L’infarto da cocaina è una patologia che rientra nel grande gruppo delle cosiddette “malattie cardiache da droga” e sta purtroppo diventando una malattia sociale.
Secondo dati recentissimi, tra il 6 e il 12% della popolazione italiana concentrata nelle grandi aree metropolitane fa uso di cocaina e ciò sembra intimamente correlato all’incremento delle patologie cardiovascolari, infarto miocardico in primis (“il dato estremamente allarmante e incontrovertibile del costante aumento di malattie cardiache determinate dall’uso di cocaina e altre sostanze stupefacenti” spiega Andrea Frustaci professore aggregato di Cardiologia Cellulare e Molecolare all’Università Sapienza di Roma).
Il dato, piuttosto sconcertante, è stato reso noto nel corso della seconda giornata del Terzo Congresso SIC (Società Italiana di Cardiologia) – Anmco (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) di Lecce (novembre 2016).
L’utilizzo massiccio di sostanze stupefacenti, cocaina compresa, è stato individuato attraverso le analisi dei metaboliti della cocaina nelle acque di scarico e anche, sempre più frequentemente, tramite le analisi del sangue, delle urine e dei capelli dei pazienti considerati “sospetti” (i metaboliti della cocaina permangono diversi giorni nel sangue e per diversi mesi, nel caso di utilizzo cronico, nei capelli) e anche attraverso metodiche di indagine più sofisticate. La biopsia cardiaca, per esempio, permette di rilevare sul muscolo cardiaco lesioni considerate “sospette”.
Non sempre è immediato per il cardiologo capire quali siano i soggetti che fanno utilizzo di stupefacenti; questo perché chi si sottopone a visita in seguito a disturbi relativi all’apparato cardiovascolare (angina pectoris, aritmia cardiaca, ipertensione arteriosa, ischemia miocardica, infarto del miocardio) è ovviamente restio a rivelare l’utilizzo abituale di cocaina o altre sostanze stupefacenti.
Si tratta chiaramente di un atteggiamento sicuramente controproducente in quanto le patologie cardiache causate da assunzione di cocaina necessitano di interventi terapeutici differenziali rispetto alle cardiopatie provocate da altri fattori e, peraltro, il ricorso a determinati farmaci può essere controindicato.
Secondo gli esperti, l’incremento dei casi di infarto in soggetti di giovane età è collegato direttamente all’aumento del consumo di cocaina e altri tipi di droga.
Si deve poi sottolineare il fatto che l’utilizzo di cocaina o altre sostanze come ecstasy, crack ecc. non ha effetti deleteri solo sull’apparato cardiovascolare, ma provoca importanti danni anche a livello cerebrovascolare (morte neuronale, cerebrale e diminuzione delle facoltà cognitive).
Infarto da cocaina: una nuova malattia sociale
Come già accennato in apertura di articolo, l’infarto da cocaina sta diventando una vera e propria malattia sociale e, in quanto tale, è necessario, come sottolineano gli esperti, che i medici di base, del Pronto soccorso e i cardiologi prendano in considerazione una formazione più specifica.

Secondo gli esperti, l’incremento dei casi di infarto in soggetti di giovane età è collegato direttamente all’aumento del consumo di cocaina e altri tipi di droga.
Infatti, secondo Frustaci, “attualmente non c’è ancora un’adeguata formazione nel settore e bisogna cercare di colmare queste lacune, perché l’uso delle sostanze tossiche è un fenomeno in aumento, ancora poco manifestato dai pazienti – a causa di una reticenza morale – e ha una sequela di eventi che possono essere non facilmente predicibili e necessita di un tipo di trattamento differenziale rispetto ad altri”.
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