La celiachia (anche enteropatia da glutine, malattia celiaca, morbo celiaco, sprue celiaca) è una patologia sistemica cronica che interessa prevalentemente l’apparato intestinale e che è causata da un’intolleranza di tipo permanente al glutine, una sostanza lipoproteica composta da due tipi di proteine, le gluteline e le prolammine (chiamate rispettivamente glutenine e gliadine nel frumento); il glutine è contenuto nel farro, nel grano, nel Kamut (ricordiamo che Kamut è un marchio registrato con il quale si fa riferimento a una varietà di grano, il Triticum turgidum ssp. turanicum, noto anche come grano khorasan), nell’orzo, nella segale e in altri cereali; riso e mais ne sono privi. Il glutine è pertanto contenuto in moltissimi alimenti di uso comune come i biscotti, il pane, la pasta, la pizza ecc., i suoi usi a livello alimentare sono molteplici, viene infatti usato come ingrediente in moltissimi prodotti, come addensante nell’industria farmaceutica, come sostanza in grado di dare elasticità e consistenza ai prodotti finali oltre a essere usato come agente lievitante degli impasti.
La celiachia non deve essere confusa con la sensibilità al glutine, una reazione al glutine che coinvolge la cosiddetta immunità innata (una delle due modalità di difesa immunitaria nell’essere umano, l’altra è l’immunità adattativa) e che, a differenza della celiachia non causa danni alla mucosa intestinale.
Nei soggetti affetti da celiachia, l’ingestione di glutine provoca gravi danni a livello della mucosa intestinale che viene attaccata dagli anticorpi prodotti dall’organismo per contrastare l’intolleranza; il danneggiamento della mucosa provoca una severa diminuzione della capacità di assorbimento intestinale. Il malassorbimento può determinare carenze che, a lungo andare, provocheranno altri tipi di patologie. Allo stato attuale esiste un unico tipo di terapia, una dieta priva di glutine (la cosiddetta gluten-free diet) che il soggetto dovrà seguire in modo rigorosissimo per tutta la vita; il soggetto non guarirà, ma i sintomi causati dall’intolleranza al glutine cesseranno e si potranno prevenire le patologie conseguenti al malassorbimento.
Celiachia: una patologia relativamente diffusa
Basandosi sulle più recenti stime, si ritiene che, nei Paesi occidentali, la celiachia interessi circa l’1% della popolazione generale; basandosi su questo dato, nel nostro Paese dovrebbero essere circa 600.000 coloro che sono interessati dal disturbo in questione; un dato che però è molto diverso dai casi diagnosticati che, secondo quanto riferito dal Ministero della Salute, sono poco meno di 165.000; è quindi molto probabile che molti siano affetti dalla malattia senza esserne consapevoli.
La celiachia interessa maggiormente i soggetti femminili (rapporto 3:1); l’esordio della celiachia può avvenire a qualsiasi età, ma i picchi maggiori si registrano nei bambini e nei giovani adulti. Attualmente sono ignoti i meccanismi che scatenano la malattia dopo anni di tolleranza al glutine.
Le cause della celiachia
Non esistono dati definitivi sulle cause della celiachia; i dati epidemiologici attualmente a disposizione sembrano indicare una predisposizione di tipo genetico, esiste infatti una frequenza maggiore della malattia nelle famiglie dove si sono riscontrati altri casi; è però pur vero che la trasmissione della patologia non segue criteri mendeliani per cui si tende a considerare la sua patogenesi come multifattoriale. È la presenza di un assetto genetico HLA-DQ2 o DQ8 che indica la predisposizione alla celiachia; va però precisato che per quanto la presenza sul proprio HLA degli aplotipi predisponenti interessi circa il 30% della popolazione, soltanto il 3% circa contrae la malattia. Va ulteriormente precisato che ciò che si eredita è la predisposizione, non la patologia.
Uno studio, pubblicato su The Journal of Autoimmunity (2016), indica alcuni geni della regione cromosomica (HLA) come i responsabili della predisposizione alla celiachia. Lo studio, finanziato dalla Fondazione Celiachia e dal Miur, è opera di ricercatori italiani ed è stato coordinato da Giovanna del Pozzo dell’Istituto di genetica e biofisica (Igb-Cnr) e Carmen Gianfrani (Ibp-Cnr).
“Nel 95% dei soggetti affetti da celiachia sono presenti alcuni specifici geni definiti di rischio o predisponenti la malattia, in quanto associati all’instaurarsi della risposta immunologica al glutine del grano”. Secondo la ricerca, nel determinare la predisposizione alla malattia è importante non solo il numero dei geni HLA, ma anche la quantità di molecole di Rna da essi prodotta: “la determinazione dei livelli di espressione dei geni potrà servire nel futuro per stabilire l’entità della predisposizione alla celiachia”.
Lo sviluppo della malattia può essere favorito da episodi stressanti a livello organico (gravidanza, parto, interventi chirurgici, gravi infezioni virali ecc.); secondo il National Institute of diabetes and digestive and kidney diseases statunitense sembra che uno dei fattori che hanno un ruolo di protezione o di ritardo nella comparsa della malattia sia l’allattamento al seno. Altri fattori sono legati al tipo di alimentazione seguita e ai livelli quantitativi di glutine introdotti con la dieta.
Segni, sintomi della celiachia
La sintomatologia della celiachia può essere estremamente variegata e può svilupparsi in fasi diverse della vita. I sintomi più comuni sono:
- dolorabilità addominale
- diarrea cronica
- calo ponderale
- anemia
- flatulenza
- dolori osteoarticolari
- disturbi comportamentali
- astenia
- crampi muscolari
- ritardo della crescita
- ulcere nella bocca
- dermatiti
- ciclo mestruale irregolare.
Si è soliti classificare la malattia in quattro forme diverse:
- celiachia tipica (o classica)
- celiachia atipica (o tardiva)
- celiachia silente
- celiachia potenziale (o latente).
Nella forma tipica l’esordio della malattia avviene nei primi mesi di vita, nel periodo dello svezzamento, quando cioè si iniziano a introdurre nella dieta del bambino alimenti contenenti glutine; i sintomi sono la diarrea cronica, il vomito e il ritardo nella crescita. A causa del malassorbimento dei principi nutritivi si ha tutta una serie di problemi quali anemia, astenia, irritabilità, perdita di appetito, rachitismo, alterazione della coagulazione, deficit vitaminici ed elettrolitici ecc. La frequenza della forma tipica è diventata sempre meno frequente grazie alla precocità della diagnosi facilitata dall’affidabilità dei test sierologici.
Nella forma atipica è assente uno dei sintomi più ricorrenti nella forma classica, la diarrea; la prevalenza dei sintomi è di carattere extraintestinale; si hanno manifestazioni di tipo clinico legate al malassorbimento quali anemia sideropenica, bassa statura, rachitismo, osteoporosi, alterazione delle transaminasi, alopecia, stipsi, sindromi emorragiche ecc.
La forma silente è praticamente priva di sintomatologia nonostante vi siano lesioni a livello della mucosa intestinale che tendono a regredire nel caso si adotti una dieta priva di glutine. Tale forma viene scoperta dopo gli screening sui familiari di primo grado di soggetti affetti da celiachia.
Nella forma latente si ha presenza di malattia, ma non vi è stata alcuna manifestazione. Anche se i marcatori anticorpali risultano essere positivi, la mucosa intestinale risulta essere microscopicamente normale. Non è necessario che i soggetti in questione si sottopongono al regime dietetico imposto ai soggetti affetti dalle altre forme di celiachia, ma è necessario monitorarli nel tempo allo scopo di trattarli prima che compaiono manifestazioni cliniche della patologia.
Per amor di precisione va precisato che esistono anche soggetti praticamente asintomatici (o non avvertono alcun sintomo oppure i disturbi avvertiti sono di lievissima entità) e in cui la celiachia viene diagnosticata soltanto perché sono presenti altri casi di celiachia in ambito familiare.
Complicanze della celiachia
Se non trattata adeguatamente, la celiachia può portare a numerose e anche gravi complicanze delle quali riportiamo di seguito una pratica suddivisione:
- complicanze dovute a diagnosi tardiva e/o mancata osservanza del regime dietetico senza glutine;
- complicanze non dovute a diagnosi tardiva e/o mancata osservanza del regime dietetico senza glutine.
Tra le complicanze della celiachia troviamo:
- adenocarcinoma di tipo intestinale
- artrite reumatoide, tiroidite autoimmune ecc.
- iposplenismo (ridotta o assente funzionalità della milza)
- linfoma non Hodgkin
- neoplasie a livello di intestino tenue ed esofago
- osteoporosi
- patologie autoimmuni (dermatite erpetiforme, lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjögren)
- patologie epatiche
- patologie vascolari.
Il sospetto di tali complicanze deve sempre sussistere in tutti quei soggetti che seguono in modo rigoroso un regime dietetico privo di glutine, ma che non trovano giovamento a livello di sintomatologia. Ovviamente il rischio di complicanze è più elevato in quei soggetti in cui la diagnosi di celiachia è stata tardiva e/o che non seguano in modo scrupoloso le indicazioni dietetiche. L’incidenza delle complicanze legate al morbo celiaco cala drasticamente quanto più la diagnosi è stata precoce e quanto più si segue rigorosamente un regime alimentare consono alla patologia.
Diagnosi: i test per la celiachia
Non è semplice diagnosticare la celiachia basandosi sulla sola sintomatologia, molti sintomi e segni infatti sono aspecifici e sono comuni in svariate altre malattie senza considerare che, come visto in precedenza, in molti casi non vi sono sintomi evidenti pur in presenza di lesioni a livello della mucosa intestinale.
I test – I principali test per la diagnosi e il monitoraggio della celiachia sono i seguenti:
1) Anticorpi sierici anti endomisio (EMA) – Gli EMA sono autoanticorpi.
Prima del prelievo si consiglia di digiunare per 12 ore. La valutazione della presenza di EMA serve per la diagnosi e la cura dei pazienti affetti da dermatite erpetiforme (la cosiddetta celiachia della pelle) e malattia celiaca; gli EMA sono infatti presenti nel 70-80% dei pazienti affetti da queste patologie.
2) Anticorpi sierici anti gliadina (AGA) – Il test degli anticorpi anti gliadina è un test non invasivo e poco costoso effettuato per diagnosticare e monitorare la celiachia. Non è un test totalmente specifico in quanto gli AGA possono essere rilevati in soggetti che non sono colpiti dalla malattia celiaca. In caso di positività agli AGA e agli EMA (anticorpi anti endomisio) la presenza della patologia è praticamente certa. Il test perde in sensibilità con il progredire dell’età.
I valori di riferimento sono i seguenti: titolo >12: positivo; da 8 a 12: borderline; <8: negativo.
3) Anticorpi sierici anti transglutaminasi (TGA) – È un test relativamente recente utile nella diagnosi e nel monitoraggio della celiachia. È un test sensibile al 100% ed è anche altamente specifico (96%). I valori di riferimento vengono espressi in UA/ml: <5: negativo; età <3 anni e UA/ml >5: positivo; età >3 anni e UA/ml fra 5 e 7: borderline; età >3 anni e UA/ml >7: positivo.
4) Biopsia della mucosa digiunale – La certezza diagnostica di celiachia si ha grazie all’esame bioptico; in caso di presenza della malattia saranno infatti rivelate le tipiche lesioni che caratterizzano la malattia (atrofia dei villi intestinali, iperplasia delle cripte, infiltrazione leucocitaria della lamina propria). L’esame viene eseguito endoscopicamente prelevando del tessuto in un punto in cui sono evidenti delle alterazioni della parete dell’intestino.
Se in un soggetto viene riscontrata la presenza della malattia è consigliabile l’effettuazione di uno screening anticorpale in tutta la parentela di primo grado.
Come si cura la celiachia?
Attualmente, l’unico trattamento per la celiachia è un regime alimentare privo di alimenti contenenti glutine (la cosiddetta dieta gluten-free); un regime dietetico siffatto consente la riduzione, e talvolta anche l’eliminazione, della sintomatologia e la ricostruzione dei tessuti dell’intestino; ovviamente le possibilità di ripresa e di recupero dei tessuti variano a seconda di determinati fattori come la precocità della diagnosi, la severità dei danni subiti, eventuali interazioni di farmaci che il soggetto malato assume. In base alle osservazioni compiute dal già citato National Institute of diabetes and digestive and kidney diseases statunitense, se la patologia è stata diagnosticata allo stadio iniziale e si rispetta rigorosamente il regime dietetico che la celiachia impone, l’intestino potrebbe riprendere a funzionare normalmente (ricostruzione dei villi compresa) in un periodo che varia dai 3 ai 6 mesi di tempo; se la malattia è invece stata diagnosticata con più ritardo, sono necessari circa due anni per ripristinare le normali funzioni intestinali.
È opportuno, una volta diagnosticata la presenza di celiachia, che il soggetto si sottoponga a visite mediche periodiche allo scopo di monitorare l’andamento della patologia. Un primo controllo viene spesso consigliato trascorsi sei mesi dalla diagnosi; successivamente si potranno effettuare controlli una o due volte l’anno. I controlli periodici sono importanti sia per verificare se la dieta priva di glutine sortisce gli effetti sperati sia per diagnosticare per tempo l’insorgenza di eventuali complicazioni.
Celiachia e dieta gluten-free
Una dieta priva di glutine comporta, senza ombra di dubbio, una modificazione dello stile di vita dal momento che si devono eliminare dal proprio regime alimentare moltissimi cibi, senza contare l’attenzione che deve essere posta nella scelta di prodotti che, seppur naturalmente privi di glutine, potrebbero contenerlo sotto forma di additivo o conservante. Fortunatamente esistono sul mercato moltissimi prodotti sostitutivi che sono in grado di garantire un regime dietetico equilibrato; inoltre si può ricorrere all’uso di farine e/o altri derivati di riso, soia ecc. C’è stato inoltre, nel corso degli ultimi anni, un aumento di sensibilità relativamente alle problematiche dei malati di celiachia e anche molti ristoranti si sono attrezzati per rispondere alle esigenze dei celiaci. Invece non va incentivata l’osservanza della dieta gluten free per individui sani. Si veda l’articolo Il glutine fa male?
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