La frattura del femore è un evento particolarmente grave che, nella stragrande maggioranza dei casi, interessa le persone anziane di età prossima o superiore ai 70 anni.
Il femore è l’osso più lungo, resistente e voluminoso dell’apparato scheletrico. Situato nella coscia, esso si unisce in alto all’osso iliaco tramite l’articolazione dell’anca, in basso, invece, si unisce alla tibia nell’articolazione del ginocchio. La sua parte intermedia viene detta diafisi (o corpo), la sua estremità superiore, detta anche epifisi prossimale, è formata dalla testa; questa è collegata all’acetabolo dal cosiddetto legamento rotondo. Alla testa fa seguito il collo del femore, la cui zona è quella maggiormente interessata dalle fratture, sia a causa della sua particolare conformazione sia a causa del notevole carico ponderale cui essa è sottoposta.
Nelle persone giovani e in quelle adulte, ma non anziane, tali condizioni predisponenti sono compensate dal notevole livello di calcificazione del tessuto osseo e, considerata la notevole resistenza meccanica dell’osso femorale, sono necessari eventi traumatici particolarmente intensi per provocarne la frattura; nelle persone anziane, invece, tale compensazione non è totalmente efficiente in quanto, con l’avanzare dell’età, si assiste a un progressivo impoverimento del contenuto di calcio e della matrice organica delle ossa*.
Frattura del femore: qualche numero
Da quanto riportato nel paragrafo precedente si capisce perché quelle del femore siano di gran lunga le fratture più frequenti nei soggetti che hanno superato i 70 anni di età. Ciò comporta, com’è facilmente intuibile, notevoli ricadute sia dal punto di vista sociale che da quello assistenziale.
Il dato relativo alla mortalità conseguente a una frattura del femore è preoccupante; si consideri, infatti, nell’anno successivo all’evento traumatico, la mortalità va dal 15 al 25% (e sfiora il 33% nel caso di persone over 75).
Circa un quinto dei soggetti che hanno subito la frattura del femore perdono totalmente la possibilità di camminare in modo indipendente e soltanto il 30-40% sarà in grado di riconquistare la piena autonomia nel disbrigo delle comuni attività quotidiane.
Dal punto di vista numerico, quello delle fratture del femore è un fenomeno che non è esagerato definire imponente; nel continente europeo, infatti, ogni anno si stimano più di 600.000 fratture femorali; per quel che riguarda il nostro Paese, si stima che ogni anno si verifichino dai 70.000 ai 90.000 casi di fratture femorali.
È stato stimato che in Europa, nel 2030, saranno più di 750.000 i nuovi casi all’anno di frattura del femore; nel 2050 si arriverà a 1.000.000 di casi.
In base alle stime effettuate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050, nel mondo, si verificheranno circa 6,3 milioni casi di frattura del femore, circa 4,6 milioni in più rispetto al 1990.
Se il problema salutistico è certamente quello più importante, quello economico non è comunque di poco conto; le spese per il Servizio Sanitario Nazionale sono altissime (quattro miliardi circa); a queste vanno poi sommate quelle a carico dell’INPS (un miliardo circa) considerando che sono le persone ultraottantacinquenni che contribuiscono per il 40% del totale delle fratture del femore; dato impressionante se si considera che gli over 85 rappresentano una percentuale minima della popolazione generale (2,5% circa).
La frattura del femore è molto più frequente nei soggetti di sesso femminile (75% dei casi circa; il 94% di questi riguarda donne over 65).
Fratture del collo del femore: classificazione
Come detto, le fratture del femore che si verificano più frequentemente sono quelle che interessano la zona del collo; tali fratture possono essere così suddivise:
- fratture mediali (anche intracapsulari)
- fratture laterali (anche extracapsulari).
Quelle mediali sono le fratture del femore che interessano il collo fino alla sua base; queste possono essere a loro volta suddivise in fratture sottocapitate (al limite tra testa e collo e totalmente intra-articolari) e fratture transcervicali o mediocervicali (parzialmente articolari).
Le fratture laterali del femore vengono invece a loro volta suddivise in fratture basicervicali (ovvero alla base del collo), fratture pertrocanteriche (fratture che attraversano il massiccio trocanterico) e fratture sottotrocanteriche (fratture localizzate inferiormente al grande e al piccolo trocantere).
Frattura del femore negli anziani
Negli anziani la frattura del femore interessa generalmente l’estremità superiore ed è causa di notevole limitazione della mobilità dell’arto.
La frattura del femore è considerata un evento traumatico estremamente grave; infatti, come detto, circa un terzo delle persone anziane che si procurano tale frattura muore entro un anno dall’evento. Si deve poi considerare che circa la metà di questi soggetti andranno incontro alla perdita parziale o totale dell’autosufficienza.
La frattura del femore nell’anziano è, senza ombra di dubbio, la conseguenza più temuta delle cadute. La propensione delle persone anziane a subire questo evento è correlata alla maggiore prevalenza di patologie, ai cambiamenti psicofisici legati all’età avanzata, all’osteoporosi e al progressivo declino dei riflessi di protezione.
Le cadute nelle persone anziane sono spesso dovute a fattori quali calzature non idonee, irregolarità del terreno, ambiente domestico non adattato alle esigenze dell’età, capogiri, alterazioni transitorie della circolazione sanguigna, calo pressorio e disturbi del ritmo cardiaco.
Frattura del femore nei giovani e negli adulti
Nei soggetti giovani e adulti le fratture del femore sono generalmente localizzate a livello della diafisi oppure nella parte distale.
Come già accennato nella parte iniziale dell’articolo, la frattura del femore in persone giovani o comunque non anziane è un evento abbastanza raro ed è solitamente legato ad eventi traumatici particolarmente violenti come, per esempio, gli incidenti stradali.
Ancor più raramente può verificarsi come conseguenza di traumi di tipo banale (quando questo accade, generalmente, i soggetti interessati sono affetti da patologie congenite oppure sono malnutriti o anoressici) oppure in seguito a carichi ripetuti e prolungati nel tempo.
Per quanto riguarda gli sportivi, le categorie che risultano essere più interessate da una frattura del femore sono quella dei ciclisti e quella degli atleti che praticano il fondo.
Frattura composta e frattura scomposta
Una frattura del femore può essere composta o scomposta; si parla di frattura composta nel caso in cui l’osso conservi il suo normale allineamento, mentre si ha frattura scomposta quando i due capi ossei perdono tale allineamento.
Le fratture scomposte possono essere esposte se uno o più frammenti ossei fuoriescono in seguito alla perforazione dei tessuti muscolare e cutaneo.
Segni e sintomi
La sintomatologia di una frattura del femore varia a seconda della sua tipologia.
Nella frattura del femore di tipo laterale (meno gravi delle mediali in quanto la zona interessata dal problema è maggiormente irrorata), i segni principali sono extrarotazione e accorciamento dell’arto, dolore nella zona esterna dell’anca e impotenza funzionale totale.
Nella frattura del femore di tipo mediale i segni e i sintomi principali sono il dolore inguinale e una ridotta impotenza funzionale.
Chi si trova a dover soccorrere una persona caduta a terra nella quale è visibile questa sintomatologia (la gamba ruotata verso l’esterno è uno dei segni più eclatanti della frattura del femore) deve evitare di muoverla e contattare subito gli addetti al soccorso.
La diagnosi
La diagnosi di frattura del femore si basa sull’osservazione dei segni clinici citati precedentemente che dovranno poi essere confermati dagli esami radiografici i quali vengono effettuati in diverse proiezioni.
Le radiografie consentono una rapida individuazione delle fratture scomposte, mentre per quelle composte è necessaria una lettura più attenta.
Come si trattano le fratture del femore
Il trattamento della frattura del femore è chirurgico. Scopo principale dell’operazione chirurgica è ottenere una rapida ripresa della funzionalità dell’arto allo scopo di evitare tutte le complicazioni legate all’evento traumatico, in particolar modo quelle dovute alla lunghezza del periodo di immobilità (piaghe da decubito, infezioni urinarie, disturbi respiratori, problemi circolatori, alterazioni psichiche).
La scelta della tipologia di intervento è legata soprattutto alla gravità della lesione, al tipo di frattura e all’età del paziente. In caso di fratture mediali ci si orienta verso l’endoprotesi (sostituzione della sola testa del femore) o l’artroprotesi (sostituzione completa dell’articolazione dell’anca: testa del femore e acetabolo).
In caso di frattura del femore scomposta in un soggetto di età superiore ai 60 anni, generalmente l’opzione scelta è l’artroprotesi, mentre in soggetti di età superiore ai 70 anni, si opta di solito per l’endoprotesi. Dettagliate informazioni sulle metodiche chirurgiche in questioni sono reperibili nel nostro articolo Protesi d’anca.
Nei soggetti più giovani o in caso di una frattura del femore di tipo laterale, si fa solitamente ricorso all’osteosintesi, una tipologia di intervento chirurgico di contenzione effettuato con appositi chiodi e placche che mira a mantenere in contatto i segmenti ossei interrotti nella loro continuità fino al momento della formazione e della consolidazione del callo osseo.
Protocollo riabilitativo
Gli interventi chirurgici dovranno essere seguiti da mirati protocolli di riabilitazione.
L’inevitabile instabilità posturale post-intervento viene corretta tramite esercizi propriocettivi, esercizi di potenziamento muscolare, esercizi di mobilità articolare (sia attivi che passivi), esercizi di correzione dell’ipercifosi (tramite esercizi di potenziamento dei muscoli estensori del tronco, stretching della catena muscolare posteriore ed esercizi respiratori con educazione costale e diaframmatica).
Nelle persone anziane, gli esercizi fisici devono essere personalizzati avendo riguardo per diversi fattori quali l’età, la struttura fisica, le condizioni di salute generale, il grado di osteoporosi, lo stile di vita e l’abitudine all’attività fisica.
L’esercizio fisico dovrebbe avere caratteristiche di costanza e regolarità (a questo scopo il soggetto deve essere preparato in modo tale da consentirgli di eseguire gli esercizi in ambito domestico) nonché di ripetitività (fattore essenziale per acquisire sicurezza, rapidità e precisione nei gesti).
A seconda delle caratteristiche del singolo caso, potrebbe essere necessaria la prescrizione di ausili per la deambulazione (bastoni e/o girelli), ausili per il bagno (la cosiddetta “sedia comoda”), maniglioni per i trasferimenti, calzature con suola antiscivolo e predisposte per l’eventuale inserimento di plantari, corsetto dorso-lombare (utile sia per mantenere la corretta postura sia per ridurre il dolore, sia per migliorare la propriocezione sia, infine, per prevenire o comunque ridurre l’ipercifosi dorso-lombare) e ortesi d’anca (allo scopo di attenuare l’impatto di un’eventuale caduta).
Tempi di recupero
I tempi di recupero sono estremamente variabili. I tempi di recupero dipendono principalmente dall’età e dal tipo di frattura. Si può arrivare sino all’anno per poter tornare alle attività precedenti la frattura.
Frattura del femore: le complicazioni
La frattura del femore non è purtroppo scevra da complicazioni anche gravi; fra le più importanti si segnalano broncopolmonite ipostatica, cistopielite, flebotrombosi, pseudoartrosi, necrosi asettica e vizi di consolidamento.
* Per quanto il confine fra fisiologia e patologia non sia totalmente chiaro, è comunemente accettato che uno dei principali fattori responsabili del fenomeno osteoporotico, che tanto incide sul rischio di fratture, è la sedentarietà. Non a caso alle persone anziane viene da più parti raccomandato di mantenere uno stile di vita attivo. Ancor più penalizzato è il sesso femminile a causa dei mutamenti ormonali indotti dalla menopausa; basti considerare che trascorsi 15 anni dall’entrata nella menopausa, una donna accusa una perdita media di massa ossea che va dal 20 al 25% circa.
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