La sopravvivenza delle persone affette da glioblastoma è piuttosto breve, circa 18 mesi dal momento della diagnosi.
Nei soggetti colpiti da questa grave forma tumorale, una delle più aggressive, è importante valutare lo stato di metilazione del gene metilguanina metiltransferasi (MGMT) quale fattore prognostico e predittivo positivo; la sopravvivenza dei soggetti con metilazione è di circa 22 mesi rispetto a 15 mesi in coloro che sono sottoposti al trattamento standard.
In letteratura sono presenti casi di pazienti con una sopravvivenza superiore ai 5 anni dalla diagnosi, ma si tratta di casi piuttosto rari.
Alcune ricerche indicano che i tassi di sopravvivenza sono influenzati anche dall’estensione della rimozione chirurgica del tumore; in linea generale, nei pazienti operati in modo radicale – prima di ricevere i trattamenti di radio- e chemioterapia – la sopravvivenza è stata superiore di molti mesi a quella registrata nei soggetti che avevano ricevuto le medesime cure adiuvanti, ma che erano stati sottoposti a un intervento chirurgico meno radicale.
Generalità
Il glioblastoma multiforme (talvolta indicato con la sigla GBM) è un tumore maligno del cervello, invasivo, particolarmente aggressivo, a rapida crescita e prognosi infausta; quest’ultima è altamente influenzata dalle spiccate caratteristiche recidivanti di questa neoplasia.
Il glioblastoma multiforme fa parte della categoria dei cosiddetti gliomi, i tumori primari* del cervello che si manifestano più frequentemente e così denominati perché prendono origine dal tessuto gliale; si tratta di un gruppo variegato di neoplasie del sistema nervoso centrale che originano da vari tipi di cellule: astrociti, oligodendrociti ed ependimociti.
Il glioblastoma multiforme è una neoplasia astrocitaria; ricordiamo che possiamo suddividere i tumori astrocitari nel seguente modo:
- astrocitoma giovanile pilocitico (grado I)
- astrocitoma diffuso a basso grado o fibrillare (grado II)
- astrocitoma anaplastico (grado III)
- glioblastoma (grado IV).
A livello microscopico i glioblastomi vengono distinti in:
- glioblastomi microcellulari
- glioblastomi fusiformi
- glioblastomi multiformi.
Glioblastoma multiforme
I glioblastomi multiformi sono i più comuni e sono caratterizzati da polimorfismo cellulare, spiccata mitosi, trombosi vascolare, proliferazione di vasi sanguigni, necrosi.
Il glioblastoma multiforme è un tumore raro, ma è comunque la forma più frequente di tumore cerebrale primitivo (costituisce circa il 25% di tutte le neoplasie maligne che riguardano il sistema nervoso centrale).
In Italia si registrano circa 7.000 nuovi casi di glioblastoma multiforme ogni anno; nel continente Europeo, l’incidenza annuale del glioblastoma multiforme è di circa 1 su 100.000; circa il 60% dei soggetti colpiti da questa forma tumorale ha un’età compresa tra i 55 e i 74 anni (in questo gruppo di età l’incidenza annuale è più elevata: circa 4 su 100.000); si registra una leggera prevalenza del glioblastoma multiforme nei soggetti di sesso maschile (è 1,5 volte più frequente negli uomini che nelle donne).
Sebbene raro prima dei 30 anni, il glioblastoma multiforme può interessare soggetti di ogni età; quando colpisce i bambini (la fascia maggiormente interessata è quella che va dai 9 ai 10 anni) insorge generalmente nel tronco cerebrale; nelle persone adulte, invece, insorge solitamente nella sostanza bianca sottocorticale degli emisferi cerebrali; nella maggior parte dei casi è localizzato a livello fronto-temporale. Il tumore tende spesso a estendersi nella corteccia cerebrale adiacente e, in seguito, attraverso il corpo calloso, nell’emisfero controlaterale.
Seppur raramente, il glioblastoma multiforme può insorgere nel cervelletto o nel midollo spinale.
Il glioblastoma multiforme può essere di tipo primitivo (anche primario), può cioè manifestarsi de novo, senza che vi sia stata una lesione precursore di più basso grado, o manifestarsi come trasformazione di altri tumori cerebrali (per esempio gli astrocitomi). Molti glioblastomi sono di tipo secondario perché rappresentano l’evoluzione di tumori astrocitari di grado inferiore. Si noti come, in questo caso, i termini primario e secondario abbiano un significato diverso rispetto a quello cui ci si riferisce parlando di tumori cerebrali in generale.
Da un punto di vista istologico, un glioblastoma primitivo è indistinguibile da un glioblastoma secondario.
Rarissimamente il glioblastoma multiforme si espande oltre le strutture del sistema nervoso centrale.
Cause e fattori di rischio
Le cause del glioblastoma sono a tutt’oggi sconosciute; è noto che il problema deriva da difetti relativi a mutazioni cromosomiche e genetiche che determinano la crescita incontrollata di cellule cerebrali, ma sono ignote le ragioni che attivano questo meccanismo.
Secondo diversi ricercatori, i fattori di rischio che possono predisporre allo sviluppo di un glioblastoma multiforme sono i seguenti:
- sesso maschile;
- età >50;
- appartenenza alle razze caucasica, ispanica, asiatica;
- soffrire di un astrocitoma di grado inferiore al IV (astrocitomi pilocitico, a basso grado o anaplastico);
- essere affetti da neurofibromatosi, sclerosi tuberosa, sindrome di Von Hippel-Lindau, sindrome di Li-Fraumeni o sindrome di Turcot;
- avere avuto un contatto con determinati virus (nella fattispecie: citomegalovirus, herpes virus umano 6, Simian virus 40)
- aver contratto la malaria
- essere stati esposti a radiazioni ionizzanti a scopo terapeutico.
Per quanto riguarda i fattori occupazionali, viene considerato come fattore di rischio avere una professione durante la quale si viene quotidianamente a contatto con pesticidi o con cloruro di vinile. Rientra fra i fattori di rischio anche lo svolgere un’attività lavorativa presso raffinerie o produttori di benzine.
Glioblastoma – Sintomi e segni
La sintomatologia del glioblastoma multiforme dipende molto dalle dimensioni e dalla sede della massa tumorale. Generalmente evolve in modo piuttosto rapido, ma non mancano casi in cui i segni e sintomi della malattia compaiono quando il tumore è giunto in una fase piuttosto avanzata.
Le manifestazioni possibili sono numerose e possono essere presenti da sole o in combinazione fra loro durante le varie fasi della malattia. Di seguito una breve descrizione di quelle più significative.
Convulsioni – Le convulsioni sono un segno che si riscontra comunemente in chi è affetto da glioblastoma (e sono ancor più frequenti nei soggetti colpiti da un glioma a più basso grado). Le convulsioni possono provocare contrazioni involontarie dei muscoli di una mano, di un braccio, di una gamba, ma possono anche colpire tutto il corpo e dar luogo a movimenti violenti e incontrollabili. È possibile anche la perdita di coscienza.
Deficit neurologici – I problemi neurologici dipendono soprattutto dal lobo, o dai lobi cerebrali interessati dal tumore.
Qualora sia colpito il lobo occipitale possono manifestarsi disturbi visivi; nel caso in cui siano interessati il lobo frontale oppure il lobo parietale, il soggetto può presentare difficoltà a parlare oppure a comprendere il linguaggio verbale altrui; si possono inoltre registrare perdita della forza e perdita della sensibilità in una determinata parte del corpo.
L’interessamento del lobo frontale può dar luogo anche a disturbi del comportamento e alterazioni della personalità (apatia, abulia, perdita dei freni inibitori e del controllo delle emozioni).
Se la massa tumorale ha colpito il lobo temporale si può avere perdita della memoria.
Nel caso in cui vi sia interessamento del cervelletto si possono avere perdita della coordinazione, movimenti incontrollati dei globi oculari.
Se il glioblastoma è originato a livello di midollo spinale si possono avere dolore, intorpidimento, debolezza nella parte inferiore del corpo. Sono possibili anche la perdita di controllo della vescica e la perdita di controllo dell’intestino.
Segni e sintomi da pressione intracranica – Sono manifestazioni tipiche del glioblastoma e sono essenzialmente dovuti al rapido sviluppo della massa neoplastica: mal di testa, nausea, vomito, sonnolenza e diplopia (visione doppia).
Altre manifestazioni che si registrano in caso di glioblastoma sono l’annebbiamento visivo, le alterazioni del gusto e il singhiozzo.
Un primo episodio convulsivo o la manifestazione di sintomi neurologici rendono necessario il ricorso a esami diagnostici quali TAC o risonanza magnetica.

Il glioblastoma è un tumore maligno che colpisce il cervello: i deficit neurologici che provoca dipendono da quale lobo del cervello è interessato dalla neoplasia
Diagnosi
In presenza di uno o più fra i sintomi e i segni sopradescritti che non sia possibile inquadrare in malattie di riscontro più comune, saranno necessari approfondimenti diagnostici.
Esame clinico – Quando si sospetta la presenza di un tumore al cervello (glioblastoma o no che sia), l’esame neurologico è sicuramente la parte fondamentale dell’esame clinico. Lo specialista potrà quindi chiedere al paziente di:
- stringergli la mano oppure di spingere la sua mano con un piede (sono test che hanno lo scopo di valutare la forza muscolare)
- toccarsi il naso con un dito tenendo gli occhi chiusi
- camminare in linea retta
- seguire con gli occhi il movimento del dito del medico
- riferire se avverte disturbi visivi e/o uditivi
- rispondere ad alcune domande.
Esami neuroradiologici – Si tratta di esami fondamentali nella diagnosi dei tumori cerebrali e servono a valutare la sede del tumore e le sue dimensioni. Dal momento che il glioblastoma non dà luogo a metastasi in organi distanti, la diagnostica per immagini riguarderà solo il cervello.
Il primo esame radiologico che viene generalmente effettuato quando si sospetta la presenza di una neoplasia cerebrale (glioblastoma o no) è la TAC encefalo con mezzo di contrasto; ovviamente è necessario che il paziente riferisca se in passato ha manifestato reazioni allergiche al mezzo di contrasto utilizzato per l’esame.
Il gold standard degli esami radiologici in caso di glioblastoma (e di tumori cerebrali in genere) è comunque la RMN (risonanza magnetica nucleare) encefalo con mezzo di contrasto (in genere si utilizza il gadolinio); rispetto alla TAC, infatti, la risonanza magnetica fornisce immagini decisamente più nitide e i vari dettagli risultano maggiormente evidenziati. Una maggiore impregnazione del mezzo di contrasto da parte del tumore rivela, in genere, un maggior grado di malignità di quest’ultimo. La RMN è controindicata nel caso in cui il paziente abbia dispositivi medici o corpi metallici all’interno del corpo.
La diagnosi neuroradiologica non può comunque essere considerata risolutiva al 100%. La certezza diagnostica si ottiene, infatti, con l’esecuzione di una biopsia cerebrale, di norma eseguita con tecnica stereotassica.
Un altro mezzo diagnostico utilizzato è la PET (Positron Emission Tomography, tomografia a emissione di positroni); il ruolo della PET è soprattutto quello di monitoraggio della terapia in seguito a radioterapia e chemioterapia, in particolar modo quando è necessario distinguere fra radionecrosi e recidiva tumorale.
Glioblastoma – Cure
Il trattamento prevede inizialmente una terapia detta di supporto tendente a ridurre la pressione endocranica causata dalla massa tumorale e a far cessare o ridurre le crisi epilettiche (i farmaci utilizzati sono i corticosteroidi e gli antiepilettici).
La terapia antitumorale specifica prevede tre presidi:
non necessariamente in quest’ordine.
Talvolta infatti il glioblastoma multiforme risulta inizialmente inoperabile e si ricorre quindi, in prima istanza, alla radioterapia e/o alla chemioterapia allo scopo di ridurre la massa tumorale e dare la possibilità al neurochirurgo di intervenire successivamente.
Se la tipologia e la posizione del tumore lo consentono viene sempre effettuata la resezione macroscopica completa della lesione tumorale. Tale tipo di intervento non è possibile nei cosiddetti “glioblastomi a farfalla” che tendono a interessare entrambi i lobi cerebrali, coinvolgendo il corpo calloso.
L’obiettivo ottimale di un intervento chirurgico per glioblastoma multiforme sarebbe ovviamente la resezione totale della neoplasia; tuttavia, essendo il glioblastoma un tumore altamente infiltrante, un’asportazione completa della massa tumorale è di fatto impossibile e le recidive sono praticamente inevitabili.
La chirurgia, comunque, tramite la riduzione della massa tumorale e la conseguente decompressione cerebrale, permette di migliorare la qualità di vita del soggetto e di allungarne la sopravvivenza.
La radioterapia postoperatoria rappresenta, attualmente, il trattamento adiuvante standard per quanto riguarda il glioblastoma.
L’irradiazione dovrebbe iniziare entro sei settimane dall’intervento chirurgico ed è praticamente obbligatoria per tutti i soggetti affetti da glioblastoma multiforme.
Per quanto concerne la radioterapia, sono tre le opzioni tipiche di questo tipo di trattamento: radioterapia convenzionale (anche cobaltoterapia), radiochirurgia stereotassica e i radioisotopi.
La cobaltoterapia (radioterapia convenzionale) è la metodica più comune. Ha un effetto necrotico sulle cellule tumorali, purtroppo viene danneggiato anche il tessuto sano; si devono quindi somministrare dosi frazionate in varie sedute. Non è immune da seri effetti collaterali, tra i quali il calo delle capacità intellettive e di quelle visive.
La radiochirurgia stereotassica ha il pregio di colpire solamente la lesione tumorale senza che vi siano danni al tessuto sano che circonda il tumore. Di solito il trattamento consta di un’unica seduta.
I mezzi usati per l’irradiazione sono due:
- acceleratore lineare modificato
- gamma knife.
Quest’ultima tecnica viene ritenuta più precisa ma è decisamente più costosa della prima.
Il trattamento radiochirurgico è molto meno invasivo rispetto alla cobaltoterapia e presenta pertanto minori effetti collaterali ma è indicato solo per lesioni che non superino i 30 mm.
In pazienti con recidiva, che hanno già subito l’irradiazione e in cui un nuovo intervento chirurgico sarebbe eccessivamente rischioso, è possibile l’impianto di radioisotopi direttamente nella massa tumorale.
Per quanto riguarda la chemioterapia, dopo decenni di studi, l’importanza del suo ruolo nel trattamento del glioblastoma è tuttora oggetto di discussione. I benefici apportati ai malati di glioblastoma multiforme appaiono piuttosto limitati.
A partire dal 2005 in poi la radioterapia concomitante a chemioterapia con temozolomide (TMZ) è diventato il nuovo standard terapeutico per il glioblastoma.
Nel caso non sia stato possibile effettuare una resezione totale del tumore, è possibile applicare sulla superficie esposta un chemioterapico sotto forma di cialde (il cosiddetto wafer intracerebrale). Si tratta del farmaco BCNU (appartenente alla classe delle nitrosouree). Il farmaco si diffonde lentamente e arriva alle cellule maligne residue e circostanti la cavità operatoria.
Il ricorso al wafer intracerebrale può essere preso in considerazione anche nel caso di chirurgia radicale in quanto può fornire un’utile integrazione al trattamento perché può ritardare la ripresa locale di malattia nella fase di attesa dell’inizio del trattamento chemio-radioterapico.
* Si dicono primari quei tumori cerebrali che sorgono all’interno del sistema nervoso centrale.
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