L’epatite B è una patologia infettiva a carico del fegato causata da un virus appartenente alla famiglia Hepadnaviridae, l’HBV (Hepatitis B Virus, virus dell’epatite B); ne esistono diversi sierotipi e genotipi. In passato l’epatite B era nota come epatite da siero. Si tratta di una malattia caratterizzata da una notevole contagiosità; la trasmissione del virus può avvenire tramite il sangue infetto o attraverso i fluidi corporei come la saliva, il secreto vaginale e lo sperma). Si ritiene che una delle principali cause dell’infezione da epatite B sia dovuta ai rapporti sessuali senza protezione.
L’epatite B è una patologia ad ampia diffusione, la prevalenza maggiore si registra in Cina e nell’Asia meridionale (dall’8 al 20%); anche nel continente africano si hanno elevate percentuali di infezioni da HBV; meno interessate sono l’America del Nord e l’Europa Centrale (0,2-2%). Per quanto riguarda l’Europa occidentale si stima una prevalenza variabile dal 2 al 7%.
Stime recenti parlano di circa 400 milioni di persone affette da epatite cronica HBV correlata; nelle zone a più alto rischio (Cina, Asia meridionale e Africa) il virus viene generalmente contratto alla nascita (trasmissione verticale dalla madre) o comunque entro il compimento del secondo anno di età (sempre per trasmissione da parte della madre o da altri conviventi); nel mondo occidentale, invece, l’epatite B viene contratta solitamente durante il periodo adolescenziale o nell’età adulta e le cause principali sono generalmente da ricercarsi nei rapporti sessuali non protetti o nella condivisione di oggetti infetti come, per esempio, siringhe, rasoi o spazzolini.
L’epatite B può essere la causa principale della comparsa di gravi problemi quali la cirrosi, il tumore al fegato o l’insufficienza epatica. La stragrande maggioranza dei soggetti adulti colpiti dalla malattia è generalmente in grado di superare l’infezione anche in quei casi in cui la sintomatologia sia alquanto pesante; maggiori problemi vi sono invece per i neonati e i bambini, generalmente più propensi allo sviluppo di un’infezione cronica da epatite B.
La misura più efficace è sicuramente la prevenzione, basata sull’igiene ambientale e personale. L’Italia è il primo Paese al mondo ad aver messo in atto una strategia su larga scala, a partire dal 1991 con la vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati e i dodicenni, raggiungendo un tasso di copertura attorno al 99% al Nord, al 98% al Centro e al 78% al Sud.
Il rischio di contrarre la patologia si fa particolarmente elevato per tutti coloro che, per i più svariati motivi, visitano e soggiornano in Paesi nei quali il virus dell’epatite B è particolarmente diffuso.
Epatite B – Sintomi e segni
La stragrande maggioranza dei lattanti e dei bambini e una parte dei soggetti adulti colpiti da epatite B non presenta sintomi particolari.
Tra sintomi più comuni che possono fare la loro comparsa, più o meno severamente, in caso di epatite B (generalmente dopo tre mesi dall’avvenuto contagio) vi sono il calo dell’appetito, stanchezza, rossore cutaneo, dolori addominali (in particolar modo localizzati a destra), dolori alle articolazioni, ittero, urine di colore scuro, feci di colore chiaro, nausea e vomito.
Anche quando l’epatite decorre in modo asintomatico il danno epatico può risultare evidente.
L’epatite B può essere di tipo acuto o di tipo cronico.
Le forme acute di epatite B (che sono la stragrande maggioranza) tendono generalmente a regredire in modo spontaneo senza lasciare conseguenze; sono quei casi in cui il sistema immunitario reagisce in modo positivo all’infezione da HBV. Quando invece il sistema immunitario non reagisce in modo adeguato, la patologia può cronicizzare provocando, a lungo andare, danni di notevole entità all’organo epatico.
Epatite B – Trasmissione
Sono sufficienti piccolissime quantità di liquido biologico per trasmettere il virus dell’epatite B; le cose poi sono complicate dal fatto che l’HBV è un virus molto resistente anche negli ambienti esterni; anche se fuori dal corpo, infatti, può mantenere la sua infettività per circa un mese.
Per quanto riguarda le modalità di contagio, alle quali abbiamo già accennato in precedenza, ricordiamo che la più importante è la trasmissione del virus attraverso i contatti sessuali; il virus dell’epatite B è in grado di penetrare nell’organismo anche attraverso microscopiche lesioni cutanee o delle mucose.
Altra modalità di contagio è rappresentata dall’uso promiscuo di quei materiali in grado di provocare ferite o microtraumi; è il tipico caso dei rasoi, di siringhe, di spazzolini da denti ecc.
Anche un uso non adeguato degli strumenti utilizzati per praticare tatuaggi o piercing.
La trasmissione del virus dell’epatite B nei neonati può avvenire attraverso il sangue infetto della madre; per ovviare nei limiti del possibile a questo problema, nelle donne incinta si ricerca la presenza del virus nel sangue (vedasi Esami in gravidanza, paragrafo Esami in gravidanza: dalla trentatreesima alla trentasettesima settimana); qualora il test dia esito positivo, si somministreranno specifiche immunoglobuline al neonato subito dopo la nascita dopodiché si provvederà a eseguire una vaccinazione; ciò consente di ridurre notevolmente le possibilità che il bambino contragga l’epatite B.
Il virus non si trasmette invece né attraverso il contatto con il sudore o le lacrime di una persona infetta; i soggetti colpiti da epatite B e successivamente guariti non possono trasmettere il virus e non abbisognano di vaccinazione.
Viste le modalità di contagio, appaiono abbastanza ovvi i fattori di rischio della malattia; l’epatite B infatti viene contratta più facilmente da:
- quei soggetti che svolgono la loro attività lavorativa o si recano in quelle zone in cui la patologia è particolarmente diffusa (vedasi paragrafo iniziale)
- coloro che si iniettano droghe condividendo la siringa con altre persone
- chi è a stretto contatto con soggetti infetti
- chi ha rapporti sessuali non protetti
- coloro affetti da altre patologie sessualmente trasmissibili (quali, per esempio, la clamidia e la gonorrea)
- coloro che per ragioni professionali sono più esposti al sangue umano.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità l’incidenza dell’epatite B è scesa da 12 casi/100.000 nel 1985 a 0,6 casi/100.000 nel 2016.
Diagnosi
La presenza di epatite B può essere sospettata quando la malattia si trova nella sua fase acuta e si manifesta con sintomi quali ittero, urine di colore scuro (ricordano il colore del marsala) e feci di colore chiaro. Il problema è in molti casi il decorso della malattia è asintomatico e il soggetto colpito da epatite B può non sospettare la presenza della malattia per lunghissimo tempo con conseguente ritardo nel trattamento.
La presenza di epatite B può provocare un notevole innalzamento dei livelli delle transaminasi nella fase acuta iniziale (si può arrivare anche a 3.000 UI/l); nella fase cronica invece il rialzo di detti valori non è particolarmente accentuato. Si riscontrano inoltre alterazioni dei valori di bilirubina.
La certezza della diagnosi di epatite B arriva soltanto attraverso lo studio del dosaggio dei marker del virus. Nello schema sottostante è visibile l’interpretazione di tali marker:
Cura
La cura dell’HBV varia in base alla tipologia della malattia. In caso di infezione acuta la terapia da intraprendere è soprattutto di supporto; non occorre infatti intraprendere una specifica terapia in quanto, generalmente l’organismo è in grado di eliminare il virus in modo spontaneo (diversi medici però trattano farmacologicamente la malattia anche nel caso di infezioni acute); è ovviamente indicato un monitoraggio dei valori ematici legati alla funzionalità epatica. Se gli esami mostrano alterazioni particolarmente significative potrebbe essere opportuno un monitoraggio in sede ospedaliera perché potrebbe esserci il rischio di un’evoluzione alla forma fulminante.
In caso di infezione cronica lo scopo principale del trattamento è quello di evitare o perlomeno ritardare, nei limiti del possibile, le complicanze legate all’epatite B; scopo secondario del trattamento in questo tipo di infezioni è quello di minimizzare il numero dei soggetti portatori cronici.
Fino a pochi anni fa il farmaco di prima scelta per il trattamento dell’epatite B cronica era l’interferone alfa; studi recenti hanno mostrato una maggiore efficacia dell’interferone pegilato.
L’efficacia del trattamento viene monitorata attraverso il monitoraggio dei livelli di HBV-DNA; se il soggetto risponde bene alla terapia si registra anche un calo dei livelli ematici delle transaminasi; spesso tale calo è preceduto da un rialzo notevole dei livelli di queste ultime; tale rialzo è la conferma di attivazione immunologica.
I candidati al trattamento con interferone sono potenzialmente tutti i soggetti portatori cronici di epatite B, ma, a livello pratico, sono molte le variabili che vanno considerate. Il trattamento con interferone non è scevro infatti da effetti collaterali anche di una certa serietà; è però vero che molti disturbi legati a questo tipo di trattamento tendono a ridursi in modo progressivo; spesso sono transitori e cessano con l’interruzione del trattamento.
Sono numerose anche le controindicazioni al trattamento con interferone quali ipersensibilità al tipo di farmaco, presenza di patologia cardiaca severa, insufficienza renale cronica, cirrosi epatica scompensata (nel caso di un picco delle transaminasi non è da escludere la comparsa di un’epatite fulminante), patologie tiroidee, alcune malattie autoimmuni e alterazioni del sistema nervoso centrale.
Altri farmaci utilizzati in caso di epatite B sono la lamivudina, l’adefovir, l’entecavir, la telbivudina, il tenofovir e l’emtricitabina (in caso di confezione HIV).
Epatite B – Vaccino
Da molti anni è disponibile un vaccino in grado di prevenire l’epatite B in modo molto efficace.
Il vaccino attualmente disponibile è costituito da una proteina della superficie del virus che viene sintetizzata attraverso la tecnica del DNA ricombinante.
Solitamente per la vaccinazione dei nuovi nati si utilizza un vaccino esavalente; tale vaccino è efficace oltre che per l’epatite B, anche per la difterite, il tetano, la pertosse, le infezioni invasive da HIB (Haemophilus influenzae di tipo B) e la poliomielite.
La legge 165/91 rese obbligatoria la vaccinazione contro l’epatite B per tutti i nuovi nati nel primo anno di vita e, per i 12 anni successivi all’entrata in vigore di tale legge, per tutti i bambini di età fino ai 12 anni. Con la fine del 2003 la vaccinazione degli adolescenti si è conclusa e la vaccinazione anti-epatite B rimane obbligatoria soltanto per i neonati.
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