La pielonefrite (spesso detta infezione del rene) è una patologia infiammatoria, acuta o cronica, che coinvolge il rene e la pelvi renale (o bacinetto renale, la prima porzione delle vie urinarie). Va precisato però che la terminologia “pielonefrite cronica” è da tempo in disuso; la gran parte degli autori, infatti, preferisce parlare di nefropatia interstiziale cronica, patologia di cui sono note varie cause. Allo stato attuale la sola forma di pielonefrite in cui si utilizza il termine cronica è quella xantogranulomatosa, un’insolita variante della malattia che si riscontra in genere nelle donne di mezza età con una storia di ricorrenti infezioni delle vie urinarie; si tratta di una complicanza dell’ostruzione da calcoli renali ed è generalmente associata a infezioni da Proteus.
La forma acuta
La pielonefrite acuta (PNA) è una patologia che si riscontra con una certa frequenza ed è spesso motivo di ricovero ospedaliero (il rischio di mortalità non è elevatissimo, ma non può essere considerato nullo e vengono definite pielonefriti complicate quelle forme della patologia in cui è alto il rischio di complicanze di una certa severità o di fallimento della terapia); le donne sono colpite cinque volte più frequentemente degli uomini (essenzialmente perché l’uretra femminile è più corta di quella maschile e ciò fa sì che i batteri abbiano meno difficoltà a raggiungere i reni).
La pielonefrite può colpire a qualsiasi età, ma sono soprattutto le giovani donne a correre maggiori rischi, in particolar modo se sono sessualmente attive.
Pielonefrite – Cause e fattori di rischio
La maggioranza delle pielonefriti acute ha come cause le infezioni di batteri che risalgono dall’uretra e dalla vescica; sono piuttosto rare le infezioni per via ematogena e generalmente sono relative a soggetti immunodepressi o affetti da patologie croniche.
Nella gran parte dei casi (80% circa) l’agente eziologico è rappresentato dall’Escherichia coli; altri microrganismi coinvolti sono Enterococchi, Stafilococchi, Proteus mirabilis, Enterobatteri, Pseudomonas aeruginosa ecc.
Per quanto riguarda i fattori di rischio, quelli più importanti sono rappresentati dalla frequente attività sessuale, dall’utilizzo di spermicidi, dal fumo, da un’anamnesi positiva per precedenti infezioni delle vie urinarie e da un’anamnesi familiare di infezioni urinarie nella madre.
Fattori di rischio per pielonefriti complicate sono rappresentati dall’età pediatrica e da quella anziana, dal diabete mellito (la patologia è 5-10 volte più frequente nei soggetti diabetici che peraltro sono a maggior rischio di sviluppare ascessi), dall’immunodepressione, dalla gravidanza e dalle anomalie o dalle ostruzioni delle vie urinarie.
Pielonefrite – Sintomi e segni
Lo spettro sintomatologico della pielonefrite acuta è alquanto variegato; fra i sintomi e i segni più caratteristici della patologia si devono innanzitutto ricordare il dolore lombare (che è presente in quasi il 90% dei casi), la febbre (generalmente elevata e presente in quasi l’80% dei casi), la batteriuria e la piuria (presenza di materiale purulento nelle urine); in circa un terzo delle persone anziane affette da pielonefrite la febbre non si manifesta.
Altri sintomi e segni sono rappresentati da disuria, urgenza minzionale, ematuria, sensazione di malessere generale, brividi, tremori, nausea, perdita dell’appetito, disturbi gastrointestinali e problemi respiratori. L’urina è spesso torbida e maleodorante. È possibile la comparsa di insufficienza renale.
Pielonefrite – Diagnosi
La diagnosi di pielonefrite acuta è spesso semplicemente clinica, vista la peculiarità dei sintomi e può essere confermata dall’esame delle urine con urinocoltura (che consentirà tramite l’antibiogramma di scegliere il trattamento più idoneo) e dalla presenza di una risposta anticorpale-sierica verso i microrganismi infettanti.
Il ricorso ad esami quali TAC (tomografia assistita dal computer) e a risonanza magnetica magnetica consentono una migliore definizione e l’evidenza di ascessi (l’evoluzione ascessuale di una pielonefrite acuta è un evento possibile ed è potenzialmente grave perché i batteri all’interno dell’ascesso potrebbero diffondersi in altre parti dell’organismo facendo peggiorare drasticamente il quadro clinico).
La diagnosi differenziale si pone con l’infarto renale (la cui sintomatologia d’esordio è molto simile a quella della pielonefrite), con la malattia infiammatoria pelvica, con l’appendicite, con la colecistite, con la polmonite del lobo inferiore, con la perforazione intestinale ecc.

Nella gran parte dei casi (80% circa) l’agente eziologico della pielonefrite è rappresentato dall’Escherichia coli
Cura
I casi di pielonefrite non considerati gravi non richiedono necessariamente il ricovero ospedaliero e possono essere curati attraverso la somministrazione di un fluorochinolonico (per esempio la ciprofloxacina o la levofloxacina); la durata della terapia è generalmente di due settimane.
Se il batterio che determinato l’infezione è un gram-positivo la cura consiste nella somministrazione di antibiotici quali amoxicillina o amoxicillina-acido clavulanico (principi attivi del noto farmaco Augmentin).
I casi più severi di pielonefrite, che richiedono il ricovero ospedaliero, vengono spesso curati con un fluorochinolonico parenterale o con un aminoglucoside da associare eventualmente ad ampicillina oppure con una cefalosporina associata eventualmente a un aminoglucoside; in altri casi si può ricorrere ad antibiotici appartenenti alla classe dei carbapenemici.
Nel caso di cocchi gram-positivi il trattamento consiste di solito nella somministrazione di ampicillina associata a sulbactam o nella somministrazione di amoxicillina-acido clavulanico; tali combinazioni possono essere associate eventualmente a un aminoglucoside. Una volta ottenuto un miglioramento delle condizioni del soggetto si può passare a una terapia antibiotica per via orale.
Di norma la febbre che accompagna la pielonefrite scompare nel giro di tre giorni dall’inizio del trattamento antibiotico.
In linea generale, la terapia della pielonefrite ha una durata che va dai 10 ai 14 giorni.
Se la cura è tempestiva, si ottiene la guarigione completa; nel caso di ascessi, se questi ultimi sono abbastanza piccoli vengono gestite tramite la somministrazione di antibiotici per via endovenosa; nel caso di ascessi più grandi si rende necessario l’intervento chirurgico.
Pielonefrite in gravidanza – Nel caso di donne in gravidanza l’antibiotico di riferimento è la cefalexina.
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