La leucemia mieloide acuta (LMA) è la forma di leucemia acuta che più frequentemente si riscontra negli adulti anziani di età superiore ai 60 anni; è piuttosto rara nei soggetti di età inferiore ai 45 anni; entrambi i sessi possono essere colpiti dalla malattia, ma si registra una lieve predilezione per il sesso maschile.
Nel nostro Paese la leucemia mieloide acuta colpisce ogni anno circa 2.100 persone (circa 1.200 uomini e circa 900 donne); sempre per quanto riguarda l’Italia, la leucemia mieloide acuta rappresenta circa il 13% delle leucemie che colpiscono i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni.
Gli attuali trattamenti chemioterapici consentono buoni risultati, anche se molto rimane da fare. Nei soggetti giovani si arrivano a ottenere tra il 60 e l’80% di remissioni complete e una sopravvivenza libera dalla malattia in circa il 30-40% dei casi.
Leucemia mieloide acuta: cause
Le cause della leucemia mieloide acuta non sono note; è però noto che vi sono vari fattori che aumentano il rischio di contrarre la patologia quali, per esempio, l’esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti, l’esposizione cronica al benzene e ai suoi derivati, le terapie con i farmaci alchilanti ecc.
Si tratta, sostanzialmente, di fattori che concorrono allo sviluppo di mutazioni o di altre aberrazioni cromosomiche che in una grande percentuale dei casi sono riscontrabili alla diagnosi di leucemia mieloide acuta.
Leucemia mieloide acuta: tipologie
Esistono diverse tipologie di leucemia mieloide acuta, ma essenzialmente possiamo distinguere tre grandi categorie:
- leucemie mieloidi acute primarie (ovvero a insorgenza primitiva, dette anche “de novo”)
- leucemie mieloidi acute secondarie a una precedente sindrome mielodisplastica o a una precedente sindrome mieloproliferativa cronica
- leucemie mieloidi acute secondarie all’esposizione prolungata ad agenti tossici e/o a precedenti chemioterapia e/o radioterapia.
Le LMA secondarie all’esposizione prolungata ad agenti tossici e/o a precedenti chemioterapia e/o radioterapia hanno solitamente una prognosi più sfavorevole.
Nel 2008, l’OMS ha effettuato una revisione delle classificazioni relative alle leucemie mieloidi acute arrivando alla seguente suddivisione generale:
- Leucemia mieloide acuta con ricorrenti anomalie genetiche
- Leucemia mieloide acuta secondaria a sindromi mielodisplastiche
- Leucemia mieloide acuta secondaria a chemioterapia/radioterapia
- Leucemia mieloide acuta non altrimenti specificata
- Sarcoma mieloide
- Leucemia mieloide acuta associata a sindrome di Down.
Per completezza vanno ricordate delle forme ibride di leucemia mieloide acuta nelle quali, tramite la caratterizzazione immunofenotipica si riscontrano blasti sia della linea linfoide che mieloide.
Segni e sintomi di leucemia mieloide acuta
Generalmente i segni e sintomi della leucemia mieloide acuta si manifestano precocemente e, di solito, la diagnosi viene effettuata poco tempo dopo.
In molti casi, nelle fasi iniziali la malattia si manifesta in modo alquanto specifico con segni e sintomi quali stanchezza, calo dell’appetito, profusa sudorazione notturna e febbre. Con il progredire della patologia, l’anemia determina grande spossatezza e provoca pallore cutaneo; la piastrinopenia è causa di sanguinamenti (dalle gengive, dal naso ecc.); alla riduzione del numero di globuli bianchi normali consegue una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Tra i sintomi e i segni generali più comuni vengono riferiti diffusi dolori muscolari e osteo-articolari, sensazione di malessere generale e calo ponderale. La diffusione delle cellule neoplastiche in altri organi può causare splenomegalia (ingrossamento della milza) ed epatomegalia (ingrossamento del fegato). Se la diffusione della malattia interessa anche il sistema nervoso centrale (un’evenienza poco frequente) il soggetto può accusare mal di testa e altri segni neurologici (nausea, vomito ecc.).
Leucemia mieloide acuta: diagnosi
Se si sospetta la presenza di leucemia mieloide acuta è necessario sottoporsi a vari tipi di indagini; fra quelli più comunemente effettuati si ricordano:
- esame emocromocitometrico (noto anche come emocromo)
- Analisi morfologica (esame al microscopio ottico delle caratteristiche morfologiche delle cellule midollari presenti nei campioni di aspirato midollare o di sangue periferico); questo esame fornisce indicazioni diagnostiche e permette di definire la fase di malattia.
- Analisi citogenetica (serve a valutare il numero e la struttura dei cromosomi delle cellule leucemiche presenti nei campioni prelevati da midollo e sangue periferico; determinate alterazioni cromosomiche sono associate a una prognosi sfavorevole).
- Analisi immunofenotipica (serve a esaminare le caratteristiche di superficie delle cellule leucemiche facilitando la diagnosi e consentendo in alcuni casi la monitorizzazione nel tempo della risposta alle terapie intraprese).
- Analisi molecolare (serve a valutare la presenza di marker molecolari di malattia in grado di facilitare l’inquadramento prognostico e consentire nel tempo la monitorizzazione della risposta alle terapie intraprese. I marker molecolari insorgono da alterazioni cromosomiche o del DNA.
L’esecuzione di agoaspirato e biopsia del midollo osseo per l’inquadramento clinico-prognostico non è sempre ritenuta necessaria.
Altre indagini che vengono spesso eseguite in caso di leucemia mieloide acuta sono le ecografie, le radiografie, la TAC o la risonanza magnetica nucleare.
Allo scopo di verificare se la patologia ha interessato anche il sistema nervoso centrale viene eseguita anche la rachicentesi (nota anche come puntura lombare) ovvero la raccolta del liquor cerebrospinale tramite una puntura a livello della colonna vertebrale lombare.
Prognosi e sopravvivenza
La prognosi, nel caso di leucemia mieloide acuta, è influenzata vari fattori; fra quelli sfavorevoli vanno citati:
- età >60 anni
- presenza all’esordio della malattia di un valore di leucociti (globuli bianchi) >100.000/mmc
- presenza di cattive condizioni cliniche generali o di un’infezione non controllata all’esordio
- forme secondarie a precedenti sindromi mielodisplastiche o mieloproliferative
- forme secondarie a trattamenti chemio- o radioterapici
- presenza di determinate aberrazioni cromosomiche
- presenza di determinate mutazioni, delezioni o di aumentata espressione di alcuni geni
- espressione nelle cellule neoplastiche della proteina MDR-1 (Multi-Drug Resistance) che si associa a resistenza al trattamento con i farmaci antineoplastici.
Fra i fattori prognostici favorevoli si ricordano:
- età <60 anni
- buone condizioni cliniche all’esordio;
- presenza di alcune specifiche aberrazioni cromosomiche
- presenza di alcune specifiche mutazioni genetiche.
A livello pediatrico si è passati da una probabilità di cura del 30% circa negli anni ’80-’90 a una sopravvivenza libera da malattia a 8 anni superiore al 60%. Purtroppo, negli adulti le cose peggiorano, soprattutto perché la patologia è aggressiva, progredisce rapidamente e le persone anziane non riescono a tollerare i trattamenti aggressivi necessari per la guarigione; attualmente la percentuale di sopravvivenza a cinque anni è poco superiore al 20%.

La leucemia mieloide acuta è la forma di leucemia acuta che più frequentemente si riscontra negli adulti anziani di età superiore ai 60 anni.
Leucemia mieloide acuta: terapia
La terapia della leucemia mieloide acuta varia in base a diversi fattori; in primis dalle caratteristiche della patologia e da quelle del paziente.
Il trattamento di prima scelta è rappresentato dalla chemioterapia sistemica; la prima fase del trattamento è quella di induzione (si distruggono le cellule leucemiche presenti nel sangue e si riportano quelle presenti nel midollo osseo a livelli normali). Se la terapia dà gli effetti sperati si arriva alla cosiddetta remissione (ovvero blasti leucemici nel midollo osseo <5%, conta delle cellule del sangue normale e assenza di segni clinici della malattia); ha quindi inizio la seconda fase, quella del consolidamento; durante questa fase si punta a rafforzare i risultati ottenuti con l’induzione rimuovendo le ultime cellule neoplastiche. Ai chemioterapici che sono utilizzati durante la prima fase si ricorre anche durante la seconda fase, ma con dosaggi e tempistiche differenti.
Nel caso leucemia acuta promielocitica (LAP, una forma distinta di leucemia mieloide acuta caratterizzata da specifiche caratteristiche morfologiche, citogenetiche e biomolecolari e più frequente tra i giovani) si procede con la fase di mantenimento (chemioterapia a bassi dosaggi per mesi o per anni); nella LAP si ricorre a farmaci particolari (triossido di arsenico e acido all-trans retinoico) che non sono utilizzati nelle altre forme di leucemia mieloide acuta.
Terminata la fase di consolidamento è possibile procedere con un trapianto di cellule staminali emopoietiche (una modalità terapeutica adatta ai pazienti più giovani e a cui si può ricorrere dipendentemente dalla presenza di determinati fattori e, ovviamente, dalla disponibilità di un donatore).
Le cellule staminali possono essere trapiantate con trapianto autologo (si ricorre al sangue o al midollo osseo del paziente stesso) oppure con trapianto allogenico (da donatore); fra le altre cose, il trapianto ha il vantaggio di consentire di aumentare i dosaggi dei farmaci chemioterapici.
Nei soggetti più anziani o in quelli che comunque non sono in grado di tollerare alti dosaggi di chemioterapia, si procede con il trapianto a ridotta intensità; questa sorta di “mini-trapianto” permette di ricorrere a bassi dosaggi di chemioterapia e di sfruttare la capacità delle cellule trapiantate di innescare reazioni immunitarie contro le cellule leucemiche.
La chirurgia non ha ruolo alcuno nel trattamento della leucemia mieloide acuta, mentre la radioterapia può essere utile sia come preparazione al trapianto di cellule staminali, sia a fini palliativi, ovvero per ridurre il dolore nei soggetti in cui la malattia si trova in uno stadio avanzato e che non rispondono alle altre terapie.
Durante il trattamento è comune il ricorso alle cosiddette terapie di supporto (trasfusioni di globuli rossi e concentrati di piastrine, trattamenti antibiotici e antimicotici ecc.) allo scopo di combattere anemia, emorragie e malattie infettive.
In determinati casi (pazienti molto anziani e in cattive condizioni generali di salute) le terapie di supporto sono le uniche che è possibile intraprendere.
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