Malattia infiammatoria pelvica (anche PID, acronimo dei termini inglesi Pelvic Inflammatory Disease) è una locuzione che indica un processo infiammatorio, a carattere acuto, subacuto o cronico, che colpisce gli organi riproduttivi della donna e le strutture a essi adiacenti; le sedi che più frequentemente sono interessate dalla malattia infiammatoria pelvica sono le tube di Falloppio, meno spesso sono interessati l’utero, le ovaie e il peritoneo pelvico.
La malattia infiammatoria pelvica è la causa più importante di danno alle tube; si stima inoltre che siano da attribuire a questa patologia circa la metà delle gravidanze extrauterine e il 40% circa dei casi di infertilità primaria.
La patologia colpisce con maggiore frequenza le donne sessualmente attive che hanno un’età compresa tra i 15 e i 44 anni circa; all’interno di questa fascia di età, il picco si registra tra le donne di età compresa tra i 20 e i 25 anni. Non si hanno dati particolarmente precisi sull’incidenza di questa patologia; negli USA si stimano circa un milione di casi all’anno.
Malattia infiammatoria pelvica: le cause e i fattori di rischio
Le cause della malattia infiammatoria pelvica sono essenzialmente da ricercarsi in agenti infettivi trasmessi per via sessuale quali Neisseria gonorrhoeae (il principale agente eziologico), Chlamidya trachomatis, Mycoplasma hominis, Escherichia coli ecc. In vari casi l’infezione è multipla (vari agenti microbici responsabili).
L’infezione si trasmette per via ascendente; rarissimamente è legata a un focolaio infettivo extragenitale che raggiunge l’apparato riproduttivo per via linfatica, ematogena o per continuità.
Tra i principali fattori di rischio vanno segnalati promiscuità sessuale, precocità dei primi rapporti sessuali, prostituzione, inserimento di dispositivi intrauterini, igiene personale intima non adeguata (scarsa o eccessiva), storia precedente di malattia infiammatoria pelvica, interruzione volontaria di gravidanza, mancato utilizzo di contraccettivi di barriera, parto, biopsia endometriale e tossicodipendenza.
Segni e sintomi di malattia infiammatoria pelvica
Il sintomo che si riscontra con maggiore frequenza nella malattia infiammatoria pelvica è senz’altro il dolore, più o meno intenso, localizzato al basso ventre; questo sintomo si riscontra spesso nei giorni del flusso mestruale o in quelli immediatamente successivi.
Altri segni e sintomi, più evidenti nelle forme acute della patologia, sono il dolore nel corso dei rapporti sessuali (dispareunia), flusso mestruale particolarmente abbondante (ipermenorrea), spotting intermestruale (perdite di sangue tra un flusso mestruale e il successivo), lombalgia, febbre (37,5-38 °C circa), brividi, perdite vaginali maleodoranti (leucoxantorrea), mal di stomaco, diarrea, minzione dolorosa, vomito ecc.
Va ricordato che in alcuni casi la malattia decorre senza sintomi particolarmente evidenti, a volte, seppur molto raramente, la sintomatologia è così lieve da passare inosservata, cosa che nel lungo termine può dar luogo a complicazioni anche gravi (si favorisce la trasmissione per via sessuale e si possono riportare danni permanenti agli organi riproduttivi).

Il dolore è il sintomo più comune della malattia infiammatoria pelvica
Complicanze
Se la malattia infiammatoria pelvica viene trascurata (o per negligenza oppure perché la sintomatologia è praticamente assente), si rischia la cronicizzazione; c’è quindi il rischio di gravi complicanze quali sterilità, infertilità, infezioni ricorrenti a carico dell’apparato genitale, ascesso pelvico, dolore pelvico ricorrente, gravidanza extrauterina ecc.
Diagnosi di malattia infiammatoria pelvica
La diagnosi di malattia infiammatoria pelvica può non essere agevole; come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, i sintomi più frequenti sono piuttosto aspecifici e di comune riscontro in numerose altre patologie. Di fondamentale importanza sono un’accurata anamnesi che comprenda anche le abitudini sessuali del partner della paziente nonché un’accurata visita ginecologica.
Fra i vari esami clinici di cui può avvalersi lo specialista, vanno ricordati l’esame colturale di campioni cellulari della cervice allo scopo verificare l’eventuale presenza dei microrganismi principalmente responsabili del problema, la biopsia endometriale, la laparoscopia, l’ecografia transvaginale e gli esami ematochimici (in caso di malattia infiammatoria pelvica si riscontrano generalmente VES elevata, neutrofilia (leucocitosi neutrofila, ovvero aumento del numero dei granulociti neutrofili) e PCR elevata.
Trattamento della malattia infiammatoria pelvica
La terapia delle forme acute non complicate si avvale di farmaci antibiotici (eventualmente possono essere associati farmaci analgesici (antidolorifici) per eliminare o quantomeno ridurre il dolore pelvico); la scelta del farmaco dipende dall’agente causale; dal momento che la causa è spesso multimicrobica vengono prescritti antibiotici ad ampio spettro che coprano gli agenti eziologici più comunemente coinvolti.
Fra i farmaci più frequentemente utilizzati vi sono le cefalosporine, il chinolone, la doxiciclina e il metronidazolo. La terapia antibiotica deve essere estesa anche al partner sessuale. Nel corso del trattamento è opportuno astenersi dai rapporti sessuali. Le forme più gravi possono richiedere il ricovero in ambito ospedaliero.
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