In medicina, con il termine frattura si può fare riferimento sia a lesioni a carico di un viscere (tipico il caso della rottura della milza) sia, peraltro più comunemente, a lesioni a carico di un segmento osseo; è di queste ultime che ci occuperemo in questo articolo. Le fratture ossee sono eventi molto comuni che possono avere cause molto diverse fra loro.
Le fratture (soluzioni di continuità dell’osso) non devono essere confuse con le lussazioni (soluzioni di contiguità).
Esistono varie modalità di classificazione delle fratture ed è interessante esporle perché possono aiutarci a chiarire molti aspetti relativi a questo argomento che, in ambito medico, rappresenta un capitolo a sé stante.
Fratture ossee traumatiche e patologiche
La principale suddivisione delle fratture ossee è quella tra fratture ossee di tipo traumatico e fratture ossee di tipo patologico.
Fratture traumatiche – Una frattura ossea viene definita traumatica quando è provocata da un trauma; si tratta di un evento acuto, improvviso e istantaneo, che interessa un osso che, dal punto di vista strutturale, è perfettamente integro; la rottura si verifica perché l’entità del trauma supera il limite di resistenza dell’osso.
Le fratture ossee traumatiche sono di gran lunga quelle che si riscontrano con maggior frequenza; i meccanismi che possono provocarle sono veramente numerosi e sarebbe improbo, oltreché sostanzialmente inutile, elencarli tutti; possiamo però ricordarne alcuni: compressione, estensione, flessione, torsione, trazione ecc.; questi meccanismi sono talvolta combinati tra loro. I meccanismi che provocano la frattura ossea possono essere diretti (l’osso si frattura nel punto nel quale la forza lesiva è applicata) oppure indiretti (non si ha una frattura nel punto di applicazione della violenza lesiva, ma in punto che si trova invece a una certa distanza a causa di una particolare modalità di trasmissione o di un contraccolpo della forza lesiva).
Fratture patologiche – Una frattura ossea viene invece definita patologica (anche spontanea o, più raramente, torpida) quando la rottura è legata a un cedimento strutturale interno dovuto a una patologia sottostante che può essere sistemica o locale); non c’è quindi in gioco, come nel caso della frattura traumatica, una forza esterna che procura la lesione o, se c’è, è di entità veramente minima (nelle fratture spontanee da osteoporosi, per esempio, il problema può verificarsi anche nel corso di movimenti usuali).

Una frattura si dice completa quando interessa l’intero spessore dell’osso; è invece incompleta quando ne interessa soltanto una parte. Le fratture incomplete vengono anche chiamate infrazioni.
Fratture da stress
Una tipologia particolare di fratture ossee è quella delle cosiddette fratture da stress, note anche come fratture da durata o fratture da fatica.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le fratture ossee sono causate da forse lesive esterne di notevole intensità applicate in una determinata zona; in una netta minoranza di casi invece, ed è il caso delle fratture da stress, la forza lesiva non è particolarmente elevata, ma diventa comunque causa della lesione ossea in ragione del suo perdurare nel tempo. Le fratture da stress sono un capitolo importante della medicina sportiva (tipica è quella del secondo metatarso accusata da molti atleti che praticano la marcia) e vengono pertanto trattate in Fratture da stress.
Altre classificazioni
Le fratture ossee vengono distinte anche in base all’entità del coinvolgimento dell’osso; facendo riferimento a questo criterio si distinguono complete e incomplete.
Una frattura si dice completa quando interessa l’intero spessore dell’osso; è invece incompleta quando ne interessa soltanto una parte. Le fratture incomplete vengono anche chiamate infrazioni.
Un’altra tipologia di classificazione è quella relativa allo spostamento dei segmenti ossei fratturati; in questo caso, si parla di frattura composta quando i monconi ossei conservano la loro posizione anatomica (frattura senza dislocazione dei frammenti) e di frattura scomposta quando i monconi ossei risultano dislocati (fratture con dislocazione dei frammenti). Le fratture ossee composte sono, generalmente, più facilmente trattabili; le fratture scomposte richiedono invece una manipolazione (che in alcuni casi può essere di tipo chirurgico) che serve a “ridurre” la lesione ossea (riduzione della frattura).
Le fratture ossee possono essere classificate anche in base all’integrità del tessuto cutaneo; quando la cute resta integra, si parla di frattura chiusa (non vi è esposizione esterna dell’osso); se invece la frattura è associata a lacerazioni cutanee viene definita esposta (l’osso è esposto esternamente); in questi casi è decisamente più elevato il rischio di infezione e, oltre al trattamento medico-chirurgico, è necessario effettuare anche un trattamento con farmaci antibiotici.
Un’altra tipologia di classificazione è quella che distingue le fratture a seconda del numero di frammenti ossei prodotti; nel caso in cui la frattura origini due frammenti ossei ben distinti si parla di frattura semplice; la frattura viene invece definita pluriframmentaria quando il numero di frammenti è superiore; se il numero di frammenti è particolarmente numeroso si parla anche di frattura comminuta (talvolta detta anche frattura da scoppio).
Una classificazione relativamente recente distingue anche fra fratture stabili e instabili; parlare di “fratture stabili” può sembrare improprio, ma tale terminologia è utile per la distinzione, in ambito terapeutico, tra una frattura che non ha predisposizione ad andare incontro a spostamenti dopo la sua riduzione e immobilizzazione e una che invece è soggetta a subire, a causa di locali interferenze di tipo meccanico, spostamenti dei suoi monconi. Le fratture instabili richiedono tempi di guarigione più lunghi.
Le fratture ossee vengono distinte anche basandosi sull’orientamento della rima di frattura (cioè, più grossolanamente, il punto di interruzione del segmento osseo); si possono quindi avere fratture ossee trasverse (la rima è disposta ad angolo retto rispetto all’asse longitudinale dell’osso), fratture ossee oblique (la rima forma un angolo inferiore ai 90 gradi rispetto all’asse longitudinale dell’osso (le fratture ossee oblique vengono anche dette fratture a becco di flauto), fratture ossee longitudinali (la rima è parallela all’asse longitudinale dell’osso) e fratture ossee spiroidi (la rima di frattura ha un decorso a spirale lungo il segmento osseo e si avvolge a esso).
Le fratture ossee vengono distinte anche in base alla sede; si hanno quindi fratture epifisarie (risulta coinvolta l’articolazione dove l’osso epifisario è avvolto dalla cartilagine; la cartilagine va incontro a rottura ed è necessario intervenire chirurgicamente per ricostruirla; quando interessano tutta la superficie dell’articolazione vengono dette articolari), fratture metafisarie (la frattura riguarda la metafisi, ovvero la parte ossea che sostiene le epifisi; è una parte spugnosa e ben vascolarizzata; sono fratture che si verificano più frequentemente nei soggetti anziani), fratture diafisarie (la diafisi è la parte centrale dell’osso; in soggetti giovani la frattura diafisiaria è spesso netta e diretta, mentre nei soggetti anziani è più spesso indiretta e spiroide).
Segni e sintomi di frattura ossea
La sintomatologia può essere alquanto variegata; a seconda del grado di gravità si possono registrare dolore (generalmente molto intenso; spesso viene descritto come una dolenzia piuttosto sorda alla quale si sovrappongono fitte dolorosissime; anche una pressopalpazione molto lieve può causare un dolore molto vivo; le sensazioni dolorose sono da ascrivere soprattutto al traumatismo del periostio la cui sensibilità dolorifica è notevolissima), impotenza funzionale (è tipica delle fratture ossee; una gamba fratturata, per esempio, non è in grado di reggere il peso del soggetto; parimenti, un avambraccio fratturato risulta totalmente inerte e viene generalmente sorretto, in atteggiamento antalgico, dalla mano controlaterale) e deformazione del segmento corporeo (un segmento corporeo che ha al suo interno un osso che ha subito una rottura può apparire molto deformato; possono manifestarsi angolature fuori dalla norma e rigonfiamento di una certa importanza legato, in parte, all’edema dei tessuti lesionati e in parte all’ematoma, tipicamente presente in caso di frattura).
Nelle fratture composte possono fare la loro comparsa due segni caratteristici ovvero la mobilità preternaturale (mobilità anormale dei monconi ossei) e lo scroscio (tipico rumore provocato dallo sfregamento reciproco dei monconi).
Bisogna infine evidenziare il fatto che, soprattutto nel caso di una frattura di una certa severità, possono manifestarsi sintomi generali di una certa importanza quali, per esempio, shock traumatico, febbre ed embolia adiposa.
Frattura ossea – Diagnosi
In molti casi la diagnosi può risultare molto semplice, ma l’esecuzione di un esame radiografico è sempre indispensabile; è infatti necessario definire con accuratezza sia la morfologia che la localizzazione della frattura. Nel caso di particolari fratture (per esempio quelle che interessano il bacino o la colonna vertebrale) è spesso necessario eseguire una TAC per verificare l’eventuale presenza di lussazioni associate.
Prognosi
La prognosi di una frattura traumatica è soggetta a notevole variabilità; variabilità che dipende essenzialmente da alcune particolari circostanze, in primis la presenza o no di esposizione (una frattura esposta è soggetta a rischio di infezione e può richiedere tempi di guarigione più lunghi) e l’eventuale coesistenza di lesioni a carico delle strutture nervose o vascolari; se sono presenti queste complicazioni, infatti, i tempi di guarigione possono allungarsi notevolmente, anche perché potrebbero essere necessari più interventi di tipo chirurgico.
Se non sono presenti particolari complicazioni e il trattamento è stato eseguito correttamente, la prognosi è generalmente favorevole con ritorno alla normalità strutturale e funzionale.
Un caso particolare di frattura ossea traumatica è rappresentato dalla frattura del collo del femore (vedi), per la quale si provvede immediatamente all’impianto, per via chirurgica di un’artroprotesi; questa scelta è legata al voler minimizzare i rischi di mancato consolidamento, decisamente più elevati in questo tipo di lesione.
La prognosi delle fratture ossee patologiche è strettamente legata alle condizioni morbose sottostanti; nel caso la frattura ossea sia legata a un problema simil-neoplastico o neoplastico di natura benigna, la prognosi è benigna; è invece non benigna qualora la frattura si sia verificata a causa della presenza di un tumore maligno e aggressivo.
Frattura ossea – Terapia e fasi della guarigione
Dopo le osservazioni radiologiche, lo specialista ortopedico effettuerà, nel caso siano necessarie, le manovre di riduzione della frattura; provvederà poi all’immobilizzazione della parte colpita con un’ingessatura o con apposito tutore. Questi interventi hanno lo scopo di facilitare e velocizzare le fasi della guarigione che, nel caso delle fratture ossee, sono sostanzialmente cinque. La prima, della durata di un paio di settimane circa, è rappresentata dalla riduzione dell’ematoma, dalla stabilizzazione della frattura e dagli stimoli cellulari per la produzione di una nuova struttura ossea.
Nel corso della seconda fase si assiste a una produzione temporanea di un tessuto di guarigione piuttosto soffice detto tessuto di granulazione; questa fase può durare dalle 4 alle 16 settimane a seconda dei casi.
Nella terza fase si ha la sostituzione del tessuto di granulazione con un tessuto temporaneo più duro noto come callo di ossificazione.
Durante la quarta fase, il callo di ossificazione viene sostituito da del tessuto osseo vero e proprio.
La quinta e ultima fase è rappresentata dal fenomeno di rimodellamento; di fatto l’osso, nel giro di un tempo abbastanza lungo, un anno o addirittura di più, recupera progressivamente la sua forma originaria.
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