Il favismo è una patologia genetica ereditaria che ha alla sua base un deficit dell’enzima G6PD (glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e l’instabilità del glutatione ridotto.
Il favismo è una patologia relativamente rara che nel nostro Paese interessa in particolar modo le popolazioni della regione Sardegna e alcuni gruppi etnici dell’Italia meridionale.
In soggetti predisposti, il deficit dell’enzima G6PD (la più frequente enzimopatia attualmente nota e che riguarda circa 420 milioni di persone in tutto il mondo) provoca un’emolisi acuta (distruzione dei globuli rossi) con ittero.
La crisi si scatena quando il soggetto affetto da favismo assume (o ne inala i vapori) fave, piselli, Verbena Hybrida, altri particolari vegetali, determinate sostanze (naftalina, trinitrotoluene, sostanze per i tatuaggi o per le tinture per capelli ecc.) o alcuni farmaci. Il favismo può quindi essere considerato come un’anemia emolitica a carattere misto che riconosce cause intraglobulari (il deficit enzimatico) ed extraglobulari (l’assunzione o l’inalazione di sostanze che esplicano un’azione tossico-emolitica).
È doveroso precisare che non tutti i soggetti carenti di G6PD vanno incontro a episodi emolitici in seguito ad assunzione di fave; si stima, infatti, che ciò si verifichi soltanto in poco meno di un terzo di essi; per di più, uno stesso soggetto può manifestare sensibilità alle fave soltanto in determinati periodi della sua esistenza (per esempio, soltanto nel corso della sua infanzia oppure solamente in età avanzata).
Trasmissione ereditaria del favismo
Il favismo si trasmette ereditariamente con il cromosoma X del sesso; la frequenza più alta si riscontra in Africa (nei bantu circa il 20%), ma la patologia è frequente anche nell’Asia meridionale e nel bacino del Mediterraneo (soprattutto Grecia e Sardegna, dove si arriva a punte del 25%).
Si conoscono centinaia di mutazioni del gene della G6PD; non tutte però queste mutazioni sono relative a una deficienza enzimatica; l’OMS ha classificato le numerose varianti geniche suddividendole in 5 classi:
- Classe I; varianti con deficienza enzimatica grave (attività enzimatica <5%) con anemia emolitica cronica non sferocitica;
- Classe II; varianti con deficienza enzimatica grave (attività enzimatica <10%) con emolisi intermittente;
- Classe III: varianti con deficienza enzimatica lieve (attività 10-60%), generalmente non associate a emolisi se non nei casi di gravi stress ossidativi;
- Classe IV: varianti che mantengono un’attività enzimatica nella norma; non sono associate a emolisi e sono clinicamente silenti;
- Classe V: varianti con attività enzimatica superiore alla norma; sono molto rare e totalmente asintomatiche.
Di norma il favismo è associato alle varianti appartenenti alla classe II, ma in letteratura sono presenti anche casi relativi a una variante appartenente alla classe III.
Sintomi e segni di favismo
I segni e i sintomi che caratterizzano il favismo fanno generalmente la loro comparsa quando sono trascorse dalle 12 alle 48 ore dall’assunzione di fave (o degli altri fattori scatenanti) e sono legate all’episodio emolitico acuto.
Inizialmente il soggetto avverte un senso di malessere generalizzato associato a sintomi quali cefalea, dolenzia addominale, nausea, vomito, febbre e brividi particolarmente intensi. A seguito della distruzione degli eritrociti si libera emoglobina in quantità tali da non poter più essere totalmente metabolizzata e ciò è causa di emoglobinuria; altro tipico sintomo è l’ittero, causato dall’aumento della bilirubina in circolo.
I sintomi legati alla crisi emolitica possono essere più o meno gravi; solitamente il decorso è benigno e la crisi emolitica si arresta nel giro di un paio di giorni, ma in alcuni casi la crisi è talmente severa che può rendere il decorso particolarmente problematico tant’è che nei casi più gravi si rende necessario il ricorso alla trasfusione di sangue. Crisi emolitiche particolarmente severe possono dar luogo a insufficienza renale acuta.
Le crisi più gravi si manifestano generalmente nei maschi (nei quali la mutazione genetica è presente sull’unico cromosoma X del loro corredo genetico) e in quei soggetti femminili nei quali l’anomalia genetica interessa entrambe le X. Nelle femmine in cui una sola X è interessata dal problema, le crisi emolitiche sono meno gravi.
Diagnosi
La presenza di favismo dovrebbe essere generalmente sospettata quando un soggetto di una determinata etnia mostra ittero e segni di crisi emolitica in seguito all’esposizione a uno dei fattori scatenanti.
Quando la crisi emolitica è in corso, i test di laboratorio mostrano anemia, emoglobinemia (presenza abnorme di emoglobina nel plasma sanguigno) ed emoglobinuria. Per ottenere la conferma della diagnosi in genere vengono effettuati diversi test di laboratorio, in primis l’emocromo e la conta dei reticolociti (un conteggio elevato di reticolociti – reticolocitosi – indica che siamo di fronte a un aumento dell’eritropoiesi quale risposta al quadro anemico che si è venuto a verificare a seguito della crisi).
Altri test eseguiti sono l’AST e l’ALT, la fosfatasi alcalina, la gamma-GT (lo scopo è quello di escludere che l’ittero sia legato ad altre cause), l’LDH (può dare indicazioni sulla gravità del quadro emolitico), l’aptoglobina (in caso di crisi emolitica suo valore diminuisce abbastanza rapidamente) e il test di Coombs; quest’ultimo dovrebbe risultare negativo e viene effettuato per escludere che l’emolisi sia di origine immuno-mediata (anche autoimmune). Altri test che è possibile eseguire per confermare la diagnosi sono il test di Beutler o alcune tecniche di biologia molecolare.
Terapia e prevenzione del favismo
Il trattamento del favismo consiste sostanzialmente nella prevenzione delle crisi emolitiche.
Allo stato attuale, infatti, non esiste una terapia in grado di sopperire al deficit dell’enzima G6PD ed è quindi necessario che tutte le persone a rischio evitino accuratamente di introdurre alimenti o sostanze che per loro possono risultare nocive e che abbiamo citato nella prima parte dell’articolo.
Alimenti da evitare
Come detto all’inzio dell’articolo, soprattutto fave, piselli e Verbena Hybrida. Come precauzione si dovrebbero evitare anche tutti gli altri legumi, soia compresa; a rischio anche estratti vegetali di dubbia provenienza, i mirtilli e il vino rosso. Per chi ama cucine esotiche è opportuno informarsi sugli ingredienti dei piatti che si consumano nei ristoranti.

Chi soffre di favismo deve evitare l’assunzione delle fave (Vicia faba)
Farmaci da evitare
Un cenno particolare va ai farmaci; senza la pretesa di essere esaustivi, di seguito forniamo una lista dei principi attivi che possono risultare dannosi al soggetto fabico suddividendoli in tre categorie:
- principi attivi da evitare sempre
- principi attivi a basso rischio
- principi attivi da evitare nel caso sia presente un’anemia emolitica cronica.
Principi attivi da evitare sempre – Rientrano in questa categoria i seguenti principi attivi: acido nalidixico, arginina ossoglurato, chinidina feniletilbarbiturato, ciprofloxacina, cloramfenicolo, dimercaprolo, doxorubicina cloridrato, fluoresceina dilaurato, furazolidone, glibenclamide, mesalazina, metamizolo sodico, nitrofurantoina, nitrofurazone, ornitina ossoglurato, prima china, probenecid, sulfacetamide, sulfacetamide sodica, sulfametopirazina, sulfametoxazolo, sulfametoxipiridazina e sulfasalazina.
Principi attivi a basso rischio – Rientrano in questa categoria i seguenti principi attivi: acido ascorbico, acido tiaprofenico, aminofenazone, antazolina, chinidina, chinina, colchicina, difenidramina, dopamina, fenazone, fenilbutazone, fenitoina sodica, fitomenadione, isoniazide, nifenazone, norfloxacina, pabacido (acido paraminobenzoico), paracetamolo, pirimetamina, procainamide, propifenazone, streptomicina, sulfadiazina, sulfametoxipiridazina, trimetoprim e tripelennamina cloridrato.
Principi attivi da evitare nel caso sia presente un’anemia emolitica cronica – Rientrano in questa categoria i seguenti principi attivi: acido acetilsalicilico, acido ascorbico, antazolina, chinidina, chinina, colchicina, difenidramina, diidrochinidina, fenilbutazone, fenitoina, fitomenadione, isoniazide, levodopa, pabacido (acido paraminobenzoico), paracetamolo, pirimetamina, procainamide cloridrato, proguanile, streptomicina, sulfadiazina, sulfametoxipiridazina, triesifenidile, trimetoprim e tripelennamina cloridrato.
Per ulteriori informazioni rimandiamo al sito dell’Associazione Italiana Favismo.
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