La pertosse è una patologia infettiva di origine batterica causata prevalentemente da Bordetella pertussis (batterio isolato nel 1906 da Jules Bordet e Octave Gengou e noto per questo anche come bacillo di Bordet-Gengou), ma anche da Haemophilus parapertussis e Bordetella bronchiseptica (è per questo motivo che ci si può anche ammalare più di una volta).
La pertosse (anche tosse canina, tosse asinina, tosse ferina, tosse convulsa o, soprattutto in Toscana, tosse cattiva) è una malattia tipica dell’età scolare; è estremamente contagiosa: un bambino con pertosse può contagiare fino al 90% dei bambini non immuni con cui viene a contatto nel periodo infettivo.
La pertosse è diffusa globalmente, ma è diventata piuttosto rara, in particolar modo in quei Paesi in cui è stata introdotta la vaccinazione generalizzata nell’infanzia. Oggi il 90% circa dei casi si registrano infatti nelle popolazioni in cui non viene effettuata la vaccinazione, e in questi casi la malattia può portare a una mortalità elevata nei bambini. Nelle popolazioni vaccinate si è osservato un ritorno della pertosse a causa della perdita progressiva di immunità e, in effetti, quando è stato introdotto il vaccino non venivano utilizzate le dosi di richiamo. Nel nostro Paese la malattia viene obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie.
Contrariamente a quanto accade nel caso di altre patologie infettive, la pertosse può colpire anche i neonati di madre immune. Sembra infatti che gli anticorpi materni che costituiscono le loro prime difese non siano in grado di proteggerli contro questa infezione.
Sintomi di pertosse
Da un punto di vista clinico la pertosse si sviluppa in tre stadi:
- stadio catarrale
- stadio convulsivo
- stadio della convalescenza.
I segni e i sintomi della pertosse nello stadio catarrale fanno la loro comparsa tra i sei e i venti giorni dal momento in cui si è contratta l’infezione; si ha una fase catarrale che interessa le alte vie respiratorie. La febbre è assente; la tosse è lieve e secca e fa generalmente la sua comparsa durante le ore notturne; si assisterà poi a un aumento di intensità e frequenza.
Dallo stadio catarrale si passa allo stadio convulsivo; questo è caratterizzato da accessi di tosse abbastanza violenti seguiti da un tipico “urlo inspiratorio” (il cosiddetto urlo asinino) seguito a sua volta dall’espulsione di catarro e a volte da conati di vomito.
Nel lattante la pertosse può manifestarsi in maniera variabile (asfittica, sincopale, soffocante), con gravi difficoltà respiratorie e si può arrivare all’arresto cardiaco e respiratorio. In questo caso è necessario ricorrere al ricovero in ospedale.
Nello stadio della convalescenza si assiste finalmente a una diminuzione dell’intensità e della frequenza degli episodi di tosse fino al momento in cui si arriva alla completa guarigione.
Per quanto la pertosse sia una patologia nota soprattutto per il particolare aspetto della tosse con urlo asinino, non è detto che tale manifestazione sia sempre presente; in alcuni bambini, per esempio, si hanno respiro affannoso, sensazione di mancanza d’aria, breve interruzione della respirazione quando l’attacco di tosse è particolarmente intenso, rossore in volto, ma nessun urlo inspiratorio.
Nelle persone adulte e negli adolescenti la sintomatologia è a volte atipica e si manifesta semplicemente con tosse prolungata senza il tipico urlo.
Il periodo di incubazione della pertosse va dai 7 ai 10 giorni, ma può durare anche tre settimane. I segni e i sintomi della malattia possono durare a lungo; la prima fase dura circa una o due settimane, la seconda dura invece dalle due alle quattro settimane, mentre la fase finale comprende diverse settimane di recupero. In determinati soggetti l’ultima fase può durare diversi mesi.
Contagiosità e diagnosi
La pertosse è, come detto, una malattia caratterizzata da una notevole contagiosità; la trasmissione dei batteri responsabili dell’infezione avviene da soggetto malato a soggetto sano tramite le goccioline di saliva che vengono emesse tossendo, starnutendo o addirittura conversando. Il soggetto affetto dalla malattia è contagioso dall’inizio dello stato catarrale fino alle tre settimane che precedono la fase convulsiva. La contagiosità è più elevata nelle primissime fasi della patologia.
In alcuni casi si sente parlare di portatori sani di pertosse; questa evenienza in realtà non è ammessa; si possono però registrare, come accennato in precedenza, casi di pertosse in cui la sintomatologia è atipica o di lievissima portata.
La conferma della diagnosi può arrivare dall’identificazione del batterio responsabile della patologia in una coltura effettuata su un campione prelevato tramite un tampone naso-faringeo. La stragrande maggioranza dei casi positivi lo sono per il Bordetella pertussis nello stadio catarrale e nello stadio convulsivo precoce.
Quando la malattia è nello stato catarrale non è agevole distinguerla da altre patologie quali bronchite o sindrome influenzale. La diagnosi differenziale deve tener conto sia delle infezioni da adenovirus sia della tubercolosi in quanto queste patologie possono simulare la malattia in questione.
La presenza di linfocitosi al 70% in un bambino di età superiore ai 3 anni, in assenza di febbre o con un lieve rialzo termico e con tosse sospetta può fortemente suggerire la presenza di pertosse, ma non è possibile distinguere quest’ultima da una sindrome pertussoide da adenovirus.
Vaccino per la pertosse
Il primo vaccino acellulare per la pertosse è stato reso disponibile nel nostro Paese nell’anno 1995; per quanto non siano disponibili dati certi, è presumibile che prima di questo anno la copertura vaccinale della malattia fosse molto bassa; tale copertura è andata poi aumentando in modo progressivo fino a diventare quasi totale; nel 1998 era di circa l’88%, nel 2003 del 95% e nel 2008 era passata al 97%.
In Italia è previsto un richiamo del vaccino nel periodo compreso fra i 4 e i 6 anni di età, un altro richiamo è invece previsto nel periodo che va dai 14 ai 16 anni. I dati più recenti disponibili mostrano che la percentuale di adolescenti a cui sono state somministrate tre dosi di vaccino è pari al 46%; il 27% ha ricevuto quattro dosi, mentre il 14% ha ricevuto anche una quinta dose.
Uno dei vaccini che viene somministrato più frequentemente è l’Infanrix Hexa, un vaccino esavalente che protegge da pertosse, tetano, difterite, poliomielite, epatite B e infezioni invasive da Hib (Hæmophilus influenzæ tipo b).
Si ritiene che la maggior parte dei membri di una famiglia non immunizzata contro la malattia possa svilupparla se convivente con un soggetto malato; a causa di ciò, è opportuno che chi è a stretto contatto con il malato assuma farmaci antibiotici a scopo preventivo.
I ragazzi che hanno ricevuto tutte le dosi previste nel ciclo vaccinale possono fare richiesta di una dose nel caso in cui si trovino esposti al rischio a causa di un convivente che ha contratto la patologia.
Cura della pertosse
Se si interviene per tempo con una terapia antibiotica (eritromicina, azitromicina, claritromicina), la pertosse ha un decorso breve e privo di complicanze; inoltre la fase accessionale può anche non comparire. Eventuali complicazioni polmonari vanno trattate con antibiotici adeguati, mentre gli accessi di vomito verranno affrontati con antiemetici e un’alimentazione semisolida.
Nel caso di episodi convulsivi, apnea o asfissia bisogna ricorrere all’ospedalizzazione. Tosse e broncospasmo sono affrontati con farmaci antitussigeni. Si utilizzano anche espettoranti, mucolitici, sedativi e betastimolanti, ma l’opportunità di ricorrere a questi farmaci è controversa. Il vero rimedio contro la pertosse, comunque, è opportuno ribadirlo, è la vaccinazione che conferisce una protezione di circa l’85%; in ogni caso nei soggetti vaccinati la malattia si ripresenta in forma più lieve.
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