Pitiriasi è un termine con il quale si indicano diversi tipi di affezione cutanea che non hanno particolari rapporti fra loro. Pitiriasi è una parola di origine greca (pìtyron) che significa crusca, evidente riferimento al fatto che la cute del soggetto colpito da questa dermopatia tende a desquamarsi finemente. In questo articolo ricordiamo tre differenti tipologie di pitiriasi:
- rosea di Gibert
- rubra pilaris
- versicolor.
Pitiriasi rosea di Gibert
La pitiriasi rosea di Gibert (e non di Gilbert, come si trova spesso in Rete anche su siti che trattano argomenti di salute) è una malattia esantematica abbastanza comune che tende a risolversi in modo spontaneo.
Sono numerosissimi i sinonimi con i quali questa patologia viene indicata; oltre a malattia di Gibert ricordiamo le seguenti terminologie: pitiriasi circinata di Horand, pitiriasi disseminata di Hardy, pitiriasi circinata e marginata di Vidal, pitiriasi rubra e disseminata di Bazin ecc.
Trattandosi della forma forse più nota la trattiamo a parte in un articolo specifico.
Pitiriasi lichenoide
La pitiriasi lichenoide è malattia abbastanza rara, ma il 20% dei casi riguarda l’età pediatrica. Si tratta di una dermatite difficile da definire sia per gli aspetti clinici, sia per la durata (da qualche settimana a qualche anno).
Le lesioni evolvono attraverso diversi stadi (polimorfismo), partendo da una lesione elementare, una piccola papula rossastra dura e resistente che si allarga e si appiattisce con il tempo, cambiando anche di colore virando al bruno. Successivamente compare sopra di essa una crosta facilmente curettabile (staccabile con una curette o con un semplice colpo d’unghia). La caduta della crosta può generare iperpigmentazione o piccole chiazze biancastre. In seguito possono comparire nuovi elementi, in genere asintomatici, senza problemi di natura sistemica.
A volte, nei casi più acuti, compaiono vescicole e pustole che possono evolvere in escare necrotiche emorragiche che possono produrre poi cicatrici.
Le cause della malattia non sono ancora note e probabilmente sono diverse (ipersensibilità ad agenti infettivi, virali soprattutto nei bambini, toxoplasma, rickettsia).
Nei casi lievi in genere non si interviene o si usano cure sintomatiche (cortisonici topici, creme emollienti, antistaminici). Nei bambini la terapia di elezione è la fotoesposizione naturale e i macrolidi per via orale. Solo nei casi più gravi della variante ulcero-necrotica febbrile si usano cure più pesanti (steroidi e antibiotici, ciclosporina A, terapia infusionale) indipendentemente dall’età.
Pitiriasi rubra pilaris
La pitiriasi rubra pilaris (nota anche come malattia di Devergie, dal nome del dermatologo francese che per primo la descrisse nel 1857) è una patologia cutanea di tipo cronico dalle cause sconosciute che si manifesta con la comparsa di papule arrossate che generalmente si localizzano sulla cute del tronco e delle estremità con tendenza a confluire; è caratteristica della malattia la tonalità giallo-arancio del palmo delle mani (cheratodermia palmo-plantare).
La malattia può manifestarsi in ogni periodo della vita, ma ha il suo picco durante l’età infantile (si parla in questo caso di pitiriasi rubra pilaris giovanile) e nell’età adulta (pitiriasi rubra pilaris classica); ne sono interessati maschi e femmine in egual misura.
Nei casi più gravi la malattia può evolvere in eritrodermia (sindrome rappresentata da diffuso e persistente arrossamento cutaneo, spesso con desquamazione).
Si distinguono diverse forme di pitiriasi rubra pilaris; una delle più note classificazioni di questa patologia è quella di Griffiths in base alla quale si distinguono:
- pitiriasi rubra pilaris dell’adulto (o di tipo I)
- pitiriasi rubra pilaris atipica dell’adulto (anche di tipo II)
- pitiriasi rubra pilaris classica giovanile (anche di tipo III)
- pitiriasi rubra pilaris giovanile circoscritta (anche di tipo IV)
- pitiriasi rubra pilaris giovanile atipica (anche di tipo V).
Come accennato in apertura, le cause della malattia sono sconosciute; i vari autori distinguono fra una forma acquisita e una forma ereditaria (tendenzialmente più grave); la forma acquisita è la più comune. Secondo alcune ricerche, la comparsa della patologia potrebbe essere legata a un’alterazione relativa alla metabolizzazione della vitamina A da parte dell’organismo; altri ipotizzano che la malattia potrebbe avere origine da una risposta anomala del sistema immunitario; a tutt’oggi comunque siamo sempre nel campo delle ipotesi.
La diagnosi non è agevole e spesso la malattia viene confusa con affezioni più diffuse, in particolar modo con la psoriasi. Nel caso in cui il dermatologo sospetti la presenza di pitiriasi rubra pilaris, potrà richiedere l’esecuzione di una biopsia cutanea.
La malattia viene generalmente trattata con farmaci sistemici a base di acitretina, isotretinoina, metotrexate e, ma meno frequentemente, ciclosporina.
I farmaci locali generalmente prescritti in caso di pitiriasi rubra pilaris sono creme ad azione emolliente oppure a base di farmaci quali il calcipotriolo o il cortisone.
Con la fototerapia non si riescono a ottenere i medesimi risultati che si riscontrano nel caso di psoriasi e, in alcuni casi, il trattamento può evidenziare maggiormente il quadro clinico.
Pitiriasi versicolor
La pitiriasi versicolor (anche Tinea versicolor o dermatomicosi furfuracea) è un’infezione della pelle dovuta nella gran parte dei casi a un lievito noto come Malassetia globosa; in una minore percentuale dei casi l’agente eziologico è il lievito Malassetia furfur.
Si tratta di una dermatosi abbastanza comune; secondo stime recenti, ne sarebbe affetto il 2-8% della popolazione; interessa prevalentemente adolescenti e adulti, anche se talora colpisce bambini in età scolare e raramente lattanti. Il contagio avviene per contatto diretto con le lesioni della pelle.
Contrariamente a quanto si crede, la pitiriasi versicolor è una malattia a bassissima contagiosità; i lieviti che la provocano sono normalmente presenti sulla cute di ogni persona, ma non causano generalmente danno alcuno. In determinate condizioni però (eccessiva sudorazione, ipersecrezione sebacea, gravidanza, alterazione del pH cutaneo ecc.) diventano attivi. Corrono maggiori rischi di contrarre l’infezione coloro che soffrono di dermatite seborroica e di iperidrosi (sudorazione eccessiva).
Molto spesso la patologia fa la sua comparsa nei mesi estivi ed è per questo motivo che talvolta la si indica con l’espressione “fungo di mare” o, ma più raramente, “fungo del sole”.
Il lievito responsabile può determinare la comparsa di chiazze scure o di chiazze chiare. Quest’ultima forma è la più frequente ed è dovuta all’azione lesiva del fungo stesso nei confronti delle cellule responsabili del pigmento della pelle. Questo spiega perché anche dopo la terapia le chiazze bianche non spariscono subito, la terapia infatti sopprime il fungo, ma nulla può contro l’azione del fungo stesso. Bisognerà pertanto attendere la ripigmentazione spontanea oppure stimolarla con raggi ultravioletti. Poiché il fungo “vive” sulla nostra pelle, si capisce anche il frequente succedersi delle recidive. Per evitarle bisognerà adottare continuamente delle misure preventive anche in assenza di chiazze: da maggio a settembre cicli di sei sere consecutive di schiume antimicotiche, mentre nei periodi invernali sarà sufficiente la detersione con saponi medicati. Sarà inoltre opportuno eseguire shampoo antiforfora poiché il fungo è presente anche sul cuoio capelluto. Bisognerà pure curare i fattori favorenti quali l’iperidrosi e l’ipersecrezione sebacea.
Per la diagnosi è spesso sufficiente l’esame obiettivo; nel caso di dubbio, il dermatologo può ricorrere all’esame con la cosiddetta lampada di Wood (lo specialista tiene la lampada a una distanza di circa 10-15 cm dalla cute da esaminare; se il soggetto è affetto da pitiriasi versicolor, la pelle apparirà di colore giallastro). Nel caso in cui residuassero dubbi, si può sempre ricorrere al prelievo bioptico. La diagnosi differenziale si pone con pitiriasi alba, pitiriasi rosea, dermatite seborroica, eritrasma, vitiligine, sifilide ecc.
La terapia di elezione della pitiriasi versicolor si basa sull’uso di antifungini topici da applicare sulla pelle e/o sistemici; la scelta del tipo di trattamento dipende essenzialmente dall’estensione della malattia.
Fra i farmaci topici i più utilizzati sono le mousse le soluzioni a base di ketoconazolo (1% o 2%) oppure ciclopiroxolamina (1%) o tioconazolo (0,5-1%). Le formulazioni in mousse o in soluzioni permettono il trattamento di superfici maggiormente estese rispetto a quanto non si possa fare con le creme; peraltro sono maggiormente assorbibili e possono essere applicate senza particolari problemi anche sul cuoio capelluto.
Di norma il trattamento ha la durata di circa un mese (i farmaci devono essere applicati una o due volte al giorno).
In combinazione con i farmaci sopra citati si possono utilizzare anche detergenti antimicotici (2-3 volte a settimana).
Nel caso di forme diffuse, è consigliabile ricorrere a farmaci sistemici a base di itraconazolo o fluconazolo (una o due settimane a seconda dei casi); il dosaggio va aggiustato in base all’età e al peso del soggetto.
Come già accennato in precedenza, è del tutto normale che, una volta terminato il trattamento, permangano delle macchie bianche comunque destinate a sparire dopo qualche tempo.
Per la prevenzione delle recidive stagionali è consigliabile il ricorso all’utilizzo di detergenti e antimicotici in mousse o spray da utilizzare una settimana ogni mese e mezzo.
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