emocromo effettuato per altre motivazioni (controlli routinari ecc.).
I valori dell’emoglobina possono arrivare a livelli molto elevati (22-24 g/dl); stessa cosa per l’ematocrito (valori oscillanti fra 55 e 60). Sono spesso presenti leucocitosi neutrofila e piastrinosi. Comune è anche il riscontro di un innalzamento dei livelli ematici di acido urico, colesterolo, fosfatasi alcalina intraleucocitaria, LDH e vitamina B12.
L’esame morfologico del midollo osseo mostra iperplasia eritroide; inoltre, nella maggior parte dei casi è presente la mutazione JAK2 o altre mutazioni simili. Sia la valutazione obiettiva che il riscontro ecografico mostrano in molti casi l’ingrossamento del volume della milza e di quello del fegato.
Diagnosi
La diagnosi differenziale si pone con pseudopolicitemia, eritrosi congenite (fra le quali anche la policitemia congenita familiare primitiva e la policitemia Chuvash), eritrocitosi secondarie ed eritrocitosi idiopatica.
La terapia della policitemia vera si pone come scopo principale quello di prevenire le complicanze di tipo trombotico ed emorragico.
Cura
Nei soggetti considerati a basso rischio vascolare (ovvero tutti coloro di età inferiore ai 60 anni e che non abbiano una storia clinica di precedenti eventi a carattere trombotico o emorragico) la terapia si basa sulla flebotomia (o salasso) e sull’assunzione di aspirina in bassi dosaggi (sempre che non sussistano controindicazioni all’uso di acido acetilsalicilico).
Nei soggetti ad alto rischio vascolare (ovvero tutti coloro che abbiano un’età superiore ai 60 anni o tutti coloro che abbiano una storia clinica di precedenti eventi a carattere trombotico o emorragico) la terapia si basa sulla somministrazione di idrossiurea (un chemioterapico antimetabolita) e di aspirina a bassi dosaggi (sempre che non sussistano controindicazioni all’uso di questo farmaco).
Attualmente sono in fase di sviluppo farmaci in grado di inibire l’attività della proteina mutata (la JAK2) responsabile della patologia.
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