L’esofago di Barrett (noto anche come epitelio di Barrett*) è una condizione caratterizzata dalla trasformazione strutturale del tessuto mucoso dell’esofago in un tessuto di tipo diverso, nella fattispecie, di tipo intestinale; tecnicamente si parla di metaplasia.
Tale trasformazione è considerata come condizione precancerosa (si consideri che la presenza dell’esofago di Barrett aumenta notevolmente, da 30 a 125 volte, il rischio di sviluppare un tumore a carico dell’esofago).
Da un punto di vista tecnico, si può parlare di esofago di Barrett soltanto nel caso in cui la metaplasia sia dimostrata endoscopicamente (tramite apposito esame) sia istologicamente (vale a dire attraverso una biopsia).
L’esofago di Barrett è una condizione patologica forse non particolarmente conosciuta, ma è sicuramente più diffusa di quanto non si sia portati a ritenere; la sua prevalenza è però difficile da stimare in quanto nella stragrande maggioranza dei casi (si supera il 90%) è priva di sintomi.
Ne risultano colpiti maggiormente i soggetti di sesso maschile (il doppio rispetto ai soggetti di sesso femminile. Le razze caucasiche e quelle ispaniche sono maggiormente interessate dal problema rispetto alle razze asiatica e nera.
L’esofago di Barrett può fare la sua comparsa a qualsiasi età, ma la prevalenza di tale condizione tende a elevarsi con l’aumentare dell’età tant’è che l’età media alla diagnosi si aggira sui 60 anni.

Alcolici e superalcolici sono tra gli alimenti sicuramente da escludere per chi soffre di esofago di Barrett
Esofago di Barrett – Classificazione
Si può effettuare una classificazione dell’esofago di Barrett facendo riferimento alla lunghezza del tratto di esofago interessato dalla metaplasia; facendo riferimento a questo criterio si parla di:
Long Barrett – il segmento interessato ha una lunghezza superiore ai 3 cm
Short Barrett – il segmento interessato è compreso fra 1 e 3 cm di lunghezza
Ultra-short Barrett – il segmento interessato misura meno di 1 cm.
Cause
Le cause dell’esofago di Barrett sono ancora sconosciute; purtuttavia sono noti vari fattori di rischio; il principale è rappresentato senza ombra di dubbio dalla presenza di malattia da reflusso gastroesofageo (il problema, infatti, è più diffuso, da tre a cinque volte, nelle persone affette da reflusso gastroesofageo), anche se il riscontro di esofago di Barrett è possibile in soggetti che non soffrono di malattia da reflusso gastroesofageo.
Altri fattori di rischio di una certa importanza sono la presenza di ernia iatale (una particolare condizione anatomica caratterizzata dalla risalita di una porzione dello stomaco dalla cavità addominale alla cavità toracica) l’abuso di bevande alcoliche, il vizio del fumo (un altro buon motivo per smettere di fumare), il sovrappeso e l’obesità e la familiarità.

L’esofago di Barrett è una seria complicanza dell’esofagite, caratterizzata dalla trasformazione strutturale del tessuto mucoso dell’esofago.
Esofago di Barrett – Sintomi
In sé e per sé, l’esofago di Barrett è una condizione clinica asintomatica (cioè non dà luogo a sintomi); è però spesso associata ai vari segni e sintomi che caratterizzano la presenza di esofagite peptica (altresì nota come malattia da reflusso gastroesofageo) ovvero disfagia (difficoltà nella deglutizione) e odinofagia (sensazione di dolore mentre si deglutisce), sensazione che gli alimenti assunti facciano fatica a scendere lungo l’esofago, dolori toracici retrosternali, dolori allo stomaco, perdita dell’appetito, nausea, rigurgiti di saliva e vomito. Altri segni e sintomi possibili sono sanguinamenti intestinali e feci di colore particolarmente scuro.
Nel peggiore dei casi, l’esposizione continua dell’esofago alle secrezioni acide finisce per provocare una metaplasia che evolve in displasia e, infine, in neoplasia dell’esofago; praticamente si ha questa sequenza:
malattia da reflusso gastroesofageo –> esofagite –> esofago di Barrett (metaplasia) –> displasia –> tumore dell’esofago.
Considerato quanto sopra è opportuno che chi soffre di reflusso gastroesofageo faccia periodici controlli per verificare l’eventuale presenza di esofago di Barrett in modo da prendere le adeguate contromisure.
Diagnosi
La diagnosi di esofago di Barrett richiede l’esecuzione di un’endoscopia e di una biopsia del tessuto esofageo. L’esame dei campioni di tessuto prelevato fornirà i dati necessari a stabilire la gravità della situazione; maggiore è il grado di displasia, maggiori sono i rischi di un’evoluzione in senso tumorale. Va comunque precisato che la presenza di un alto grado di displasia non significa necessariamente che si svilupperà un tumore all’esofago, anche se i rischi, effettivamente, sono elevati; la buona notizia è che il processo displasico non è irreversibile, a differenza di un processo tumorale; in altri termini: le cellule displasiche possono tornare normali, mentre le cellule tumorali non torneranno più a esserlo.
Esofago di Barrett – Cura
La cura dell’esofago di Barrett si pone diversi scopi: controllare la sintomatologia del reflusso gastroesofageo, guarire l’esofagite e far tornare alla normalità i tessuti che hanno subito una trasformazione strutturale (prima metaplasica e in seguito displasica).
Le opzioni a disposizione per la cura dell’esofago di Barrett sono diverse; il primo aiuto arriva dai cosiddetti farmaci antiacido; la loro azione, come facilmente si intuisce dalla denominazione, è quella di ridurre l’acidità gastrica; i farmaci antiacido (noti anche come inibitori della pompa protonica) non sempre però sono in grado di riportare alla normalità i tessuti metaplastici o displastici; se il grado di displasia è basso, si continua la cura farmacologica e si eseguono esami endoscopici con una periodicità che sarà il gastroenterologo a stabilire a seconda del singolo caso. Se, invece, il grado di displasia è elevato si deve prendere in considerazione la possibilità di intervenire in modo più drastico, asportando il tessuto per via endoscopica o distruggendolo tramite la terapia fotodinamica; in casi particolari, quelli particolarmente gravi, il medico può consigliare di rimuovere totalmente la zona interessata da esofago di Barrett.
Con la terapia endoscopica si agisce asportando o comunque distruggendo i tessuti metaplastici o displastici; scopo di questa terapia è di far sì che con il passare del tempo si riformi del tessuto normale prenderà il posto di quello distrutto o rimosso.
La terapia fotodinamica è una forma di laserterapia che sfrutta un agente fotosensibilizzante; di fatto si agisce iniettando in vena l’agente fotosensibilizzante; dopo due giorni, tramite laser, lo si attiva per fargli distruggere il tessuto anomalo.
I casi più gravi di esofago di Barrett vengono curati chirurgicamente o tramite resezione della mucosa esofagea o asportando la gran parte dell’esofago.
Esofago di Barrett – Cosa mangiare
L’esofago di Barrett è una condizione che può trarre giovamento da una modifica dello stile alimentare; oltre a cosa mangiare è importante dare un taglio alle eventuali abbuffate; è fondamentale assumere piccoli pasti e masticare bene i cibi; l’importanza di una corretta masticazione viene troppo spesso sottovalutata; mangiare in modo frettoloso senza ben masticare rende più difficoltoso il processo digestivo e favorisce il reflusso.
Fra i alimenti che si dovrebbe evitare di mangiare o bere (o che comunque dovrebbero essere assunti molto sporadicamente), se si soffre di esofago di Barrett, ricordiamo:
- alcolici e superalcolici
- bevande gassate
- caffè e tè e le bevande contenenti caffeina
- condimenti piccanti
- condimenti a base di burro.
- formaggi grassi e/o stagionati
- fritture.
Occorre inoltre limitare l’assunzione di agrumi e pomodori nonché dei relativi succhi.
Chi è affetto da esofago di Barrett dovrebbe anche evitare di masticare i chewing-gum; la gomma da masticare causa infatti un aumento della quantità di aria nella sacca gastrica; il conseguente innalzamento della pressione all’interno dello stomaco è un fattore predisponente al reflusso gastroesofageo.
Cosa è permesso mangiare invece? In linea generale è consigliabile orientarsi verso quegli alimenti che non favoriscono l’acidità gastrica e che sono facilmente digeribili (per esempio, pasta, pane, riso, carni magre, frutta – tranne gli agrumi – formaggi magri, verdure e yogurt).
* L’esofago di Barrett deve il suo nome al chirurgo di origine australiana Norman Barrett (1903-1979), che per primo la descrisse nel 1950.
Indice materie – Medicina – Sintomi – Esofago di Barrett