Il cheratocono (talvolta indicato con la sigla KC) è una patologia della cornea (viene anche definita come distrofia corneale progressiva non infiammatoria). Il termine deriva dalla parola greca kerathokonus (ovvero cornea conica). Consiste praticamente in un’alterazione della cornea che inizia un processo di assottigliamento e progressivamente si incurva verso l’esterno; la cornea perde quindi la sua tipica sforma sferica e ne assume una conica; questa anomala curvatura causa un astigmatismo irregolare che molte volte si associa a miopia.
Nella maggior parte dei casi il cheratocono si presenta bilateralmente (85%), ma non è detto che la patologia colpisca entrambi gli occhi contemporaneamente (solitamente si presenta in un occhio, mentre il secondo viene colpito entro cinque anni). Il cheratocono è considerato una patologia rara, ma non sembra essere così infrequente, ogni anno infatti si registra un caso ogni duemila persone.
L’età d’insorgenza del cheratocono è decisamente variegata, ma solitamente la patologia fa la sua comparsa durante il periodo puberale e progredisce fin verso i 30-40 anni di età per poi interrompersi. Secondo la stragrande maggioranza degli autori, il periodo in cui viene generalmente posta la diagnosi di cheratocono è quello compreso fra i 20 e i 30 anni. Il cheratocono colpisce in egual misura soggetti di entrambi i sessi.
Cheratocono – Cause
La patologia è nota da moltissimo tempo, ma le sue cause non sono state ancora chiarite.
Alcuni autori ipotizzano che il cheratocono abbia origini ereditarie, ma queste ipotesi spiegano solo una piccola percentuale dei casi (a seconda delle fonti si va dal 7 al 14%). Talvolta il disturbo si presenta in associazione ad alcune rare patologie (sindrome di Down, sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Marfan, osteogenesi imperfetta ecc.).
Altri studi sembrano indicare che all’origine del cheratocono vi siano problemi metabolici, in particolar modo di tipo vitaminico e di tipo endocrino, che provocano un’alterazione del tessuto corneale. Altre ipotesi prendono in considerazione traumatismi ripetuti nel tempo (sfregamento eccessivo degli occhi, uso di lenti a contatto), ma, come detto, non ci sono certezze vere e proprie sulle cause della malattia.
Segni e sintomi di cheratocono
L’irregolare curvatura corneale che caratterizza il cheratocono altera il potere refrattivo della cornea; ciò è causa di una certa varietà di sintomi e segni: il visus si riduce, si percepiscono anelli di luce (halos) quando si osservano fonti luminose, si ha un aumento della sensibilità alla luce, la visione è confusa sia a breve che a lunga distanza.
Nel tempo la qualità della visione peggiora; il problema principale è che, molto spesso, nel periodo iniziale, c’è il rischio di non diagnosticare correttamente il disturbo e ritenere di trovarsi di fronte a una semplice miopia associata ad astigmatismo. Con l’andare del tempo i segni e i sintomi del cheratocono si fanno più evidenti, l’occhio acquista un’anomala brillantezza e gli oggetti riflessi sulla cornea appaiono deformati. Se si osserva l’occhio di profilo è possibile notare la caratteristica sporgenza della superficie trasparente dell’occhio. Se non si interviene, altre manifestazioni cliniche si aggiungono: dolore oculare, lacrimazione, spasmo palpebrale ecc.
Diagnosi
L’esame di elezione per diagnosticare e studiare l’evoluzione del cheratocono è la topografia corneale, un metodo non invasivo che consiste nel proiettare sulla cornea degli anelli di diametro diverso (disco di Placido).
L’elaborazione computerizzata degli anelli riflessi sulla cornea permette di ottenere una mappatura della superficie corneale caratterizzata da un’estrema precisione e ciò consente di valutare sia la forma che la regolarità della cornea.
La topografia corneale è in grado di rilevare anomalie corneali di lievissima entità. Altre indagini strumentali utilizzate sia per la diagnosi che per il controllo dell’evoluzione del cheratocono sono la tomografia corneale, la tomografia a coerenza ottica, la pachimetria e la microscopia endoteliale.

In caso di cheratocono, se si osserva l’occhio di profilo è possibile notare la caratteristica sporgenza della superficie trasparente dell’occhio.
Cheratocono – Cura
Attualmente non esiste una cura farmacologica che consenta di guarire o perlomeno bloccare il cheratocono; gli interventi terapeutici variano a seconda della sua gravità.
Nelle forme più lievi di cheratocono è possibile ricorrere agli occhiali o a lenti a contatto. Nelle forme di cheratocono in cui tali interventi non siano in grado di correggere in modo ottimale il deficit visivo si dovrà ricorrere alla chirurgia. Esistono diversi approcci di tipo chirurgico; di seguito una breve analisi delle varie tecniche.
Trapianto di cornea (cheratoplastica perforante, KP) – Questa tecnica viene utilizzata in quei casi in cui si è verificato un eccessivo assottigliamento all’apice del cono, quando siano presente cicatrici opache centrali e anche in quei casi di cheratocono lieve, ma in cui il soggetto sia intollerante all’uso delle lenti a contatto. Per l’intervento si utilizza la cornea di un donatore. Questa tipologia di intervento presenta una percentuale di successo decisamente elevata (>90%). Il rischio maggiore è quello del rigetto, ma negli ultimi anni questa problematica si è fatta sempre meno frequente.
Cheratoplastica lamellare profonda (KPL) – Anche questa tipologia di intervento prevede l’utilizzo della cornea di un donatore, ma ne viene sfruttata solo la parte esterna. Lo strato più profondo della cornea (l’endotelio) viene mantenuto. Rispetto alla tecnica KP si corrono minori rischi di rigetto, la convalescenza è più breve ed è più semplice controllare l’inevitabile infiammazione post-intervento; sarebbe quindi una tecnica migliore della precedente, ma non è possibile utilizzarla quando la cornea è divenuta eccessivamente sottile.
Altre tecniche chirurgiche – In alternativa alle tecniche di cheratoplastica troviamo diverse altre tipologie di intervento, le più note sono gli anelli intracorneali (INTACS), la PRK, la LASIK (chirurgia refrattiva), la cheratotomia (radiale, curva o asimmetrica), l’epicheratoplastica (EpiKP), l’endocheratoplastica.
Il cross-linking corneale – Il cross-linking corneale è considerata l’ultima frontiera nel trattamento del cheratocono. La tecnica consiste nell’instillare un collirio a base di riboflavina (vitamina B2) che ha lo scopo di proteggere l’endotelio corneale, il cristallino e la retina dalle radiazioni ultraviolette. Affinché la riboflavina possa penetrare internamente è necessario ricorrere all’asportazione dell’epitelio corneale (previa anestesia locale). Dopo aver rimosso l’epitelio della cornea e instillato la riboflavina, si procede con l’irradiazione della cornea con raggi UVA. Tale irradiazione permette di rinforzare la fibra collagene.
L’intervento dura poco meno di un’ora. Si procede poi con le medicazioni a base di colliri e con la successiva bendatura e con l’applicazione di una lente a contatto terapeutica; nel giro di un paio di giorni l’epitelio corneale si riformerà. In questi due giorni è possibile che il soggetto operato provi dolore, fotofobia, sensazione di corpo estraneo all’interno dell’occhio. La visione può essere annebbiata. Se il dolore è eccessivo si potrà ricorrere a farmaci antidolorifici.
Coloro che portavano lenti a contatto prima dell’intervento chirurgico potranno, a seconda dei casi, ritornare a usarle, ma può essere che la visione non sia ottimale per diverse settimane. Generalmente l’intervento è scevro da serie complicanze.
La tecnica del cross-linking corneale permette un rafforzamento della cornea e ne rallenta il cosiddetto sfiancamento; in molti casi si è inoltre osservato un miglioramento dell’astigmatismo. Ad oggi non si hanno dati certi sulla durata dei benefici dell’intervento che, eventualmente, potrà comunque essere ripetuto.
In diverse regioni italiane l’intervento di cross-linking è a carico del Servizio Sanitario Regionale.
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