Il diabete mellito è una forma di diabete. Il diabete è una patologia molto comune. Per amor di precisione, diabete è un termine generico con il quale ci si può riferire a patologie decisamente diverse fra loro che, anche se in alcuni casi presentano sintomatologia simile; tali patologie sono caratterizzate da eziologia (cause) e patogenesi (meccanismo secondo cui si instaura un processo morboso) indipendenti. Le principali forme di diabete sono il diabete mellito e il diabete insipido. Il diabete insipido può essere centrale oppure nefrogeno (anche renale).
Generalmente, nel parlare comune, il termine diabete a sé stante sta per diabete mellito che è la tipologia di diabete che si presenta con maggiore frequenza. Il diabete insipido infatti è una patologia abbastanza rara.
In questo articolo tratteremo soltanto il diabete mellito. Per quanto riguarda il diabete insipido rimandiamo all’articolo che lo tratta in dettaglio.
Il diabete mellito: una patologia metabolica
Il diabete mellito (le cui forme principali sono il tipo 1 e il tipo 2) è una patologia metabolica caratterizzata dalla presenza di iperglicemia*; quest’ultima condizione può essere dovuta a una riduzione della secrezione di insulina da parte dell’organo pancreatico oppure dalla combinazione della riduzione della secrezione insulinica e della resistenza dei tessuti periferici all’insulina.
Com’è noto, l’insulina è unoIl diabete mellito (le cui forme principali sono il tipo 1 e il tipo 2) è una patologia metabolica caratterizzata dalla presenza di iperglicemia degli ormoni che regolano i livelli ematici di glucosio (l’altro è il glucagone); la sua azione è ipoglicemizzante e se la sua secrezione è ridotta, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno provocando una condizione di iperglicemia; a questa condizione, si associano spesso, con il passare del tempo, delle complicanze a livello dei vasi sanguigni, ovvero la macroangiopatia (patologia non specifica del diabete mellito) e la microangiopatia (patologia specifica della malattia diabetica).
La macroangiopatia è un’alterazione che interessa i grossi vasi arteriosi attraverso la deposizione di lipidi (placca aterosclerotica) sulla superficie della tonaca interna di tali vasi; con l’andare del tempo la placca subisce una trasformazione fibrosa con indurimento dei vasi, perdita della loro elasticità, riduzione del calibro e del flusso sanguigno.
La microangiopatia diabetica è una severa complicanza della malattia che interessa i piccoli vasi di vari organi. L’aspetto probabilmente più noto della microangiopatia diabetica è la retinopatia diabetica. I dati a disposizione indicano che, dopo circa un ventennio di malattia, un’alta percentuale dei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1 e un certo numero di coloro colpiti da quello di tipo 2, riportano un qualche grado di retinopatia; ciò fa sì che il diabete mellito rientri fra le principali cause di disturbi visivi e cecità legale nei Paesi occidentali. Si consideri, infatti, che circa il 4% dei soggetti con diabete mellito di tipo 1 insorto prima dei 30 anni sono ciechi da un punto di vista legale e, nella stragrande maggioranza dei casi (90% circa), tale cecità è da attribuirsi alla retinopatia diabetica. Nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2, risultano legalmente ciechi il 2% di coloro in cui la malattia è insorta dopo i 30 anni; in un terzo di questi casi, la cecità è attribuibile alla retinopatia.
Diabete mellito: i numeri in Italia
I numeri italiani relativi alla patologia sono purtroppo impressionanti.
Il diabete mellito di tipo 2, la forma più comune, interessa, nel nostro Paese, diversi milioni di persone. Si stima che circa 3 milioni di persone abbiano il diabete mellito di tipo 2 e siano diagnosticate e trattate; si stima anche che circa un milione di persone siano affette da diabete mellito, ma non siano diagnosticate.
Si deve inoltre tenere conto che circa 2,6 milioni di persone trovano difficoltà nel mantenere nel range di normalità il livello di glicemia (ricordiamo che l’iperglicemia prelude in molti casi allo sviluppo della patologia). Questi numeri rivelano che quasi il 10% della popolazione italiana ha difficoltà nel mantenere controllati i livelli di glicemia.
Il diabete mellito di tipo 1 è una patologia considerata rara; fra queste però è la più frequente. Nel nostro Paese si registrano ogni anno circa 5.000 nuovi casi. Si ritiene che in Italia siano circa 250.000 le persone affette da questa forma della malattia. La regione Sardegna ha un tasso di incidenza della malattia superiore alla media europea.
Diabete mellito: alcune premesse fondamentali
Una delle principali forme di energia per il corpo umano sono i carboidrati (altre fonti sono i lipidi e le proteine); uno dei carboidrati fondamentali per il nostro organismo è il glucosio, normalmente presente nel torrente ematico (la concentrazione di glucosio nel sangue viene detta glicemia); esso viene fornito all’organismo grazie agli alimenti introdotti; per utilizzare il glucosio come fonte energetica è necessaria la presenza di insulina, un ormone proteico secreto dalle cellule beta delle isole di Langerhans (strutture endocrine del pancreas costituite da cinque tipi di cellule: alfa, beta, delta, PP ed epsilon).
Tra le molteplici funzioni di questo ormone c’è quella di fungere da trasportatore dei glicidi ai tessuti; in parole povere: l’insulina fa sì che il glucosio penetri all’interno delle cellule; qui sarà utilizzato o stoccato. Durante l’introduzione di alimenti il glucosio viene prima assorbito e poi riversato nel torrente ematico; ciò provoca un innalzamento dei livelli glicemici oltre i valori normali; il ripristino di tali valori entro il range di normalità è deputato all’insulina; se ciò non avviene si instaura una condizione di iperglicemia e una parte dei carboidrati in eccesso viene escreta per via renale tramite le urine (spesso, infatti, nei diabetici, si ha glicosuria). In un soggetto affetto da diabete i rialzi glicemici sono presenti non solo dopo i pasti (glicemia postprandiale), ma anche a digiuno.
Diabete mellito: tipo 1 e tipo 2
I pazienti diabetici vengono di solito suddivisi in due classi per le quali si usano numeri arabi (1 e 2) e non più romani [I e II; la vecchia distinzione fra insulinodipendenti, IDDM, tipo I, e non-insulinodipendenti, NIDDM, tipo II, fu modificata nel 1997 dalla American Diabetes Association (ADA) sostituendo la classificazione che era in uso dal 1979]. Vediamo la situazione completa.
Diabete mellito di tipo 1 – Caratterizzato dalla distruzione delle betacellule.
Porta a un’insulino-deficienza assoluta.
Ha due forme:
- Diabete Mellito Immuno-Mediato (Immune-Mediated Diabetes Mellitus): causato da una distruzione mediata autoimmune delle beta cellule del pancreas
- Diabete Mellito Idiopatico (Idiopathic Diabetes Mellitus): causa sconosciuta.
Diabete mellito di tipo 2 – Causato da insulino-resistenza con possibile relativa (anziché assoluta) insulino-deficienza.
Varia da un’insulino-resistenza predominante con un’insulino-deficienza relativa a un’insulino-deficienza predominante con qualche insulino-resistenza.
Alterata omeostasi glicemica (IGH) – Stato metabolico intermedio tra omeostasi glicemica normale e diabete. Fattore di rischio per il diabete e malattie cardiovascolari.
- Alterata Glicemia a Digiuno (IFG: Impaired Fasting Glucose) – Glicemia a digiuno superiore alla norma, ma non patologica.
- Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT: Impaired Glucose Tolerance) – Glicemia superiore alla norma, ma non patologica, a seguito della somministrazione di 75 g di glucosio.
Diabete mellito gestazionale (GDM) – Intolleranza al glucosio in gravidanza.
Diabete mellito causato da altre eziologie identificabili:
- difetti genetici della funzione delle cellule beta
- difetti genetici dell’azione dell’insulina
- disturbi del pancreas esocrino (tumore al pancreas, cisti fibrosa, pancreatite ecc.)
- endocrinopatie (sindrome di Cushing)
- indotto da farmaci o agenti chimici (steroidi)
- infezione (rubella, Coxsackie, CMV ecc.)
- forme non comuni di diabete immuno-correlato
- altre sindromi genetiche.
Diabete mellito: la diagnosi
Basandosi sui nuovi criteri, la diagnosi di diabete mellito può essere stabilita basandosi su uno dei seguenti parametri:
- segni e sintomi di diabete più una rilevazione casuale di glicemia superiore o uguale a 200 mg/dl
- glicemia a digiuno superiore o uguale a 126 mg/dl
- glicemia a due ore durante l’OGTT (Oral Glucose Tolerance Test o tolleranza al glucosio, anche test da carico orale di glucosio) superiore od uguale a 200 mg/dl.
Rispetto ai criteri precedenti, le variazioni relativamente alla diagnosi di diabete mellito sono relative agli ultimi due punti; nel caso 2, il valore della glicemia non era 126 mg/dl, ma 140 mg/dl. Nel caso 3, precedentemente il valore alterato doveva essere confermato da un altro test.
La diagnosi di alterata tolleranza al glucosio (IGT) viene posta quando la glicemia a digiuno è minore di 126 mg/dl e la glicemia a due ore durante l’OGTT è superiore o uguale a 140 mg/dl e minore di 200 mg/dl.
La diagnosi per l’alterata glicemia a digiuno (IFP) viene posta con una glicemia a digiuno superiore o uguale a 110 mg/dl, ma minore di 126 mg/dl.
Per valutare la presenza di diabete gestazionale si ricorre al già citato test da carico orale di glucosio (OGTT), test che è spiegato in dettaglio nel nostro articolo Glicemia.
Segni, sintomi e complicanze del diabete mellito
Nel diabete mellito di tipo 1 la sintomatologia è rappresentata da poliuria (aumento oltre il livello di normalità, relativamente all’età del soggetto, della quantità di urina emessa nel corso delle 24 ore), polidipsia (condizione caratterizzata da uno stato di sete intensa che porta il soggetto a ingerire notevoli quantità di liquidi), polifagia (notevole aumento dell’appetito), calo ponderale, iperglicemia e glicosuria.
Spesso la sintomatologia insorge in modo molto rapido e il soggetto può essere costretto al ricovero in una struttura sanitaria allo scopo di evitare l’insorgere di chetoacidosi diabetica, una complicanza dovuta all’incremento della produzione dei corpi chetonici.
La sintomatologia nel diabete mellito di tipo 2 è meno evidente di quella del diabete di tipo 1; spesso infatti il tipo 2 viene diagnosticato in seguito a esami di laboratorio di routine; la patologia infatti ha tempi di instaurazione decisamente lenti e prima che l’iperglicemia e la glicosuria siano manifeste trascorre molto tempo. Talvolta, invece, la patologia viene diagnosticata in seguito a controlli effettuati relativamente a una o più complicanze diabetiche.
Tra le complicanze di più comune riscontro della patologia troviamo l’aterosclerosi, la retinopatia diabetica, la nefropatia diabetica, la neuropatia diabetica, l’ulcera diabetica; c’è spesso inoltre un aumento della suscettibilità alle infezioni (cistiti, vaginiti ecc.).

Diabete e complicanze: fondamentale uno stile di vita sano. Entro il 2040 ci saranno quasi 630 milioni di diabetici, le donne sono più colpite.
Diabete mellito: la terapia
I soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1 devono sottoporsi costantemente alla terapia insulinica e comprendono generalmente soggetti giovani, nei quali la malattia insorge bruscamente a causa di un’infezione virale pancreatica. Quelli soggetti al tipo 2 possono invece essere curati con farmaci antidiabetici più blandi e includono tutti quei pazienti, generalmente di media età e con parenti di primo grado già affetti da diabete mellito, in cui la patologia ha uno sviluppo graduale.
Il diabete mellito del secondo tipo (diabete mellito dell’adulto) rappresenta il 95% di tutti i casi di diabete. Colpisce il 2% della popolazione e un altro 1% non sa di esserne affetto, in quanto spesso non dà sintomi (una glicemia di 110 mg/dl è sospetta, mentre un valore sopra i 126 mg/dl (7 mmol/l) è sicuramente da considerare con attenzione). Purtroppo all’iperglicemia spesso si affiancano colesterolo totale elevato (e colesterolo HDL scarso, cioè un quadro di dislipidemia) e ipertensione arteriosa con evoluzione verso arteriosclerosi e rischio d’infarto, ictus cerebrale, gangrena dei piedi, problemi oculari e renali.
Nel trattamento della malattia, i farmaci antidiabetici e l’insulina devono essere associati a una dieta molto rigida, caratterizzata dalla quasi totale assenza di zuccheri e bevande alcoliche, e all’esercizio fisico (walking o corsa blanda). Si stanno studiando farmaci ipoglicemizzanti che contrastano la resistenza all’insulina (come la metformina o i recenti glitazoni), che stimolano la produzione di insulina (netaglinide e repaglinide) e insuline ad azione ritardata (glargine) che assicurino un assorbimento omogeneo nelle ventiquattro ore.
Diabete mellito di tipo 2 – Una riflessione – È sbagliato considerare, come spesso si fa, il diabete come una malattia solamente ereditaria: il diabete mellito di tipo 2 può colpire tutti a causa di uno scorretto stile di vita. È la forma che può essere controllata e prevenuta con una regolare attività fisica e con la dieta. Infatti molti obesi presentano il quadro dell’insulino-resistenza: iperinsulinemia e scarso controllo della glicemia. Un tale quadro può evolvere verso il diabete mellito di tipo 2.
Cosa serve? Innanzitutto una dieta bilanciata che consenta di avere un peso corporeo corretto, senza abusare di carboidrati (una percentuale di carboidrati vicina al 70% è tipica di molte diete) e in secondo luogo un’attività sportiva che aumenti la sensibilità all’insulina, riducendo l’insulinemia a riposo e un calo della risposta insulinemica con assunzione di carboidrati. In sostanza occorre riportare l’organismo in condizioni di efficienza fisica e alimentare per riportare il funzionamento del meccanismo dell’insulina entro la normalità.
Diabete mellito e obesità – I ricercatori della University of Pennsylvania School of Medicine hanno scoperto una proteina (battezzata resistin) prodotta dalle cellule adipose che è in grado di resistere all’insulina, l’ormone che consente l’utilizzo dei carboidrati. Questa resistenza ostacola l’azione dell’insulina in alcuni tessuti, tra cui i muscoli e il fegato. L’esperimento è stato condotto su topi diabetici e obesi. Poiché nel diabete di tipo 2 (insulinoresistente) si ha un’elevata insulinemia contemporaneamente a un’alta glicemia (livello di zucchero nel sangue) proprio perché l’insulina non riesce a svolgere correttamente il proprio compito, la scoperta consente di legare ancora una volta l’obesità al diabete mellito di tipo 2 e pone le premesse per la produzione di nuovi farmaci (se ovviamente nell’uomo si confermerà l’azione della proteina).
* Si parla di iperglicemia quando i livelli di glucosio ematico superano il limite superiore dell’intervallo di normalità (65-110 mg/dl).
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