Le emorroidi sono varicosità delle vene del plesso venoso emorroidario (o plesso venoso rettale) ovvero di quel reticolo venoso che fa parte della mucosa anale e che è deputato alle funzioni di continenza e di evacuazione. La loro presenza ha un ruolo di una certa importanza per mantenere la continenza fecale.
Nel linguaggio comune il termine emorroidi viene però usato in modo improprio; con esso infatti si è soliti riferirsi a un fenomeno patologico noto come malattia emorroidaria. I vasi sanguigni che si trovano nel plesso emorroidario, infatti, sono soggetti a fenomeni patologici come infiammazioni o trombosi e sono spesso causa di una sintomatologia caratterizzata da bruciore, dolore, prurito e sanguinamento.
Sarebbe quindi più corretto parlare perlomeno di emorroidi patologiche, ma anche fra gli addetti ai lavori, ormai, per comodità, si indica spesso la malattia emorroidaria semplicemente con il termine emorroidi.
Le emorroidi patologiche sono comunissime, tanto che si può affermare con certezza che si tratta della patologia anale più comune; alcuni autori ritengono che circa il 90% della popolazione sia colpita, almeno una volta nel corso della vita, da questo fastidioso disturbo. Va però ricordato che esistono disturbi proctologici di diverso tipo che hanno in comune con le emorroidi diversi segni e sintomi; è quindi possibile che il fenomeno, per quanto frequentissimo, sia percentualmente sovrastimato.
Di emorroidi patologiche possono soffrire persone anche molto giovani, ma la loro insorgenza si verifica generalmente nelle persone che hanno un’età compresa tra i 40 e i 65 anni; di norma tendono ad aggravarsi con il passare del tempo.
La malattia emorroidaria non può considerarsi una malattia grave (in termini di sopravvivenza), ma è sicuramente un disturbo che, negli stadi di maggiore severità, può abbassare notevolmente il livello di qualità della vita. È pertanto consigliabile, qualora si soffra di tale disturbo, non sottovalutare il problema e agire per tempo in modo da far sì che il quadro non diventi così complicato da dover ricorrere all’intervento chirurgico che deve rimanere l’extrema ratio.
Emorroidi interne ed esterne
A seconda della loro localizzazione, si distinguono emorroidi interne ed esterne.
Le emorroidi interne si sviluppano all’interno del canale anale e sono indolori (a meno che non siano completamente prolassate o siano associate a ragadi), mentre quelle esterne appaiono come protuberanze dure e dolenti.
Le cause e i fattori di rischio
Le cause delle emorroidi non sono note con certezza. La stragrande maggioranza degli autori ritiene che la malattia emorroidaria abbia eziologia multifattoriale, ovvero che dipenda da molti fattori.
Sicuramente si può parlare di predisposizione ereditaria (i soggetti che hanno una storia familiare di malattia emorroidaria presentano un rischio tre volte superiore alla norma), ma un ruolo importante lo gioca sicuramente lo stile di vita, infatti certi fattori scatenanti trovano terreno più fertile in quei soggetti più predisposti, familiarmente, alla malattia. I principali sono i seguenti:
Regime alimentare: un’alimentazione scorretta può sicuramente essere un fattore scatenante della malattia emorroidaria; molto spesso, infatti, una dieta non adeguata può essere causa di stitichezza, disturbo che favorisce l’insorgenza delle emorroidi. Vi sono poi alimenti che, secondo molti autori, giocano un ruolo importante nello scatenare le crisi emorroidarie (alcol, alimenti piccanti, cacao, cioccolato, salumi, spezie ecc.) anche se non tutti, a onor del vero, concordano su questo punto.
Diarrea cronica – La diarrea cronica può provocare fenomeni irritativi della mucosa che predispongono all’insorgenza di emorroidi.
Postura – Le attività lavorative sedentarie o quelle che costringono il soggetto a una prolungata stazione eretta provocano molte volte un aumento della pressione delle vene presenti nel plesso emorroidario. Anche alcune attività sportive (ciclismo, equitazione, motociclismo ecc.) sono maggiormente predisponenti di altre allo sviluppo di emorroidi dal momento che sono causa di traumi ripetuti a carico delle strutture che sostengono il canale anale.
Farmaci – L’assunzione di farmaci a base di ormoni, di anticoncezionali, di lassativi ecc. può favorire l’insorgenza degli episodi emorroidari acuti.
Gravidanza e ciclo mestruale – Alterazioni ormonali ed effetti meccanici dovuti alla gravidanza e le mestruazioni aumentano il rischio di crisi emorroidarie.
Gli stadi della malattia emorroidaria
La distinzione fra emorroidi interne ed esterne è, secondo alcuni autori, superata dalla classificazione che ne viene fatta in base alla gravità del quadro; in base a questa classificazione si distinguono quattro diversi gradi (o stadi) della malattia emorroidaria:
- emorroidi di I grado
- emorroidi di II grado
- emorroidi di III grado
- emorroidi di IV grado.
Le emorroidi di I grado sono ubicate all’interno del canale anale e di conseguenza non sono visibili se non tramite esame anoscopico; sono generalmente indolori e il soggetto che ne è affetto si rende conto della loro presenza soltanto in caso di sanguinamento.
Le emorroidi di II grado sono ubicate all’interno del canale anale, ma prolassano all’esterno durante l’atto defecatorio per poi rientrare in modo spontaneo. Nel caso di emorroidi di II grado sono presenti sanguinamento e fastidio.
Le emorroidi di III grado prolassano persistentemente all’esterno del canale anale ed è necessaria una manovra manuale di riposizionamento al fine di farle rientrare all’interno del canale stesso.
Quelle di IV grado, infine, sono quelle impossibili da riposizionare all’interno del canale anale per cui la mucosa anale è costantemente a contatto con gli indumenti.
Segni e sintomi delle emorroidi
I segni e i sintomi più caratteristici del disturbo sono rappresentati dal sanguinamento, dal prolasso, dal dolore, dal prurito, dalle perdite mucose e dal fastidio a livello anale.
Il sanguinamento è, senza ombra di dubbio, il segno che compare più frequentemente; come accennato all’inizio, in certi stadi della malattia è infatti l’unico motivo che può far sospettare la presenza della patologia.
Le perdite di sangue causate dalle emorroidi si distinguono da quelle provenienti dal colon per la colorazione più intensa.
Anche il dolore e il prurito sono sintomi abbastanza frequenti nel soggetto affetto da emorroidi; negli stadi iniziali sia dolore che prurito non sono particolarmente intensi e molte persone riescono a convivere abbastanza bene con questa sintomatologia. Non è infrequente che il disturbo, quando si trova ancora agli stadi iniziali, regredisca completamente o comunque si stabilizzi.
I veri problemi si verificano quando il quadro patologico ha raggiunto il III o il IV grado. In questi casi la patologia può rivelarsi, come detto nella parte introduttiva dell’articolo, estremamente penalizzante della qualità della vita, interferendo pesantemente in tutte le attività del soggetto.
Il dolore, il fastidio e il prurito causato dalle emorroidi possono infatti raggiungere livelli molto intensi creando problemi anche nei movimenti più banali.
Inoltre, per quanto la malattia emorroidaria non sia considerata una grave patologia, può essere causa di complicanze più serie (anemia, flebite, ragadi, trombosi).
Diagnosi
Qualora si sospetti la presenza di emorroidi è opportuno consultarsi con uno specialista per una visita proctologica.
Il medico valuta la parte sia in condizioni di riposo sia sotto ponzamento ed esegue un’esplorazione rettale e una visita anoscopica (un esame che viene effettuato introducendo nel canale anale uno strumento monouso chiamato anoscopio o proctoscopio).
Per un corretto e completo inquadramento clinico della situazione, il proctologo potrà eventualmente valutare il ricorso ad altri strumenti diagnostici quali clisma opaco, colonscopia, colonscopia virtuale TC, defecografia, ecografia trans-rettale, EGDS, manometria rettale e studio dei tempi di transito con reperi radiopachi.
Come curare le emorroidi
La terapia è ovviamente relazionata alla gravità del quadro patologico.
Molte volte, nei casi meno gravi (emorroidi di I e II grado), sono sufficienti, oltre a una corretta applicazione di varie strategie di prevenzione (vedi paragrafo seguente), alcuni semplici accorgimenti. Uno di questi consiste nella cura della propria igiene personale: la parte deve essere lavata con acqua tiepida e sapone acido e asciugata tamponando delicatamente con un panno morbido. Evitare assolutamente l’applicazione di ghiaccio che peggiora i sintomi.
È importante inoltre evitare ogni aumento pressorio dei vasi sanguigni del retto: si eviti il sollevamento di oggetti molto pesanti e di fare sforzi eccessivi o prolungati nella defecazione.
Un certo aiuto può venire dall’applicazione di pomate locali: esistono pomate (a base di benzocaina, lidocaina, idrocortisone ecc.) da applicare localmente per alleviare i sintomi e aiutare il rientro spontaneo delle emorroidi nella loro sede naturale. Si deve però fare attenzione a rispettare i tempi, le dosi e le modalità di applicazione per garantire la massima efficacia.
Quando invece il quadro patologico è più serio (emorroidi di III e IV grado) è spesso necessario il ricorso a tecniche più o meno drastiche; una pratica suddivisione è quella che distingue fra tecniche ambulatoriali e trattamenti di tipo chirurgico.
Le tecniche ambulatoriali hanno lo scopo di decongestionare il plesso emorroidario attraverso modalità di tipo meccanico (la legatura), chimico (scleroterapia) e termico (coagulazione a raggi infrarossi, crioterapia e laserterapia).
L’efficacia delle tecniche ambulatoriali risulta inferiore a quella ottenibile con le tecniche chirurgiche. A questo proposito vogliamo ricordare che la crioterapia, una tecnica oggi molto di “moda” e ampiamente pubblicizzata, non viene considerata, secondo le linee guida delle società coloproctologiche italiane (SICCR e SIUCP) ed estere, una tecnica adeguata per la cura delle emorroidi.
Le tecniche chirurgiche sono sicuramente più invasive, ma più risolutive anche se le recidive non vengono totalmente escluse.
I trattamenti chirurgici vengono effettuati secondo varie tecniche (dilatazione anale, emorroidectomia aperta secondo Ferguson, emorroidectomia aperta secondo Milligan e Morgan, emorroidectomia aperta con harmonic scalpel, dearterizzazione emorroidaria sotto guida doppler, prolassectomia con stappler detta anche emorroidectomia secondo Longo), le più usate attualmente sono l’emorroidectomia secondo Milligan e Morgan e la tecnica di Longo.
La prima tecnica, meno recente, è basata sull’asportazione dei noduli emorroidari attraverso le legature effettuate alla base del peduncolo vascolare. Il decorso operatorio è piuttosto lungo (4-6 settimane) e non totalmente indolore.
La tecnica di Longo (PPH, Procedure for Prolapse Haemorroids) è basata sostanzialmente sul riposizionamento delle emorroidi prolassate; questa tecnica, messa a punto dal dottor Antonio Longo nel 1993, permette un recupero più veloce (dai 10 giorni alle due settimane) e, secondo diversi autori, riduce maggiormente la sintomatologia dolorosa rispetto alla tecnica di Milligan e Morgan.
L’intervento messo a punto da Longo può essere eseguito anche in anestesia locale e ha una durata piuttosto breve (un quarto d’ora circa); non è necessario che il paziente venga ricoverato.
Se l’intervento viene eseguito correttamente di norma non insorge alcuna complicanza. Peraltro la grande maggioranza dei pazienti operati non necessita di terapia antalgica.
Le normali attività possono essere riprese in meno di una settimana, tipicamente dopo 4 o 5 giorni dall’intervento.
La percentuale di recidive risulta bassissima ed è decisamente inferiore a quella che si registra per gli interventi più tradizionali.
Tutte le tipologie di emorroidi che necessitano di intervento chirurgico possono essere trattate con questa metodica.
La tecnica di Longo è notissima a livello internazionale tant’è che risulta praticata in tutti gli ospedali del mondo.
Emorroidi: strategie di prevenzione
In presenza di recidive o volendo prevenire il problema (specialmente nel caso in cui ci sia una certa familiarità della malattia) la prima cosa da fare è
attenersi a un corretto stile di vita
che comprenda al suo interno l’abbandono della sedentarietà e la cura per un’alimentazione corretta. L’attività fisica, una dieta ricca di frutta e verdura (e conseguentemente ricca di apporto di acque e fibre), l’impiego di cibi ad hoc (come gli yogurt con probiotici), un’attenzione alla propria psicologia (eliminazione dello stress, attenzione al proprio corpo ecc.) permettono oggi di eliminare il problema della stitichezza, che costituisce un fattore di rischio e comunque un aggravamento dei sintomi nel caso di patologia già in atto.
Durante la fase acuta, è utile correggere ulteriormente la propria dieta (si consulti a tale proposito il nostro articolo Dieta per la malattia emorroidaria).
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