L’epilessia è una patologia neurologica di cui esistono varie forme e che si manifesta attraverso una variegata sintomatologia che costituisce la cosiddetta crisi epilettica. L’epilessia è individuabile per il ripetersi di accessi di convulsioni o di altre manifestazioni parossistiche motorie, sensitive, psichiche, neurovegetative.
Il termine epilessia deriva da una parola greca, il verbo epilambanein che possiamo tradurre con l’espressione “essere colti di sorpresa“.
Come detto, esistono varie forme di epilessia tant’è che alcuni autori ritengono più corretto parlare di epilessie.
La stragrande maggioranza delle forme di epilessia, una volta individuate, possono essere controllate adeguatamente attraverso i farmaci e sono pertanto compatibili con una vita normale; altre forme invece sono più difficilmente gestibili e la loro gravità pertanto è decisamente maggiore.
L’epilessia è una patologia abbastanza diffusa; le stime più recenti parlano, relativamente ai Paesi industrializzati, di un soggetto interessato dalla malattia ogni 100 persone; si ritiene che nel continente europeo vi siano circa 6 milioni di persone con epilessia in fase attiva (ovvero persone che vengono colpite da crisi persistenti e/o sono sottoposte a trattamento anti-epilettico); non è comunque improbabile che la frequenza della malattia sia sottostimata in quanto, in molti casi viene tenuta nascosta sia per motivazioni psicologiche che per motivazioni sociali.
Per quanto concerne il nostro Paese, si ritiene che i soggetti interessati da epilessia siano circa 600.000. Per quanto riguarda i picchi di incidenza della malattia, questi si registrano nei bambini, nei giovani adulti e nelle persone anziane.
Epilessia – Cause
In molti casi le cause dell’epilessia sono ignote; si parla in questi casi di epilessia idiopatica. Molti autori ritengono che alla base di varie epilessie idiopatiche vi siano cause di tipo genetico.
In altri casi la causa dell’epilessia è nota; la malattia può essere infatti originata da un danno cerebrale che si verifica al momento della nascita (il tipico caso è un problema di ossigenazione al cervello durante il parto) oppure da una malformazione cerebrale provocata da un problema nello sviluppo; in altri casi il problema può essere stato originato da patologie di carattere infettivo come, per esempio, un’encefalite oppure da malattie quali un tumore cerebrale, un ictus o una malformazione dei vasi del cervello ecc.
In altri casi ancora l’origine dell’epilessia va ricercata in eventi di tipo traumatico di una certa gravità (incidente stradale o sul lavoro ecc.).
Sono molti i fattori esogeni che possono scatenare una crisi epilettica in un soggetto affetto da epilessia; rappresentano fattori scatenanti la crisi epilettica gli intensi stress di tipo psico-fisico, modificazioni del ciclo sonno-veglia (per esempio a causa di veglie prolungate), l’abuso di sostanze alcoliche, l’assunzione di sostanze stupefacenti (per esempio la cocaina) ecc.
Alcuni soggetti affetti da epilessia hanno una spiccata sensibilità alle stimolazioni luminose intermittenti, siano esse artificiali o naturali (il tipico caso è il passaggio in auto lungo un viale alberato).
In soggetti particolarmente sensibili la crisi epilettica può essere scatenata anche da una permanenza eccessiva davanti allo schermo televisivo o dalla pratica di determinati videogame. Per questi soggetti si può mettere in atto una forma preventiva adottando alcuni accorgimenti pratici; oltre a limitare il tempo trascorso davanti alla televisione, si dovrebbe evitare di guardarla a luce spenta, sarebbe poi consigliabile dotarsi di apparecchi televisivi la cui frequenza di aggiornamento dello schermo sia almeno 100 Hz; consigli simili valgono per coloro che amano giocare con i videogame. Va precisato che le crisi epilettiche indotte dai videogame sono un’eventualità piuttosto rara; il fattore scatenante principale è sicuramente la forte stimolazione luminosa, ma non si deve dimenticare il ruolo giocato sia dallo stress emotivo che il videogame può scatenare sia dall’intensità e del tipo di colore delle immagini. Va comunque precisato che il problema della fotosensibilità non riguarda tutte le forme di epilessia e viene testata nel corso dell’esecuzione dell’EEG; nel caso in cui la fotosensibilità sia particolarmente accentuata è sicuramente opportuno attenersi alle indicazioni riportate in precedenza e, eventualmente, indossare degli occhiali dotati di particolari lenti colorate.
Epilessia – La crisi epilettica e i sintomi associati
Come detto in apertura, l’epilessia ha la sua manifestazione nella crisi epilettica; con tale espressione ci si riferisce a un disturbo di tipo transitorio che insorge improvvisamente dando luogo a una sintomatologia alquanto variegata.
La crisi epilettica è sostanzialmente una risposta aspecifica del cervello a vari danni (le cui cause possono essere diverse) che lo interessano; com’è noto, la comunicazione neuronale avviene attraverso impulsi di tipo elettrico generati da scambi di tipo biochimico fra le cellule; nel caso in cui, per una qualsivoglia ragione, una popolazione di neuroni (che può essere più o meno estesa) scarica elettricità in modo eccessivo può scatenarsi una crisi epilettica. La “popolazione” di neuroni che dà luogo all’eccessiva scarica elettrica viene detta focolaio epilettogeno.
Una crisi epilettica può essere parziale (si parla anche di crisi focale) oppure generalizzata. La crisi focale, come si può facilmente intuire dalla terminologia, inizia in una zona delimitata dell’emisfero cerebrale e di qui può diffondersi in altre zone; la crisi generalizzata invece coinvolge fin da subito entrambi gli emisferi cerebrali. L’esempio più eclatante di crisi generalizzata è la crisi epilettica convulsiva, nota anche come Grande Male (vedasi più avanti); si parla invece di Piccolo Male quando ci si riferisce a una crisi epilettica caratterizzata da un’improvvisa, ma breve sospensione della coscienza non accompagnata da alcun accesso convulsivo.
Una crisi epilettica può essere isolata, ma si possono avere anche vari episodi in serie. La durata della crisi va da pochi secondi a pochi minuti.
Per convenzione, per parlare di epilessia è necessario che un soggetto abbia avuto perlomeno due crisi epilettiche spontanee. In alcune forme di epilessia le crisi epilettiche si ripetono sempre con le medesime modalità, mentre in altre le crisi possono modificarsi nell’arco del tempo; è quindi possibile che un soggetto affetto da epilessia abbia un determinato tipo di crisi in gioventù e un altro in un’età più matura. Vi sono poi anche soggetti affetti da epilessia che manifestano vari tipi di crisi.
Come accennato in precedenza, la crisi più grave è la crisi di Grande Male la quale insorge bruscamente: a volte il soggetto getta un grido, subito dopo perde coscienza e si accascia a terra. In un primo tempo la muscolatura di tutto il corpo si irrigidisce, poi compaiono violente scosse convulsive localizzate agli arti e al capo, con morsicatura della lingua e perdita di saliva, urine, a volte vomito. Inizia quindi la fase di risoluzione della crisi, con il soggetto immerso in un sonno profondo e prolungato, con respiro russante e a volte coma.
Ovviamente le caratteristiche delle crisi epilettiche sono variabili e non tutti i sintomi descritti possono presentarsi. Le crisi possono ripetersi ed essere anche ravvicinate, provocando uno stato assai pericoloso per il paziente. Per prima cosa occorre adagiare a terra il soggetto, poiché con l’inizio della crisi e la perdita di coscienza egli potrebbe cadere malamente procurandosi lesioni; si allentano poi eventuali abiti stretti.
Pur proteggendo il paziente da lesioni, non si deve tentare di tenerlo fermo durante le convulsioni. Se è possibile, si deve voltargli lateralmente il capo perché non soffochi aspirando accidentalmente saliva o vomito. Ci si deve astenere dal mettere qualcosa in bocca al soggetto perché potrebbe rompersi e determinare ostruzione delle vie aeree (eventualmente si potrebbe posizionare un fazzoletto per evitare un’eventuale morsicatura della lingua).
È importante controllare attentamente i segni vitali (respiro, circolo) e provvedere al trasporto in ospedale. Se il soccorritore notasse, all’insorgenza della crisi, qualche particolare segno, per esempio la rotazione del capo o degli occhi da un certo lato, deve ricordarsi di riferirlo al medico, perché potrebbe essere un’informazione utile a localizzare in quale parte del cervello si è originato il focolaio della crisi.
Le convulsioni febbrili
Un doveroso cenno va riservato alle cosiddette convulsioni febbrili (talvolta dette crisi febbrili).
Nei bambini possono verificarsi crisi epilettiche causate da un improvviso rialzo febbrile; si tratta di una crisi provocata e, in questi casi, non viene posta la diagnosi di epilessia.
Le convulsioni febbrili possono essere semplici o complesse; nel primo caso si tratta di episodi che durano meno di un quarto d’ora e che non si ripetono nell’arco delle 24 ore; nel secondo caso, invece, la durata oltrepassa i 15 minuti e l’episodio tende a ripetersi nelle 24 ore e può essere associato a un deficit neurologico.
Di solito, le crisi semplici hanno una durata di circa 2 o 3 minuti e non sono necessari trattamenti. Le crisi complesse possono essere trattate con la somministrazione di benzodiazepine (con microclisteri) o con somministrazione di midazolam per via oro-mucosale.
Le recidive nei bambini che hanno sofferto di crisi febbrili vengono stimate attorno al 40% e sono più comuni nei soggetti di età inferiore ai 15 mesi e in coloro in cui esiste un’importante familiarità sia per quanto concerne le crisi febbrili sia per quanto riguarda l’epilessia. Va precisato anche che il rischio di un’evoluzione verso l’epilessia nei bambini con crisi febbrili semplici è quasi nullo, mentre è più elevato (si va dal 4 al 15% circa) in coloro nei quali si sono registrati crisi febbrili complesse.
Diagnosi
Nel caso si sospetti la presenza di epilessia è consigliabile rivolgersi ai centri specializzati in questa patologia; in queste strutture non soltanto è possibile diagnosticare l’eventuale presenza dell’epilessia, ma anche, se questa è presente, sapere qual è la forma di epilessia di cui il soggetto soffre.
La prima tappa del percorso diagnostico consiste in un accurato interrogatorio clinico che, preferibilmente, dovrebbe essere svolto alla presenza dei conviventi che possono fornire preziosi dettagli sulle modalità di svolgimento della crisi epilettica.
Dal punto di vista laboratoristico l’esame principale per la diagnosi di epilessia è l’elettroencefalogramma (EEG), un esame innocuo e scarsamente invasivo. L’elettroencefalogramma standard grazie al quale è possibile registrare l’attività elettrica del cervello. La registrazione viene effettuata tramite degli elettrodi collegati a uno strumento che amplifica un milione di volte l’attività cerebrale rilevabile a livello di superficie cranica. Un’altra metodica di esame è il cosiddetto Video-EEG; attraverso questa metodica è possibile filmare il soggetto che si sta sottoponendo a un elettroencefalogramma.
Esiste anche la possibilità di utilizzare dei registratori portatili che permettono di registrare un EEG per periodi di 24 o 48 ore (EEG dinamico); di fatto si tratta di registrazioni che avvengono non soltanto nel corso di una visita, ma durante lo svolgimento delle normali attività giornaliere.
Altre tecniche diagnostiche che sono utilizzate in caso di sospetta epilessia sono la TAC e la risonanza magnetica, metodiche che, come noto, forniscono immagini molto dettagliate dell’organo indagato, in questo caso il cervello e che in molti casi sono in grado di evidenziare lesioni anche molto piccole.
Vanno infine segnalate le necessarie indagini laboratoristiche di tipo genetico; poco meno di un terzo delle epilessie infatti hanno un’origine genetica.

L’esame principale per la diagnosi di epilessia è l’elettroencefalogramma (EEG), un esame innocuo e scarsamente invasivo.
Terapia
Il primo approccio terapeutico all’epilessia è sempre di tipo farmacologico.
Fino a poco più di vent’anni fa, non si avevano a disposizioni molti farmaci per il trattamento dell’epilessia. A partire dai primi anni ’90 del XX secolo, sono state introdotte sul mercato diverse nuove ed efficaci molecole.
I farmaci tradizionali utilizzati in caso di epilessia (spesso usati in prima battuta) sono la carbamazepina, la fenitoina, il fenobarbital e il valproato. Sono invece farmaci di nuova generazione il felbamato, il gabapentin, la lamotrigina, il levetiracetam, l’oxcarbazepina, la tiagabina, il topiramato e il vigabatrin.
I farmaci di nuova generazione vengono generalmente prescritti in casi particolari oppure per aumentare l’efficacia di una terapia antiepilettica effettuata con i farmaci di vecchia generazione. Diversi studi hanno dimostrato che alcuni farmaci antiepilettici di nuova generazione hanno mostrato efficacia anche in monoterapia (è il caso di gabapentin, lamotrigina e oxcarbazepina); altri invece (felbamato e vigabatrin nella fattispecie) sono utilizzati soltanto per trattare forme di epilessia particolarmente resistenti oppure in determinati casi pediatrici in quanto sono caratterizzati da importanti effetti collaterali.
La gestione dei farmaci antiepilettici non è banale e può occorrere un certo tempo per trovare il farmaco giusto e il migliore dosaggio; per l’adeguamento di quest’ultimo risulta particolarmente utile la monitorizzazione periodica delle concentrazioni plasmatiche che è possibile effettuare per la stragrande maggioranza dei farmaci antiepilettici disponibili in commercio. Ovviamente non si può prescindere dal giudizio clinico relativo all’efficacia dei farmaci in relazione gli eventuali effetti collaterali.
La durata di una terapia antiepilettica non può essere stabilita a priori; essa infatti dipende da vari fattori fra cui la forma di epilessia, le cause della malattia e il quadro evolutivo.
Generalmente si tende a ridurre in modo graduale i dosaggi dei farmaci antiepilettici quando per un determinato periodo di tempo (solitamente dai 2 ai 5 anni) non si sono più avute manifestazioni della malattia e se non vengono registrate (o vi sono comunque minime) alterazioni nel tracciato elettroencefalografico. Sfortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi (80% circa), si ha una ricomparsa di crisi epilettiche dopo la sospensione del trattamento farmacologico e ciò ovviamente comporta la ripresa della terapia.
Il trattamento farmacologico dell’epilessia si mostra efficace nella stragrande maggioranza dei soggetti (80-85% circa); purtroppo esistono anche casi di epilessia farmacoresistenti. È corretto segnalare che esistono anche casi di farmacoresistenza non reali; è il caso di quei soggetti nel cui caso si sono commessi errori relativamente alla forma di epilessia e che vengono trattati con farmaci inadatti. Anche una scelta inadeguata dei dosaggi di un farmaco di per sé appropriato al caso può essere scambiata per farmacoresistenza.
Circa un quinto dei soggetti farmacoresistenti potrebbe trarre giovamento da un intervento neurochirurgico. Va detto che il ricorso alla chirurgia viene proposto solo in quei casi in cui è possibile intervenire risolvendo il problema dell’epilessia senza provocare importanti danni di tipo neurologico.
Il successo dell’intervento chirurgico dipende sostanzialmente da un’approfondita valutazione precedente che individui in modo corretto la zona cerebrale dalla quale si scatenano le crisi epilettiche e che dimostri che la rimozione di tale zona non provochi deficit neurologici non accettabili. La chirurgia dell’epilessia si dimostra efficace in circa il 70% dei casi.
In quei casi di epilessia in cui il soggetto sia farmacoresistente e la terapia chirurgica non sia possibile, si possono soltanto effettuare interventi palliativi che hanno lo scopo di ridurre l’entità delle crisi.
Epilessia e patente di guida
Le persone che soffrono di epilessia possono ottenere il rilascio della patente di guida, a patto che vengano soddisfatte determinate condizioni, dietro presentazione, alla Commissione Medica competente, di un modulo che deve essere compilato e sottoscritto da un neurologo di una struttura pubblica.
In base alla normativa vigente (Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27/12/2010, con successivi regolamenti attuativi contenuti nel Decreto Legislativo del 18/4/2011 (GU n . 99 del 30/4/2011) e nella Circolare del Ministero della Salute del 25/7/2011), rispetto al passato, quando per qualsiasi forma di epilessia era richiesta l’assenza di crisi epilettiche da almeno due anni, attualmente è sufficiente un periodo libero da crisi di almeno un anno per poter richiedere o rinnovare la patente A e B.
È importante notare come l’attuale normativa preveda la distinzione fra epilessia (due o più
crisi epilettiche non provocate a distanza di meno di cinque anni una dall’altra) e crisi epilettica provocata (ovvero scatenata da una causa identificabile e potenzialmente evitabile), quest’ultima compatibile con la guida se il fattore provocante non si ripeterà. per di più, fra le varie forme di epilessia si distinguono quelle epilessie caratterizzate da crisi epilettiche esclusivamente in corso di sonno e quelle con crisi epilettiche senza effetto sullo stato di coscienza e sulla capacità di azione (in questi casi la patente di guida può essere rilasciata a seguito di un periodo di osservazione di almeno un anno, in assenza di altri tipi di crisi). La ricorrenza di crisi dopo la sospensione del trattamento (sospensione che deve essere decisa da un neurologo) in chi è senza crisi da periodi prolungati vieta la guida per soli tre mesi, sempre che il trattamento antiepilettico venga ripreso.
La legge attualmente in vigore prevede inoltre il concetto di guarigione: dopo che sono trascorsi dieci anni senza crisi epilettiche e senza terapia, il soggetto è dichiarato clinicamente guarito dall’epilessia e non è più soggetto a restrizioni. Nel caso di soggetti che invece non hanno crisi da almeno cinque anni, ma assumono ancora farmaci antiepilettici è possibile, a discrezione della Commissione Medica competente, l’ottenimento di un periodo di idoneità alla guida maggiore di quello regolarmente autorizzato (ovvero due anni).
Quanto sopra riportato vale per le patenti di categoria A e di categoria B; le patenti C, D ed E sono soggetti a maggiori restrizioni. È richiesto che il soggetto non abbia crisi e non assuma medicinali antiepilettici da almeno da almeno dieci anni e che l’elettroencefalogramma non presenti alterazioni di tipo epilettico.
Epilessia e professioni militari
Il soggetto cui viene diagnosticata l’epilessia non può essere arruolato nelle Forze Armate.
Chi vuole essere inserito in Polizia (corpo che non dipende dal Ministero della Difesa, ma da quello dell’Interno) potrà esserlo soltanto in ruoli di tipo impiegatizio.
In molti corpi speciali tra l’altro è previsto che chi vuole arruolarsi si sottoponga a un esame elettroencefalografico. La presenza di alterazioni nel tracciato, anche se non specifiche per epilessia, è sufficiente a determinare il rigetto della domanda.
Epilessia e ticket sanitario
In base alla normativa vigente, il soggetto cui è stata diagnosticata una forma di epilessia può richiedere l’esenzione del ticket relativamente alle visite specialistiche e agli esami relativi alla patologia in questione. L’esenzione (indicata nell’apposito tesserino con il codice 017.345) è valida per due anni di tempo e può essere rinnovata.
I farmaci antiepilettici, in quanto considerati farmaci salvavita, sono a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale. Va però precisato che la gran parte dei farmaci per la cura dell’epilessia che sono attualmente in commercio hanno perso il brevetto, ragion per cui esistono anche i cosiddetti farmaci generici; su alcuni farmaci di “marca”, quindi, viene richiesta la differenza di prezzo rispetto al generico; questa differenza è a carico del paziente. Deve essere comunque autorizzato dal neurologo il passaggio da un farmaco di marca a un generico in quanto non sempre è assicurata la bioequivalenza fra farmaci.
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