La listeriosi (anche infezione da Listeria) è una patologia infettiva causata da Listeria monocytogenes, un batterio Gram-positivo.
La listeriosi è solitamente dovuta all’ingestione di cibo contaminato e viene quindi classificata fra le patologie che vengono contratte attraverso gli alimenti (tossinfezioni alimentari).
Il batterio che provoca la listeriosi è ubiquitario, molto diffuso nell’ambiente e si trova comunemente nel suolo, nelle acque, nella vegetazione e nelle feci di molte specie animali, senza che queste mostrino particolari sintomi.
Il rischio di sviluppare la listeriosi si ha anche con livelli di carica batterica non particolarmente elevati.
Il Listeria monocytogenes è in grado di contaminare qualsiasi livello della catena produttiva e di consumo degli alimenti. È inoltre in grado di crescere e riprodursi a temperature che vanno da 0 a 45 °C; ha la tendenza a persistere nell’ambiente e quindi può essere presente anche nei cibi trasformati, conservati e sottoposti a refrigerazione.
Listeriosi: i cibi più a rischio
I cibi maggiormente associati all’infezione da Listeria sono: carni, pesci, verdure crude, latte non pastorizzato, latticini, formaggi molli, burro, alimenti trasformati e pronti all’uso come, per esempio, hot-dog, carni fredde, insalate preconfezionate, panini ecc.
Più rara, ma possibile, l’infezione da contatto con animali, persone o ambienti contaminati.
I soggetti che corrono maggiori rischi di contrarre l’infezione sono le persone anziane, le donne in stato interessante, i neonati e i soggetti immunodepressi.
Il tempo di incubazione della patologia è variabile, ma, mediamente, si aggira sulle 3 settimane. In letteratura sono descritti casi di incubazioni più lunghe e anche di forme di relativa benignità con tempi di comparsa piuttosto rapidi (dalle 12 alle 48 ore circa).
Nei Paesi occidentali, le infezioni da Listeria stanno diventando un importante problema di sanità pubblica. Infatti, per quanto la patologia sia considerata relativamente rara, il suo quadro clinico può essere particolarmente serio e il tasso di mortalità nei soggetti a rischio non è trascurabile. Negli ultimi anni sono sempre diventate più frequenti le epidemie legate alla distribuzione di alimenti contaminati tramite importanti catene di ristorazione.
Segni e sintomi di infezione da Listeria
Come accennato in precedenza, la listeriosi può instaurarsi anche con bassi livelli di carica batterica; va però precisato che, nella gran parte dei soggetti adulti in buone condizioni di salute, l’infezione può essere asintomatica o paucisintomatica (manifestazioni cliniche non particolarmente fastidiose). Ovviamente la questione cambia se i livelli di contaminazione sono elevati.
I principali segni e sintomi dell’infezione riguardano l’apparato gastrointestinale.
La patologia, come ricordato dall’Istituto Superiore di Sanità, può assumere varie forme cliniche: si va dalla gastroenterite acuta febbrile (manifestazione classica di molte tossinfezioni alimentari) a quella sistemica.
Le donne in stato interessante manifestano generalmente una sindrome simil-influenzale con febbre, dolori e affaticamento. È doveroso segnalare che le infezioni da Listeria contratte in gravidanza possono avere conseguenze gravi (listeriosi congenita, parto prematuro) o financo fatali (aborto spontaneo o morte fetale).
Nei soggetti immunocompromessi e nelle persone anziane le infezioni da Listeria possono essere causa di condizioni patologiche temibili quali setticemia, encefalite e meningite.
Nei casi gravi la prognosi è solitamente infausta.
Diagnosi
La diagnosi di listeriosi può essere effettuata attraverso le analisi del sangue e le analisi del liquido spinale.
Infezione da Listeria: terapia e prevenzione
La listeriosi è un’infezione batterica e, conseguentemente, viene trattata attraverso la somministrazione di antibiotici fra cui coumermicina, rifampicina, ampicillina e antibiotici amminoglicosidici.
La prevenzione della listeriosi passa attraverso l’attuazione delle normali norme igieniche previste per tutte le altre tossinfezioni di origine alimentare.
Nel caso di donne in stato interessante, se somministrata precocemente, la terapia antibiotica può prevenire la trasmissione della patologia al feto.
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