La parotite è una patologia infettiva caratterizzata da un’elevata contagiosità e causata da un virus appartenente alla famiglia dei Paramyxovirus (la stessa alla quale appartiene il virus che causa il morbillo); la malattia è popolarmente nota come orecchioni (talvolta anche gattoni).
Data la sua notevole contagiosità, la malattia viene spesso ricordata con i termini parotite epidemica.
Il contagio interessa generalmente i bambini e gli adolescenti (dai cinque ai quindici anni), ma non è rara l’infezione degli adulti che non hanno avuto la malattia in passato (l’immunità, una volta contratta la parotite, è permanente, a parte alcuni casi da considerarsi veramente eccezionali); sono invece poco frequenti i casi di parotite in bambini di età inferiore ai 24 mesi.
Parotite – Trasmissione della malattia
La parotite viene trasmessa generalmente tramite contatto diretto (saliva o goccioline emesse con il respiro, le cosiddette goccioline di Flügge), ma anche, seppur meno frequentemente, tramite oggetti che sono stati contaminati da saliva o goccioline respiratorie. L’infezione colpisce le ghiandole salivari, più precisamente le parotidi*.
Il virus che causa la malattia viene eliminato con le urine e con la saliva ed è presente nelle secrezioni da una settimana prima fino ad arrivare a due settimane dopo la comparsa della tipica tumefazione delle parotidi; il picco di contagiosità ha una durata di pochi giorni.
Il periodo di incubazione dal momento dell’esposizione alle prime manifestazioni cliniche è di 18 giorni circa; durante questo lasso di tempo il virus della parotite si moltiplica a livello della mucosa delle alte vie respiratorie per poi diffondersi ai linfonodi determinando una viremia di tipo transitorio.
Diffusione
La parotite è una patologia diffusa a livello mondiale; solitamente la sua incidenza risulta maggiore nei mesi primaverili; ogni tre-cinque anni si registrano dei picchi, soprattutto in sedi quali gli asili e le scuole. Nel nostro Paese, grazie anche alle estese vaccinazioni, i casi di parotite sono drasticamente diminuiti nel corso degli ultimi anni. Dai dati forniti dal Ministero della Salute si rileva che dai 64.701 casi segnalati nel 1996 si è passati ai 1.103 casi del 2009 (questi sono i dati presenti sul sito dell’Istituto Sanitario Nazionale al febbraio del 2018, i più aggiornati disponibili).
Parotite – Sintomi e segni
I sintomi della parotite, in particolar modo nelle primissime fasi, sono alquanto aspecifici; possono registrarsi anoressia, malessere generale, lieve stato febbrile e mal di testa.
In seguito il soggetto avverte dolore a un orecchio (otalgia) e la malattia inizia a manifestarsi in modo più specifico. Inizialmente viene coinvolta una sola ghiandola che tende a ingrossarsi progressivamente per circa 3 o 4 giorni; durante questa fase il dolore può essere molto acuto e si registra una notevole ipersensibilità alla palpazione. Solitamente l’altra ghiandola inizia a ingrossarsi un paio di giorni dopo il coinvolgimento della prima; nel 25% dei casi di parotite però il coinvolgimento parotideo è monolaterale. Durante i primi giorni della malattia la febbre può salire arrivando ai 40 °C e il soggetto ammalato può riscontrare difficoltà nella masticazione e nella pronuncia a causa del coinvolgimento del nervo trigemino. Molto frequentemente, all’interno della cavità orale si possono notare l’arrossamento e la tumefazione del dotto escretore delle ghiandole attraverso cui viene immessa la saliva in bocca.
Raggiunto il culmine dell’ingrossamento parotideo che conferisce al soggetto un aspetto del viso piuttosto particolare (i padiglioni auricolari si spostano in avanti e in fuori e da qui che è originata la denominazione popolare di “orecchioni”), i sintomi e i segni iniziano a regredire, la febbre e l’ipersensibilità si risolvono e le dimensioni delle ghiandole tornano alla normalità nel giro di 6 o 7 giorni. Raramente si hanno coinvolgimenti di altre ghiandole salivari (le sottomandibolari e le sublinguali).
Diagnosi
In caso di parotite non complicata, gli esami clinici non danno indicazioni specifiche; si registra, quale segno di infiammazione e infezione, un aumento nella conta dei leucociti (globuli bianchi).
La diagnosi, visto l’interessamento parotideo, la tumefazione delle ghiandole e l’andamento della febbre, è solitamente abbastanza semplice.
La diagnosi differenziale va posta con la parotite batterica (in cui l’interessamento parotideo è sempre monolaterale), con le neoplasie delle ghiandole salivari, con la sindrome di Sjögren e con alcune forme di avvelenamento (bromuro e metalli pesanti).
La certezza assoluta si ottiene con test che consentono di evidenziare gli anticorpi IgG e IgM formatisi contro il virus parotitico.
Complicazioni
Le complicazioni possono essere molto gravi, specialmente se la parotite colpisce un adulto: la più frequente (un caso su 200) è la meningite parotitica, seguita da altre infiammazioni che colpiscono vari organi, come il pancreas (pancreatite), le ovaie (ooforite) e i testicoli (orchite) e talvolta anche l’epididimo (orchiepididimite). L’orchite, seppure in rari casi, può portare alla sterilità permanente.
Esistono anche gravi complicanze, per fortuna molto rare, che interessano il cervello (meningoencefalite) e il nervo uditivo, con conseguente sordità.
Molto rare, ma possibili l’infiammazione della prostata (prostatite), la tiroidite, la miocardite e la pericardite. Sono state descritte anche manifestazioni oculari quali congiuntivite, cheratite e irite.
Parotite e gravidanza
Il contagio nel corso delle prime dodici settimane di gravidanza è associato a un’elevata percentuale di aborti spontanei (25%), ma non esistono evidenze che dimostrino il rischio di malformazioni fetali. Alcuni autori ritengono probabile una relazione tra la fibroelastosi endocardica (un’affezione cardiaca congenita) e l’infezione fetale, ma tale relazione non è stata affatto dimostrata.
Parotite – Terapia
Non esiste una terapia specifica per la parotite. Nei casi senza complicazioni si utilizzano il riposo a letto e un’alimentazione che faciliti la masticazione. Per combattere la febbre e il malessere generale che accompagnano la malattia si somministrano solitamente farmaci antipiretici (in genere paracetamolo; si ricorda che l’aspirina non può essere assunta da soggetti di età inferiore ai 12 anni visto il rischio di contrarre la sindrome di Reye, un quadro patologico particolarmente grave che potrebbe risultare persino fatale) e analgesici.
Pur non esistendo una terapia, è disponibile un vaccino che viene somministrato di solito in associazione a quello contro la rosolia e contro il morbillo (il cosiddetto vaccino trivalente, l’MPR).
La vaccinazione, efficace nel 90% circa dei casi, garantisce un’immunità dalla malattia di almeno 10 anni.
Nelle forme complicate da orchite e meningite si ricorre alla somministrazione di cortisone, anche se l’efficacia di quest’ultimo non è stata del tutto dimostrata.
* Le parotidi sono ghiandole attraversate dall’arteria carotide esterna, dai nervi facciale e auricolo-temporale; hanno una forma acinosa e l’aspetto lobato, presentano abbondante infiltrazione adiposa, pesano circa 30 g e si trovano all’esterno del massetere. Le parotidi versano nella bocca la saliva tramite il dotto di Stenone, che emerge nel vestibolo della cavità orale, in corrispondenza del secondo molare superiore.
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