Con il termine emofilia si fa riferimento a un gruppo di patologie del sangue che comprende l’emofilia A (la forma più diffusa), l’emofilia B e l’emofilia C (la meno grave).
Si tratta di disfunzioni nella sintesi di proteine del sangue coinvolte nel processo di coagulazione. L’emofilico soffrirà perciò di emorragie spontanee, mentre quelle provocate da traumi che in un soggetto normale non avrebbero conseguenze particolari potranno dare seguito a patologie più gravi.
Emofilia A
Si tratta della forma più diffusa di emofilia: colpisce un individuo ogni 10.000. È caratterizzata da una carenza nella sintesi della subunità C del fattore VIII del sangue, una componente proteica che svolge un’importante azione nel processo di coagulazione.
Questa patologia colpisce esclusivamente i maschi e si trasmette per via ereditaria. In particolare, dal momento che il gene preposto alla sintesi del fattore VIII si trova nel cromosoma X, la trasmissione per via ereditaria avviene dalla madre, che sarà portatrice sana, al figlio maschio. I figli maschi, a loro volta, trasmetteranno la patologia alle figlie, che saranno portatrici sane, ma non ai figli.
In ogni caso bisogna tenere presente che questa patologia può insorgere nella donna (sempre come portatrice sana) anche non a causa di trasmissione ereditaria, ma per la mutazione di un cromosoma X (questo si verifica in una notevole percentuale di casi, circa il 30%).
Alterando la capacità di coagulazione del sangue, l’emofilia provoca emorragie spontanee e aggrava il rischio in presenza di emorragie provocate da traumi o da altre cause. Inoltre, dal momento che la subunità C del fattore VIII è coinvolta nell’emostasi secondaria, l’emorragia può presentarsi in un momento successivo alla lesione: dapprima la perdita di sangue si arresta per la formazione regolare del tappo emostatico, ma in una seconda fase la carenza del coagulo fibrinico impedisce l’arresto dell’emorragia.
I casi più gravi sono quelli legati alle emorragie cerebrali, mentre quelle articolari possono portare nell’emofilico al blocco dell’articolazione interessata, fino alla rigidità permanente.
La diagnosi consente di evidenziare la presenza di questa patologia (test di emostasi, conteggio delle piastrine, tempo di sanguinamento, dosaggio dei fattori della coagulazione).
La cura è incentrata sull’assunzione da parte del paziente di preparazioni concentrate di fattore VIII. Queste preparazioni sono ottenute grazie ai donatori, fatto che nel recente passato ha provocato una notevole diffusione di infezioni come l’epatite virale e l’AIDS fra gli emofilici. Oggi, l’aumento dei controlli e il miglioramento delle procedure di raccolta e trattamento del sangue hanno consentito la drastica riduzione di questo tipo di rischio.
Emofilia B
La carenza nella sintesi del fattore IX contraddistingue l’emofilia B. Anche questa, come la A, si trasmette per via ereditaria in relazione al cromosoma X e colpisce solo individui di sesso maschile. È meno diffusa della A: colpisce circa un individuo su 100.000. Anche in questo caso siamo in presenza di emorragie e la cura avviene per assunzione del fattore IX di cui l’emofilico è carente.
La forma C
Emofilia C è una terminologia impropria, con cui si indica una patologia caratterizzata da carenza nella sintesi del fattore XI. In questo caso la trasmissione ereditaria è di tipo autosomico, perciò possono risultare malati gli individui di entrambi i sessi. Il quadro emorragico è meno grave rispetto all’emofilia A e B. La cura consiste nell’assunzione di fattore XI.
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