Con osteocondrosi si fa riferimento a un vasto gruppo di malattie ortopediche caratterizzate da un processo di tipo degenerativo-necrotico a carico dei nuclei di ossificazione epifisari e apofisari, sono quindi coinvolti l’osso neoformato e la cartilagine circostante (il termine ostecondrosi deriva da da osteo, osso, e condro, cartilagine).
L’osteocondrosi (più raramente, osteocondrite) può interessare tutte quelle ossa che sono provvisti di epifisi (ovvero l’estremità tondeggiante delle ossa lunghe) o di un’apofisi (le parti sporgenti di un osso che generalmente servono come punti di inserzione di un muscolo), ma nella gran parte dei casi colpisce le ossa che fanno parte di un’articolazione cartilaginea; le zone articolari maggiormente interessate dai processi di osteocondrosi sono:
- articolazione del ginocchio
- articolazione dell’anca (o articolazione coxofemorale)
- articolazione astragalo-scafoidea
- articolazione del gomito.
L’osteocondrosi è una patologia che interessa soprattutto i soggetti di sesso maschile; la sua incidenza nella popolazione generale è di poco inferiore al 2%; viene considerata come una malattia tipica dell’età evolutiva legata all’attività di ossificazione; quando interessa soggetti in età adulta è generalmente legata a un’attività lavorativa o sportiva particolarmente intensa.
Cause
Le cause dell’osteocondrosi sono attualmente sconosciute, ma si ipotizza che tale processo sia dovuto a un disturbo di tipo vascolare che provoca ischemia e necrosi cellulare in particolar modo in età adolescenziale, periodo nel quale l’attività osteogenetica è maggiore. Un’altra ipotesi è che esista una predisposizione dovuta a squilibri di tipo endocrino e che il processo abbia come agente scatenante un trauma o ripetuti microtraumi. Conseguentemente al processo necrotico-degenerativo possono verificarsi deformazioni dei nuclei causate dai normali carichi di schiacciamento e trazione che essi devono sopportare.
Andamento della malattia
Le sindromi osteocondrosiche hanno solitamente decorso benigno; i processi di necrosi tendono a regredire e l’ossificazione riprende in modo normale, ma, in alcuni casi, le alterazioni di tipo morfo-anatomico verificatisi durante il processo necrotico permangono.
Tutti i nuclei di ossificazione, sia quelli epifisari che quelli apofisari, possono essere colpiti da osteocondrosi, ma alcune sedi sono più colpite di altre e spesso si hanno rilevanti conseguenze di tipo clinico. In quasi tutti i tipi di osteocondrosi, le alterazioni di carattere anatomo-patologico sono praticamente le stesse e si attraverso quattro fasi; la fase iniziale è caratterizzata dal processo necrotico che colpisce cellule ossee e cartilagine, vi è poi una fase caratterizzata dall’aumento della densità ossea causata da un accumulo di sali di calcio e dallo schiacciamento delle fibre di supporto (trabecole) e dal progressivo riassorbimento della necrosi; le fasi successive sono quelle di ricostruzione e rimodellamento; mediamente il processo osteocondrosico ha una durata che varia dai 18 ai 24 mesi.
Le varie forme
Le osteocondrosi vengono solitamente distinte a seconda della sede interessata dal processo patologico; inoltre vengono contrassegnate con il nome dell’autore o degli autori che le hanno osservate. Fra le più note forme di osteocondrosi si ricordano:
- osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (morbo di Legg-Calvè-Perthes-Waldenström)
- osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (morbo di Osgood-Schlatter)
- osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno (morbo di Haglund)
- osteocondrosi dello scafoide tarsale (morbo di Köhler I)
- osteocondrosi dell’epifisi prossimale del II metatarso (morbo di Köhler II)
- osteocondrosi del semilunare (morbo di Kienböck)
- osteocondrosi della colonna vertebrale.
Di seguito forniamo una breve descrizione delle sopracitate forme di osteocondrosi.
Osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (morbo di Perthes)
La prima descrizione dell’osteocondrosi della testa femorale, spesso nota semplicemente come morbo di Perthes, risale ai primi anni del 1900; è la forma di osteocondrosi più frequente e interessa sia femmine che maschi, con maggior prevalenza per questi ultimi. Si manifesta generalmente fra i 3 e i 12 anni di età; il maggior picco di insorgenza riguarda i bambini di età compresa fra i 5 e gli 8 anni. Può colpire sia monolateralmente che bilateralmente; quest’ultima evenienza è più rara, si verifica infatti solo nel 10-15% dei casi.
L’esordio della malattia è caratterizzato da dolori di tipo saltuario all’anca colpita dalla degenerazione; tali dolori si manifestano generalmente dopo attività faticose; in seguito si possono avere zoppia e riduzioni delle funzioni articolari. Talvolta all’esame clinico è possibile riscontrare una tumefazione a carico dell’inguine; la pressione nella zona inguinale provoca dolore; la sintomatologia dolorosa può anche essere provocata da normali movimenti attivi o passivi dell’articolazione interessata. È estremamente importante curare precocemente e in modo opportuno la malattia onde evitare sia limitazioni delle funzioni articolari sia che l’arto rimanga più corto dell’altro a causa della deformazione della testa del femore.
Inizialmente, l’esame radiografico potrebbe non rilevare alterazioni di tipo scheletrico, ma una risonanza magnetica può evidenziare il processo necrotico che caratterizza le fasi iniziali della patologia. In seguito l’esame radiografico è in grado di evidenziare la maggior densità dei nuclei di ossificazione e le successive fasi che caratterizzano il processo osteocondrosico. Altri esami che possono essere utili nella valutazione della malattia sono la TAC, l’artrografia dinamica e la scintigrafia ossea.
Il trattamento di questo tipo di osteocondrosi mira sia a ridurre il carico dalla testa del femore in modo da impedire che questa si deformi (provocando in seguito coxartrosi secondaria) sia a favorire i processi di vascolarizzazione in modo da accelerare la fase riparativa. Gli interventi terapeutici possono essere di diverso tipo dipendentemente dalla gravità della patologia; nei casi meno gravi è sufficiente l’applicazione di un tutore che scarichi l’articolazione dell’anca mantenendo l’arto in abduzione; nei casi più gravi si deve intervenire chirurgicamente; le modalità chirurgiche più utilizzate sono le seguenti:
- osteotomia intertrocanterica di varizzazione
- osteotomia di bacino secondo Chiari
- osteotomia di bacino secondo Salter.
Osteocondrosi giovanile (morbo di Osgood-Schlatter)
Il morbo di Osgood-Schlatter (malattia di Osgood-Schlatter, sindrome di Osgood-Schlatter), è una patologia infiammatorio-degenerativa a carico della tuberosità tibiale. Interessa sia femmine che maschi, ma in questi ultimi la frequenza è tre volte superiore. Nei soggetti di sesso maschile la patologia si manifesta generalmente nel periodo compreso tra gli 11 e i 15 anni di età, mentre nelle femmine in quello compreso fra gli 8 e i 13 anni. Questa patologia è oggetto di trattazione separata; si veda l’articolo Morbo di Osgood-Schlatter.
Osteocondrosi del calcagno (morbo di Haglund)
L’osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno – altresì nota come morbo, malattia o sindrome di Haglund) è una forma di osteocondrosi che colpisce generalmente i soggetti di età compresa fra gli 8 e i 13 anni. La malattia ha decorso benigno e non è causa di deformità, ma la guarigione completa può richiedere fino a due anni di tempo. Anche questa patologia è oggetto di trattazione separata; si veda l’articolo Sindrome di Haglund.
Osteocondrosi dello scafoide tarsale (morbo di Köhler I)
La prima descrizione dell’osteocondrosi dello scafoide tarsale risale al 1908 a opera di un radiologo tedesco, Alban Köhler. La patologia, di solito monolaterale, si manifesta generalmente in bambini di età compresa fra i 3 gli 8 anni e compare con maggiore frequenza nel sesso maschile. Il morbo di Köhler può essere asintomatico; quando presenti, le manifestazioni cliniche sono il dolore, che talvolta può causare una leggera zoppia, e una lieve tumefazione nella parte interna del piede.
La radiografia mette in evidenza l’appiattimento dello scafoide che appare inoltre sclerotico e frammentato; è consigliabile eseguire anche un controllo radiografico dell’altro piede.
Il decorso della malattia è generalmente benigno; la guarigione completa avviene nel 18-24 mesi.
Nei due o tre mesi in cui la sintomatologia dolorosa si acutizza viene consigliato di solito uno stivaletto gessato; terminata la fase di dolenzia potrebbe essere indicato l’uso di un plantare che, sollevando la volta longitudinale del piede, diminuisca il carico dallo scafoide.
Osteocondrosi dell’epifisi prossimale del II metatarso (morbo di Köhler II o morbo di Freiberg)
L’osteocondrosi dell’epifisi prossimale del II metatarso si manifesta clinicamente con maggiore frequenza in età adulta, generalmente nel periodo compreso fra i 18 e i 30 anni di età, solitamente in soggetti di sesso femminile. La comparsa della malattia avviene di solito nel periodo della tarda infanzia o in quello dell’adolescenza, ma, sfortunatamente, i primi sintomi si avvertono solamente in età più avanzate. La radiografia della testa metatarsale rende evidenti la deformazione, lo slargamento, l’appiattimento, l’addensamento e la frammentazione di quest’ultima. Il dolore, spesso non troppo intenso, è localizzato in sede plantare, nella regione del metatarso interessato; solo in rari casi il dolore è intenso e si irradia a tutta la gamba; la sintomatologia dolorosa si acutizza quando il soggetto è in stazione eretta e se si calzano scarpe con i tacchi alti. Il processo riparativo necessita di un periodo che va dai 12 ai 24 mesi. La terapia consiste generalmente nell’uso di un plantare che riduca il carico cui è sottoposta la testa metatarsale. Nei casi particolarmente gravi, invero rari, può essere necessario il ricorso alla metodica chirurgica (osteotomia, perforazione, resezione della testa metatarsale, svuotamento dell’epifisi, trapianto tendineo ecc.).
Osteocondrosi del semilunare (morbo di Kienböck)
L’osteocondrosi dell’osso semilunare fu osservata per la prima volta nel 1910 da un medico austriaco, Robert Kienböck. La patologia colpisce i soggetti di età compresa fra i 15 e i 40 anni soprattutto se lavoratori manuali (il caso tipico è quello di soggetti che usano i martelli pneumatici).
I sintomi che caratterizzano la patologia sono il dolore al polso che si irradia all’avambraccio; si osservano inoltre rigidità e aumento della dolenzia in fase di estensione del polso e del dito medio, vi è inoltre una riduzione della forza della presa. La radiografia rileva un semilunare sclerotico, frammentato e appiattito. A differenza che in altre forme di osteocondrosi, il processo di guarigione non è spontaneo. Nelle fasi iniziali della malattia viene generalmente consigliata l’immobilizzazione del polso con un gesso allo scopo di ridurre la sintomatologia dolorosa e permettere la rivascolarizzazione. Nei casi più gravi è possibile il ricorso alla metodica chirurgica; si provvederà in questo caso all’escissione del semilunare e all’inserimento di una protesi acrilica; un’alternativa chirurgica consiste in un’artrodesi limitata tra capitato e uncinato allo scopo di prevenire alterazioni artrosiche secondarie.
Osteocondrosi vertebrale
Sono due le forme di osteocondrosi che possono colpire la colonna vertebrale: la vertebra plana (morbo di Calvè) e il dorso curvo giovanile (morbo di Scheuermann).
Il morbo di Calvè – È una forma di osteocondrosi abbastanza rara e si manifesta in bambini di età compresa fra i due e i 15 anni con picco di incidenza verso il settimo anno. È più frequente nei soggetti di gracile costituzione; colpisce più soventemente i maschi. La patologia è generalmente localizzata a livello della prima vertebra lombare; è di solito asintomatica. L’esame radiografico mostra il corpo vertebrale sclerotico e totalmente appiattito. La terapia consiste nell’indossare un corsetto ortopedico che ha lo scopo di favorire la ricostruzione del corpo vertebrale. Il decorso della malattia, che può durare dai 12 ai 24 mesi, è generalmente benigno.
Il morbo di Scheuermann – È una forma di osteocondrosi che interessa più vertebre contemporaneamente; fu descritta per la prima volta nel 1921 da Scheuermann. Le cause sono ignote e da sempre molto dibattute tant’è che le ipotesi fatte sono numerose (turba della nutrizione a livello dei nuclei di ossificazione vertebrali con necrosi cellulare; fattori meccanici e microtraumi ripetuti, alterata biochimica del collagene cartilagineo; da tempo è stata abbandonata l’ipotesi che si tratti di una particolare forma di osteoporosi in età giovanile); probabilmente l’eziologia è multifattoriale. Questa forma di osteocondrosi si manifesta in ragazzi di età compresa fra i 12 e i 18 anni, più frequentemente di sesso maschile. I sintomi di esordio della malattia sono rappresentati da una tipica postura a “spalle curve” e un mal di schiena persistente.
La funzione dei nuclei epifisari dei corpi vertebrali è quella di permettere la crescita in altezza dei corpi vertebrali stessi; se i nuclei vengono colpiti da un processo necrotico, essi si deformano determinando un atteggiamento cifotico della colonna vertebrale.
La radiografia evidenzia la cifosi della colonna e la deformazione dei corpi vertebrali; i nuclei di ossificazione appaiono addensati, frammentati e schiacciati.
La terapia consiste nel rafforzamento dei muscoli addominali e paravertebrali e ha lo scopo di ottenere una corretta posizione della colonna vertebrale. Nei casi più gravi, con rigidità della colonna, viene generalmente consigliata la confezione di corsetti ortopedici. Il ricorso alla metodica chirurgica è un’evenienza molto rara ed è riservata a deviazioni di estrema gravità.
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