Il morbo di Buerger (noto anche come malattia di Buerger* o tromboangioite obliterante) è una seria affezione che interessa le arterie di piccolo e medio calibro e, molto spesso, anche le vene superficiali degli arti. È raro, ma non impossibile, quando la malattia si trova a uno stadio avanzato, l’interessamento di vasi sanguigni localizzati in altre zone del corpo.
Alcuni ricercatori ritengono che il morbo di Buerger sia praticamente indistinguibile da alcuni tipi di aterosclerosi, di embolia sistemica o trombosi periferica idiopatica, ma la stragrande maggioranza degli autori ritengono che la patologia in questione abbia caratteristiche cliniche sufficientemente distintive per poter essere considerata come entità nosologica a sé stante.
Il morbo di Buerger è una patologia diffusa a livello globale; si registra però una sua maggiore incidenza nei Paesi asiatici e in quelli dell’Europa dell’Est; la sua prevalenza aumenta nei Paesi con più elevato consumo di tabacco pro capite.
La malattia colpisce soprattutto i maschi fumatori di età compresa fra i 20 e i 40 anni circa; negli ultimi anni, con l’aumento del vizio del fumo nei soggetti di sesso femminile, si è registrato un lieve aumento dei casi anche nelle donne; attualmente, comunque essi rappresentano soltanto il 5% circa dei casi totali della malattia.
Le cause
Il morbo di Buerger è una malattia dalle cause sconosciute; dal momento che però non esistono casi documentati di tromboangioite obliterante in soggetti non fumatori, è chiara la stretta associazione con il fumo di sigaretta.
Alcuni autori hanno avanzato l’ipotesi dell’esistenza di un meccanismo di natura autoimmunitaria, con ipersensibilità cellulo-mediata verso il collagene umano di tipo I e III, costituenti della parete dei vasi. Esisterebbe inoltre una predisposizione genetica, con importanti variazioni di incidenza nelle varie popolazioni (piuttosto bassa in Europa e negli USA, molto elevata in India, Corea e Giappone ed elevatissima in Israele).
Diversamente da quanto accade con l’aterosclerosi, la malattia di Buerger non coinvolge le arterie coronarie.
Sintomi e segni del morbo di Buerger
I sintomi e i segni sono pressoché quelli dell’ischemia arteriosa e della tromboflebite superficiale. In circa il 40% dei casi è presente una storia di flebiti migranti (generalmente interessanti le vene superficiali della gamba o del piede).
La patologia esordisce in modo graduale a partire dai vasi più distali degli arti superiori e inferiori fino ad arrivare alle zone più prossimali. Il rischio di gangrena è elevato.
Prima che la malattia diventi clinicamente evidente molti soggetti riferiscono sensazione di freddo, formicolio e bruciore; il fenomeno di Raynaud è evenienza comune.
A carico dell’arto interessato (generalmente l’arcata plantare o la gamba, anche se la malattia può manifestarsi alle mani) si registra claudicatio intermittens (zoppia intermittente).

Il morbo di Buerger colpisce soprattutto i maschi fumatori di età compresa fra i 20 e i 40 anni circa.
Nel caso di ischemia grave, come accade per esempio quando ci si trova a uno stadio pregangrenoso o nel caso di ulcere o cancrena, il dolore si fa continuo. Frequenti la sensazione di freddo, la sudorazione e la cianosi dell’arto colpito.
I polsi arteriosi di una o più delle arterie del piede e, frequentemente, dell’arteria radiale sono ridotti o addirittura assenti. Spesso si osservano variazioni del colore della cute al cambio di postura (per esempio, si può notare pallore quando l’arto viene sollevato e rossore quando invece viene abbassato).
La gangrena può verificarsi precocemente nel corso della patologia, anche se non in modo acuto.
Diagnosi
Generalmente si arriva alla diagnosi di morbo di Buerger nel corso dell’esame clinico; è necessaria la storia di fumo e la presenza della sintomatologia precedentemente descritta.
Fra gli esami a cui si ricorre si ricordano la pletismografia e l’ecodoppler degli arti superiori o inferiori.
Gli esami ematochimici vengono eseguiti allo scopo di escludere una patologia autoimmune, una condizione di ipercoagulabilità o il diabete mellito.
Raramente è necessario ricorrere alla biopsia del vaso.
Cura del morbo di Buerger
La cessazione del fumo è assolutamente necessaria e deve essere immediata (il rischio di amputazione è concreto se questa indicazione non viene rispettata). Anche il fumo passivo deve essere assolutamente evitato.
È poi importante praticare una terapia di supporto il cui scopo è quello di massimizzare l’apporto di sangue; vanno evitati i farmaci che inducono vasocostrizione e anche l’esposizione al freddo; vanno accuratamente evitati anche i traumi termici, chimici e meccanici.
Nel caso in cui non siano presenti ulcerazioni, gangrena o dolore a riposo è opportuno che il soggetto cammini per circa 30 minuti un paio di volte al giorno; se invece sono presenti tali sintomi e segni, potrebbe essere necessario il riposo a letto; l’arto interessato va accuratamente protetto con bendaggi o con gommapiuma.
La testata del letto deve essere sollevata in modo da facilitare il flusso arterioso (sono sufficienti 15 cm circa).
Il ricorso a corticosteroidi, anticoagulanti e antibiotici non risulta utile.
A seconda dei casi potrebbero essere prescritti pentossifillina (un antitrombotico), inibitori del trombossano e calcioantagonisti.
Durante la fase di remissione della malattia, la residua insufficienza arteriosa può essere trattata, se ricorrono determinate condizioni, con il ricorso alla simpatectomia dorsale o lombare.
L’intervento di bypass è raramente indicato dal momento che raro è l’interessamento dei grossi vasi.
* La patologia prende il nome del medico che per primo, nel 1908, la descrisse con una certa accuratezza, Leo Buerger, che la denominò tromboangioite obliterante; circa una trentina di anni prima, nel 1879 per la precisione, Von Winiwarter aveva descritto un caso di gangrena delle dita dei piedi che in seguito fu considerato come tipico morbo di Buerger; altri autori però riconobbero nella descrizione di Winiwarter degli elementi caratteristici e peculiari che facevano ritenere loro che l’affezione descritta dovesse essere considerata un’entità nosologica a sé stante.
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