Il disturbo schizoide di personalità è un disordine caratterizzato dalla scarsa capacità di instaurare relazioni sociali di qualunque tipo, mostrando indifferenza verso i rapporti umani e anche una limitata capacità di condividere emozioni ed esperienze. Per poter parlare di disturbo schizoide, queste caratteristiche non devono manifestarsi occasionalmente nel tempo, ma essere un tratto distintivo della personalità, che può riguardare l’adolescenza e l’età adulta. Si ha una prevalenza di uomini rispetto alle donne che vengono colpite circa la metà del sesso maschile.
Secondo alcuni autori il disturbo schizoide colpirebbe oltre il 7% della popolazione, ma il dato appare sinceramente esagerato, in quanto molte diagnosi non tengono conto che il disturbo ha tratti ben precisi e, a volte, drammatici, e non deve essere confuso con altre situazioni di alterazioni della personalità dai risvolti sociali più lievi. Il disturbo schizoide deve comunque considerarsi una patologia rara.
Il disturbo schizoide di personalità: i sintomi
Chi soffre di questa patologia tende ad avere pochissimi amici ed evita sistematicamente occasioni di interazione sociale, come feste o celebrazioni, che coinvolgano rapporti stretti con altre persone. Generalmente non prova interesse per il sesso e non si crea una famiglia. Nel lavoro, chi soffre di questo disturbo sceglie occupazioni solitarie, contesti lavorativi che minimizzino i rapporti umani e la competitività.
Per quanto riguarda la sfera affettiva ed emozionale, sono evidenti l’incapacità di esprimere emozioni e sentimenti. Generalmente chi soffre di disturbo schizoide viene spesso considerato una persona fredda e molto riservata. Il soggetto stesso si rende conto di essere percepito come tale.
Un altro tratto è l’indifferenza alle critiche o all’apprezzamento altrui.
Da tutto ciò discende la totale assenza di obiettivi.
Nei casi più gravi il soggetto appare lento e letargico, si esprime in maniera monotona senza varianti delle espressioni.
Anche il disturbo evitante di personalità presenta il tratto dell’isolamento sociale, ma con la differenza che nel caso del disturbo schizoide, l’isolamento sociale non viene vissuto con sofferenza e ansia, ma anzi viene quasi ricercato e desiderato (si parla di separazione dal mondo).

Di fatto, chi è affetto dal disturbo evitante di personalità assiste alla vita delle altre persone come spettatore passivo (credit: stock.adobe.com)
Più difficile la diagnosi differenziale con il disturbo dello spettro autistico moderato, avendo in comune una grave limitazione dei contatti sociali e comportamenti e interessi impersonali. Fondamentale la storia del soggetto, visto che il disturbo dello spettro autistico appare quasi sempre nella prima infanzia, mentre quello schizoide di personalità più tardi.
Il disturbo schizoide di personalità: le cause
Le cause del disturbo schizoide di personalità non sono ancora state identificate con certezza. La letteratura scientifica identifica varie possibili componenti importanti allo sviluppo del disordine:
- Un’infanzia vissuta in un contesto familiare caratterizzato da assenza di calore e scambi di emozioni con i genitori.
- Un’eccessiva competitività a livello familiare che ha portato il soggetto a sentirsi sminuito all’interno del nucleo.
- Episodi di bullismo.
- Una componente genetica. Alcuni studiosi, infatti, mettono in evidenza una certa correlazione tra questo disturbo e la presenza di malati di schizofrenia nella stessa famiglia, ipotizzando molti dei fattori di rischio della schizofrenia possano causare anche il disturbo schizoide.
Il disturbo schizoide di personalità: la cura
Non è facile curare il disturbo schizoide di personalità, in quanto difficilmente chi ne è affetto entra in contatto con il terapeuta. Conseguentemente, in letteratura esistono poche ricerche su questo disordine. A causa delle difficoltà a relazionarsi con gli altri, le terapie di gruppo, seppure consigliate, non sono di grande aiuto a causa della propensione all’isolamento del soggetto.
La terapia cognitivo comportamentale può avere qualche effetto positivo e migliorare la qualità della vita del paziente individuando emozioni o pensieri con una psicoterapia a lungo termine. I trattamenti farmacologici non sono consigliati, se non quelli a breve termine per alleviare gli episodi di forte ansia associati a inevitabili contatti sociali nella vita del paziente che sono vissuti con forte stress e sofferenza.
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