Metatarsalgia è un termine generico con cui si fa riferimento a uno stato doloroso che interessa le teste dei metatarsi (letteralmente il termine significa infatti dolore al metatarso). Il metatarso è una parte dello scheletro del piede costituito da cinque ossa lunghe e sottili (ossa metatarsali appunto) che si trovano tra le ossa tarsali (ovvero le ossa che formano la caviglia) e le falangi (le ossa delle dita). La metatarsalgia è provocata dalla compressione del nervo plantare digitale o da problemi di sovraccarico in presenza di avampiede rotondo e convesso. Da un punto di vista anatomico, avampiede rotondo e problemi ai legamenti dei metatarsi favoriscono le compressioni del nervo plantare digitale. In questi casi possono comparire anche neuromi e artrosi a carico dei metatarsi e delle falangi. Nell’immagine sottostante (fonte: metatarsalgia.it) la rappresentazione delle ossa metatarsali e delle zone ove viene avvertito il dolore.
La metatarsalgia può interessare sia soggetti sedentari (il sovrappeso o l’obesità sono fattori di rischio importanti, così come l’indossare frequentemente scarpe con tacchi alti o che fasciano troppo strettamente il piede) che soggetti sportivi; fra gli sport più a rischio per lo sviluppo di metatarsalgia vanno ricordati il baseball, il basket, il calcio (i più attempati ricorderanno che le prestazioni di Giancarlo Antognoni al mondiale di calcio del 1978 in Argentina furono pesantemente condizionate dalla metatarsalgia), la corsa, il tennis ecc..
Cause
Le cause della metatarsalgia sono svariate; può aiutarci nella loro definizione fare riferimento alla principale classificazione delle metatarsalgie la quale distingue fra metatarsalgie biomeccaniche e metatarsalgie non biomeccaniche.
Le forme di metatarsalgia biomeccanica (le più frequenti) derivano da uno squilibrio del carico dell’avampiede al suolo (di norma il problema riguarda il II e il III metatarsale); lo squilibrio del carico può essere provocato da:
- un’anomala lunghezza dei raggi metatarsali
- un’anomala posizione dei raggi metatarsali (come nel caso del cosiddetto “piede equino”, una deformità in cui l’asse del piede forma, con l’asse della gamba un angolo >90 gradi).
- un’anomala motilità dei raggi o rigidità di un’articolazione prossimale (per esempio l’articolazione di Lisfranc cioè l’articolazione tra il I e il II osso metatarsale con l’osso cuneiforme mediale e quello cuneiforme intermedio).
Le forme di metatarsalgia non biomeccanica (meno comuni) derivano da un interessamento flogistico articolare oppure para-articolare causato sia da patologie sistemiche (artrite reumatoide, diabete mellito, lupus eritematoso sistemico ecc.) o da affezioni a carattere locale come, per esempio, un’artrite settica o una patologia che interessa i nervi plantari (tipico caso il neuroma di Morton, una sindrome nella rientrano vari quadri patologici, da quelli iniziali di compressione del nervo plantare digitale al di sotto del legamento intermetatarsale trasverso a quelli più evoluti caratterizzati da un rigonfiamento vero e proprio del nervo digitale).
Metatarsalgia – Sintomi
Nella gran parte dei casi di metatarsalgia il soggetto presenta delle callosità plantari a livello dei metatarsi centrali che sono espressione di un sovraccarico metatarsale localizzato. Agli inizi, dette callosità non danno luogo ad alcun sintomo, ma, con il passare del tempo, il soggetto inizia ad avvertire dolore nelle aree indicate nel corso della deambulazione.
Il dolore può essere bruciante, talvolta è intermittente e particolarmente intenso; la funzionalità e la sensibilità dell’avampiede e delle dita sono ridotte; nella fase acuta il dolore è tale che persino il semplice cammino è particolarmente difficoltoso mentre la corsa è addirittura impossibile. In alcuni casi, nel soggetto si strutturano delle anomalie di appoggio che sono finalizzate a evitare i punti che arrecano dolore.
Il problema, come accennato nel paragrafo iniziale, è accentuato dall’utilizzo di scarpe strette, scarpe con la suola rigida e scarpe con i tacchi.
Diagnosi
La diagnosi di metatarsalgia richiede un esame clinico molto accurato; lo specialista, basandosi sull’anamnesi controllerà i sintomi del paziente e ricercherà eventuali segni (la presenza di callosità).
Gli esami strumentali a cui si può ricorrere sono la radiografia, che può aiutare a evidenziati alterazioni di carattere anatomico o di tipo biomeccanico, oppure, se si sospetta la presenza di un neuroma di Morton, l’ecografia (l’esame dei tessuti molli richiede una visita ecografica).
Un altro esame strumentale che alcuni medici suggeriscono è la baropodometria, un test che consente di analizzare il piede anatomicamente e funzionalmente attraverso il rilievo delle pressioni da esso esercitate al suolo nella stazione eretta e nella deambulazione.

Metatarsalgia è un termine generico con cui si fa riferimento a uno stato doloroso che interessa le teste dei metatarsi
Metatarsalgia – Rimedi
La prima cosa da fare per combattere la metatarsalgia è individuarne le cause (vedi paragrafi precedenti). Cosa fare una volta stabilite le origini del problema? Proviamo a rispondere facendo riferimento alle cause più frequenti ovvero:
- una patologia di tipo degenerativo, infiammatorio o neoplastico. Un caso comune è rappresentato dal già citato neuroma di Morton;
- Un sovraccarico allenante, cioè un errore per qualità e/o quantità dell’allenamento in un soggetto già anatomicamente predisposto;
- una metatarsalgia biomeccanica, cioè dovuta a un’alterazione della funzione di carico del piede.
I punti 2 e 3 sembrerebbero equivalenti; in realtà c’è una differenza sostanziale. Nel caso 2 il piede è in grado di arrivare a un certo carico, anche interessante, mentre nel caso 3 non è in grado di gestire un carico allenante. Vedremo che la differenza sarà fondamentale quando si esamineranno i possibili rimedi.
In qualunque caso è necessario un periodo di stop di 15 giorni. Durante tale periodo è possibile eseguire un esame radiografico e un’ecografia per determinare la presenza di un neuroma o altre eventuali anomalie. Di solito con un periodo di stop di 15 giorni i casi 2) rientrano. Se dopo 15 giorni di stop il problema permane non resta che l’intervento dello specialista (ecco come sceglierlo).
Oltre all’esame obiettivo, che mette in evidenza forti dolori alla pressopalpazione, e l’esame dei referti radiografici, l’ortopedico potrà intervenire:
a) curando la patologia responsabile (per esempio, nel caso di un neuroma di Morton consigliando un intervento chirurgico);
b) con infiltrazioni nella zona interessata (nel solo caso 2, nel caso 3 non risolverebbero nulla);
c) consigliando eventualmente ortesi plantari. Il plantare deve essere impiegato solo in soggetti che hanno iniziato a correre da poco e hanno presentato il problema ai primi allenamenti impegnativi.
Usare un plantare in atleti che hanno presentato la metatarsalgia dopo anni di attività può essere controindicato perché sicuramente hanno messo in atto meccanismi di compensazione che solo l’età (per esempio l’insorgenza di artrosi) ha rimosso.
Ristabilendo l’equilibrio del piede, il plantare può alterare l’equilibrio di altri distretti (ginocchio, achilleo ecc.) che si erano adattati perfettamente alla situazione biomeccanica errata del piede. L’alternativa al plantare è l’intervento chirurgico.
La chirurgia percutanea consente la cura della metatarsalgia tramite piccole osteotomie di arretramento e sollevamento delle teste metatarsali dolenti. Il chirurgo effettua alcune piccole incisioni del piede che gli permetto di intervenire a livello del collo delle teste metatarsali interessate dal problema. Le osteotomie non vengono fissate, ma lasciate libere; in seguito, l’utilizzo della scarpetta rigida e il carico immediato permetteranno il giusto e corretto riposizionamento.
La riabilitazione prevede una ginnastica specifica e attività alternative alla corsa (per esempio nuoto o corsa in acqua).
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