L’ipertrofia prostatica benigna è una delle patologie più diffuse relative alla prostata.
Superati i 40 anni di età, la prostata inizia generalmente un processo iperplastico che comporta un aumento del volume dell’organo. I vari studi indicano che l’ipertrofia prostatica benigna colpisce circa il 10% degli uomini di circa 40 anni; superati i 70 anni la percentuale di incidenza è decisamente elevata (80% circa); va però detto che soltanto nella metà dei casi l’ipertrofia prostatica benigna è sintomatica, ovvero comporta dei disturbi più o meno marcati.
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è detta anche adenomiofibroma prostatico, adenomatosi prostatica, allargamento benigno della prostata o, più correttamente, iperplasia prostatica benigna.
Le domande più comuni sull’ipertrofia prostatica benigna
Cosa vuol dire ipertrofia prostatica benigna?
L’espressione indica un aumento volumetrico (ipertrofia) benigno della prostata. Non si tratta di un tumore.
Cos’è la prostata?
La prostata è una ghiandola che fa parte dell’apparato riproduttivo maschile; la sua forma e le sue dimensioni ricordano quelle di una castagna (è spessa 25 mm, larga 4 cm e lunga 3; pesa circa 20 g); si trova sotto la vescica e davanti alla parete anteriore del retto. Le funzioni principali della prostata sono la produzione di un componente del liquido spermatico e l’eliminazione degli spermatozoi invecchiati (che hanno cioè 30 ore di vita).
Quali sono i sintomi della prostata ingrossata?
- necessità di urinare frequentemente (pollachiuria; più di otto volte nelle 24 ore), anche nelle ore notturne (nicturia)
- difficoltà nella minzione e un flusso di urina debole e intermittente
- dopo la minzione sensazione di non aver svuotato completamente la vescica
- perdita di gocce di urina quando la minzione sembra terminata.
Ipertrofia prostatica benigna: le cause
Nonostante le cause non siano state ancora definite con certezza, si suppone che, considerata la correlazione con l’aumento dell’età dei soggetti, il processo di ingrossamento sia dovuto a variazioni a livello ormonale. La patologia è cronica e progressiva e può, in diversi casi, nonostante la sua natura benigna, incidere significativamente sulla qualità della vita.
L’ingrossamento della prostata provoca un restringimento del primo tratto dell’uretra (la cosiddetta uretra prostatica) causando difficoltà a livello di deflusso urinario; la prima conseguenza di questa situazione è un “superlavoro” della vescica nel tentativo di espulsione dell’urina; questo superlavoro provoca una perdita di forza e di efficienza della vescica che diventa anche più soggetta a diverticoli, infezioni e calcolosi.
Sintomi e segni di ipertrofia prostatica benigna
Il sintomo principale dell’ipertrofia prostatica benigna è la diminuzione della forza del getto urinario in associazione alla difficoltà a iniziare il processo minzionatorio.
Un altro sintomo ricorrente è la cosiddetta pollachiuria ovvero l’aumento della frequenza della minzione; ciò avviene sia nelle ore diurne che in quelle notturne, in quest’ultimo caso si parla di nicturia.
Altri sintomi sono il bisogno di urinare urgentemente (urgenza minzionale, talvolta associata a piccolissime perdite involontarie di urina), minzione intermittente, flusso urinario rallentato, sensazione di vescica non completamente svuotata, gocciolamento post-minzionale e, ma più raramente, ematuria (presenza di sangue nelle urine), tenesmo (contrazione dolorosa dello sfintere urinario) e riduzione della libido.
Data una certa similitudine sintomatologica tra ipertrofia prostatica benigna e tumore alla prostata (carcinoma prostatico) è consigliabile, nel caso si avvertano alcuni dei sintomi sopradescritti, mettere in preventivo una visita urologica.
Diagnosi
L’esame per eccellenza per accertare l’eventuale presenza di ipertrofia prostatica è l’esplorazione rettale, un esame piuttosto semplice, non eccessivamente invasivo e caratterizzato da un’elevata attendibilità.
Per sottoporsi a questo esame, il paziente deve assumere generalmente la posizione prona e appoggiare i gomiti su un lettino posto di fronte. Il medico indossa un guanto e introduce, previa lubrificazione, il dito indice all’interno del retto. In caso di ipertrofia prostatica benigna la prostata viene avvertita come indurita e dolorante. L’esperienza del medico deve essere poi in grado di eseguire una diagnosi differenziale tra ipertrofia prostatica benigna e carcinoma prostatico.
Altri esami che possono venire richiesti dallo specialista sono l’ecografia vescicale, l’urografia endovenosa, la cistografia, il dosaggio ematico del antigene prostatico specifico (PSA), l’esame delle urine e la flussometria.
L’ecografia vescicale è un esame piuttosto semplice che non richiede una particolare preparazione se non il fatto di presentarsi a vescica piena (il paziente deve bere un litro d’acqua; il termine di questa operazione deve avvenire almeno un’ora prima dell’inizio dell’indagine ecografica; contemporaneamente deve esserci assenza di minzione da almeno due ore che diventano tre per quei soggetti che soffrono di ipertensione arteriosa); l’ecografia vescicale serve a valutare la grandezza della prostata, l’eventuale presenza di lobo medio e il ristagno urinario postminzionale.
L’urografia endovenosa viene generalmente eseguita in caso di ematuria. Serve a valutare le condizioni della parete della vescica, l’eventuale presenza di calcoli e/o di diverticoli vescicali e la quantità del residuo vescicale post-minzionale.
La cistografia (anche cistouretroscopia) è un esame che permette di visualizzare, con l’aiuto di un mezzo di contrasto, le parti interne dell’uretra, della prostata, del collo della vescica e della vescica stessa. Si effettua tramite uno strumento denominato cistoscopio che viene inserito in vescica tramite il condotto uretrale).
L’esame dell’antigene prostatico specifico (una glicoproteina la cui presenza a livello ematico tende a crescere nel caso di patologie prostatiche sia benigne che maligne) ha come scopo principale quello di escludere il ricorso a una biopsia prostatica, necessaria nel caso vi sia il sospetto di neoplasia; infatti, se i valori riscontrati sono compresi tra 20 e 30 ng/dl non è necessario procedere, salvo diverso parere medico, al prelievo bioptico perché tale range è piuttosto indicativo della presenza di una patologia a decorso benigno. Al contrario, se i valori sono superiori a quelli precedentemente indicati, è consigliabile il ricorso alla biopsia. È possibile approfondire questo argomento consultando il nostro articolo dedicato all’antigene prostatico specifico.
La flussometria (anche misurazione di portata e da non confondersi con la flussimetria fetale) è un esame non invasivo, semplice e non dispendioso che serve per misurare il volume di urina che viene espulsa durante la minzione nell’unità di tempo (ml/s). L’attendibilità dell’esame è in relazione alla quantità dell’urina emessa (deve essere >120 ml); un valore di flusso massimo superiore 15 ml/s indica l’assenza di ostruzione; un valore compreso tra 10 e 15 ml/s è di dubbia interpretazione mentre un valore di flusso massimo inferiore a 10 ml/s deve far sospettare la presenza di un’ostruzione. È consigliabile, dopo la valutazione flussometrica, valutare anche il cosiddetto RPM, il residuo vescicale postminzionale cioè il volume residuo di urina che permane eventualmente in vescica dopo la minzione); sostanzialmente, lo scopo della flussometria è la valutazione del grado di ostruzione uretrale.
L’esame delle urine serve ad accertare l’eventuale presenza di globuli bianchi (la rilevazione di leucociti nelle urine deve far sospettare la presenza di una probabile infezione a carico dell’apparato escretore) o di emazie.

La prevenzione andrologica è importante per curare in tempo l’ipertrofia prostatica benigna
Terapia per l’ipertrofia prostatica benigna
Vi sono molte forme di trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna che sono utilizzate o no a seconda del livello di gravità della patologia. Le tipologie di trattamento possono essere suddivise sostanzialmente in quattro gruppi:
- Terapie farmacologiche
- Terapie termiche
- Trattamenti chirurgici
- Fotovaporizzazione Selettiva.
Terapie farmacologiche – Nelle forme di ipertrofia prostatica di lieve entità (le cosiddette IPB di primo grado) il trattamento è quasi sempre di tipo farmacologico. Esistono diverse tipologie di farmaci per la cura dell’IPB; alcuni (i cosiddetti farmaci ormono-soppressori) agiscono inibendo la trasformazione del testosterone nel metabolita DHT (diidrotestosterone), responsabile dell’ingrossamento della prostata; fanno parte di questa categoria la dutasteride e la finasteride (ulteriori informazioni possono essere reperite nel nostro articolo Finasteride); altri farmaci (i cosiddetti farmaci alfa-litici come, per esempio, la terazosina, la tamsulosina, la doxazosina e l’alfuzosina) agiscono invece rilassando la muscolatura del collo vescicale, dell’uretra prostatica e della prostata migliorando di conseguenza la minzione. I problemi maggiori del ricorso ai farmaci sono legati agli effetti collaterali (deficit erettivi, eiaculazione retrograda, ginecomastia, ipotensione, emicrania, vertigini ecc.), al fatto che l’efficacia tende comunque a diminuire nell’uso a lungo termine e al costo non indifferente considerando che questi tipi di trattamento farmacologico vanno seguiti per periodi di tempo non minimali (occorrono almeno sei mesi per poter valutare il grado di efficacia della terapia intrapresa).
Un certo interesse sembra rivestirlo un prodotto fitoterapico, il palmetto seghettato (Serenoa repens), il cui principio attivo è in grado di inibire (come nel caso della finasteride e della dutasteride) la 5-alfa-reduttasi. Diversi i farmaci che impiegano questo principio attivo; fra questi si ricordano Permixon, Prostamol e Saba.
Terapie termiche – Le più comuni terapie di tipo termico utilizzate nel trattamento dell’ipertrofia prostatica sono tre: TUMT, TUNA, ILC.
La TUMT (Trans-Urethral Microwave Thermotherapy, termoterapia transuretrale a microonde) consiste nell’inserimento in uretra di una sonda che produce onde termiche che inducono la necrosi del tessuto prostatico. Dopo l’operazione è previsto un breve periodo di cateterizzazione; il decorso post-intervento richiede circa due mesi.
La TUNA (Trans-Urethral Needle Ablation of the prostate, ablazione prostatica con ago a radiofrequenza) permette l’ablazione del tessuto prostatico utilizzando l’emissione di radiofrequenze. Cateterizzazione e decorso post-operatorio sono simili a quelli della termoterapia transuretrale. TUMT e TUNA sono indicate per prostate il cui peso non superi i 50 g. La ILC (Interstitial Laser Coagulation, coagulazione laser interstiziale) è una tecnica che si basa sulla coagulazione del tessuto della prostata tramite energia laser che viene emessa da una fibra infissa nel tessuto stesso. L’intervento richiede una cateterizzazione di una o due settimane e un decorso post-intervento che va dai due ai tre mesi.
Trattamenti chirurgici – I principali trattamenti chirurgici per l’ipertrofia prostatica benigna sono la TURP, la prostatectomia semplice, l’HoLEP, la TUIP e la TULIP.
La TURP (Trans-Urethral Resection of the Prostate, resezione transuretrale della prostata) è un’operazione in endoscopia effettuata tramite uno strumento chiamato resettoscopio dotato di un bisturi che taglia il tessuto che verrà trasportato in vescica da un liquido di irrigazione per poi essere aspirato con una siringa. La cateterizzazione va dai tre ai cinque giorni. Il decorso post-operatorio va da uno a due mesi. Talvolta, quando non è possibile ricorrere alla TURP, si deve procedere con un’operazione di prostatectomia semplice. Il chirurgo incide l’addome, poi la vescica e procede con la rimozione della prostata dopodiché provvede a risuturare la vescica. La cateterizzazione va dai 4 ai 5 giorni. Il decorso post-intervento richiede circa due mesi.
La HoLEP (Holmium Laser Enucleation of Prostate, enucleazione prostatica tramite laser a Holmio) è una tecnica chirurgica che si effettua per via endoscopica; dopo aver inserito una sonda laser per via transuretrale, si procede con l’incisione della prostata e la successiva enucleazione dell’adenoma prostatico staccandolo dalla parte sana dell’organo. La cateterizzazione dura uno o due giorni.
La TUIP (Trans-Urethral Incision of the Prostate, incisione transuretrale della prostata) è un intervento effettuato con tecnica endoscopica ed è indicato per prostate dal peso inferiore ai 30 g e che non presentino sviluppo di lobo medio. Nel corso di questo intervento vengono praticate uno o due incisioni della prostata senza effettuare asportazione di tessuto. L’intervento è di breve durata, la cateterizzazione dura un giorno o due e anche la degenza risulta più breve che negli altri tipi di trattamento chirurgico.
La TULIP (Trans-Urethral Laser Incision of the Prostate, incisione prostatica transuretrale mediante laser) si effettua introducendo nell’uretra prostatica una sonda che emana un raggio laser indirizzato sulla lesione. I tempi di cateterizzazione e decorso post-operatorio sono leggermente più lunghi rispetto a quelli relativi alla tecnica TUIP.
Fotovaporizzazione selettiva – La fotovaporizzazione selettiva (Green Light PVP) è una tecnica che utilizza un laser a luce verde che provoca la fotovaporizzazione della lesione. È un’operazione piuttosto rapida che richiede poche ore di cateterizzazione e tempi di ripresa non superiori alle due settimane.
Alcuni accorgimenti per controllare i sintomi dell’ipertrofia prostatica
A prescindere dalla tipologia di trattamento che verrà utilizzata, si possono comunque adottare alcuni accorgimenti che a volte consentono almeno di tenere sotto controllo i sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna: cercare di bere poco la sera per evitare di doversi alzare a urinare durante la notte, cercare di svuotare completamente la vescica (per esempio urinando stando seduti), evitare gli alcolici (che possono causare una congestione della prostata), svolgere attività fisica (la sedentarietà, come noto, provoca ritenzione urinaria).
Il questionario IPSS (International Prostate Symptom Score)
Uno strumento utilizzato per valutare il grado di progressione dell’ipertrofia prostatica e il profilo di rischio è il questionario IPSS, questionario che ha lo scopo di oggettivare la sintomatologia; esso consta di otto domande, le prime sette sono relative alla funzionalità della minzione mentre l’ottava riguarda la qualità della vita.
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