La displasia congenita dell’anca (DCA), nota anche come lussazione congenita dell’anca, displasia evolutiva dell’anca o, più brevemente, come displasia dell’anca, è la più comune malformazione scheletrica congenita. Si tratta essenzialmente di un difetto dello sviluppo, presente fin dalla nascita, a livello dell’articolazione dell’anca (anche articolazione coxo-femorale) che molto raramente ha guarigione spontanea e che, frequentemente, evolve in quadri patologici piuttosto complessi di lussazione o sublussazione dell’anca.
I casi più lievi di displasia congenita dell’anca potranno essere semplicemente monitorati; quelli più gravi devono essere precocemente trattati per evitare in futuro seri problemi invalidanti.
A prescindere dal loro livello di gravità, in tutti i casi di displasia congenita dell’anca, l’acetabolo (l’incavo del bacino) è sostanzialmente piatto, con la conseguenza che la testa del femore non può adattarsi e collocarsi saldamente al suo interno. Sostanzialmente si possono descrivere tre condizioni:
- anca lussata (è il caso più grave; la testa del femore è totalmente fuori dall’acetabolo)
- anca lussabile (caso di gravità media; la testa del femore si trova all’interno della tasca acetabolare, ma può essere facilmente spinta fuori nel corso di una visita medica)
- anca sublussabile (è il caso meno grave; la testa del femore si trova all’interno della tasca acetabolare, ma è mobile; nel corso di una visita medica, l’osso può essere facilmente spostato all’interno dell’acetabolo, ma non può essere spinto esternamente).
Un disturbo diffuso?
Sulle percentuali di diffusione di questo disturbo la letteratura è amplissima, ma sfortunatamente altrettanto confusa. I tassi di incidenza, a seconda delle varie fonti, sono molto diversi fra loro; questa incertezza è probabilmente dovuta a vari fattori fra cui le diverse definizioni della displasia dell’anca, le differenze nei criteri diagnostici, l’età della popolazione oggetto di studio, dalle razze e dalla diversa localizzazione geografica.
Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo la gran parte delle fonti, l’incidenza della displasia dell’anca va dal 3 al 4% circa; alcune regioni sono colpite in modo particolare; è il caso di Emilia Romagna (5%), Valle d’Aosta, Marche e Basilicata (4%), Lombardia (in alcune zone della Brianza l’incidenza è elevatissima (15-20% circa); il problema è quasi sconosciuto in Sicilia. Per quanto riguarda l’Europa, i Paesi maggiormente interessati sono la Polonia, la Germania, la Spagna e la Francia.
La displasia congenita dell’anca è un problema soprattutto femminile; le bambine, infatti, risultano essere colpite 5 volte di più dei loro coetanei maschi. Può presentarsi monolateralmente o bilateralmente; nel caso di presentazione monolaterale è il lato sinistro quello maggiormente interessato.
Sono i primogeniti a essere maggiormente colpiti, soprattutto nel caso in cui il parto sia stato podalico (si parla di parto podalico quando il bambino rivolge al canale della parte inferiore del corpo invece che la testa).
Displasia dell’anca – Cause
Più che di cause si deve parlare di fattori di rischio; quelli tipicamente associati all displasia dell’anca sono il sesso femminile, l’etnia, la presentazione podalica, la familiarità, l’età paterna avanzata, la maternità precoce, la nascita prematura e l’oligoidramnios (condizione della gravidanza caratterizzata da una ridotta quantità di liquido amniotico).
Segni e sintomi
La displasia dell’anca può manifestarsi in modo diverso a seconda dell’età; nei neonati è tendenzialmente asintomatica e soltanto una visita ortopedica è in grado di rilevare l’eventuale presenza della patologia.
Diverso è il discorso nel bambino che cammina da solo in quanto il peso corporeo tende a lussare l’articolazione coxo-femorale, ne deriva un accorciamento dell’arto interessato con conseguente zoppia. Altri segni o sintomi che possono far sospettare la presenza di displasia sono la pelle irregolare alle pieghe delle cosce e una minore mobilità o minore flessibilità in un lato.
Nel soggetto adulto, a seconda che l’anca sia lussata o no; nel primo caso si possono avere rispettivamente iperlordosi e ginocchio valgo, mentre nel secondo una predisposizione allo sviluppo di artrosi severa con conseguente accorciamento dell’arto.
Diagnosi
Nel neonato la diagnosi passa attraverso l’esame clinico e l’esecuzione di un’ecografia; la radiografia ha ancora un suo ruolo nella diagnosi, ma dal momento che la testa del femore inizierà la sua ossificazione (e potrà quindi apparire ai raggi X) soltanto verso il quinto mese di vita, è opportuna un’ecografia quando sono trascorse 10-12 settimane dalla nascita se non sussiste alcun sospetto o se non vi sono fattori di rischio in gioco (familiarità, sesso ecc.) perché, come detto precedentemente, soltanto una diagnosi precoce può evitare problemi futuri in quei casi di DCA di notevole serietà. Se invece sono in gioco fattori di rischio l’esame ecografico viene eseguito pochi giorni dopo la nascita.
Relativamente all’esame clinico, è doveroso un cenno alla cosiddetta manovra di Ortolani (dal nome del suo inventore, il pediatra ferrarese Mario Ortolani). Si tratta di una manovra che è ancora oggi utilizzata da tutti i pediatri nel corso della prima visita neonatale.
La displasia dell’anca può essere di diversi gradi di severità
La manovra può apparire “banale”, ma per essere eseguita in modo corretto richiede una certa esperienza. Praticamente il pediatra afferra le ginocchia del bambino e le piega a novanta gradi verso il bacino; a questo punto, molto delicatamente, si allontanano, si divaricano e si roteano le cosce; nel caso in cui l’articolazione coxo-femorale non sia adeguatamente sviluppata il pediatra avverte un caratteristico “clac”, uno scatto che è il segno della fuoriuscita della testa del femore dalla cavità acetabolare. Si tratta di una manovra che serve a evidenziare i casi di displasia congenita dell’anca più grave, ma non è in grado di fornire indicazioni su quelli più lievi.
Trattamento della displasia dell’anca
Se la patologia viene diagnosticata alla nascita, in molti casi può essere corretta tramite un’apposita cintura o un tutore; nei casi in cui la diagnosi venga fatta quando il bambino ha cominciato a camminare il trattamento è più complesso e non sempre i risultati sono prevedibili. Sostanzialmente i trattamenti sono di due tipi: non chirurgico e chirurgico.
Trattamento non chirurgico – Nei neonati si ricorre al cosiddetto divaricatore di Pavlik; si tratta di uno speciale tutore che dovrà essere indossato dal piccolo per circa due mesi e ha lo scopo di mantenere la testa femorale nella cavità acetabolare; il divaricatore è studiato in modo che le gambe del bambino possano circolare liberamente e, cosa essenziale data l’età, che il ricambio dei pannolini possa essere fatto in modo agevole.
Nei bambini più grandicelli (1-6 mesi di età), il femore viene riposizionato correttamente utilizzando un dispositivo che ha varie similitudini con quello citato in precedenza. Di norma il tutore dovrà essere indossato continuamente per sei settimane e, in seguito, altre sei settimane part-time. In casi più complessi si ricorre a una procedura di riduzione chiusa (viene confezionato un gesso che ha lo scopo di mantenere le ossa al loro posto); questa procedura richiede l’anestesia.
Anche nei bambini di età compresa tra i sei mesi e i due anni si interviene con l’intervento di riduzione chiusa; il medico manipolerà la coscia in modo da collocare correttamente la testa femorale (il bambino è sotto anestesia generale).
Trattamento chirurgico – I bambini di età compresa tra i sei mesi e i due anni nei quali gli interventi precedenti non hanno sortito i risultati sperati, è necessario intervenire chirurgicamente. Di fatto, si incide il fianco del bambino e il chirurgo posizionerà la testa femorale nella giusta sede. Dopo l’intervento è necessaria una gessatura allo scopo di mantenere la posizione dell’anca.
In linea generale, una displasia congenita dell’anca trattata precocemente e adeguatamente non dovrebbe lasciare strascichi; se al contrario la patologia non è stata trattata per tempo o in modo corretto si avranno nel corso degli anni problematiche di vario tipo (dolore, artrosi ecc.); in questi casi si dovrà nuovamente far riscorso alla chirurgia (protesi d’anca o altre metodiche molto complesse come l’osteotomia del bacino e/o del femore).
Va precisato, per correttezza, che in alcuni sfortunati casi, anche se il trattamento è precoce e adeguato, non si ottengono i risultati sperati.
Indice materie – Medicina – Sintomi – Displasia congenita dell’anca