Autismo è un termine con il quale si fa riferimento a un grave disturbo dello sviluppo neuropsichico caratterizzato da gravi alterazioni nella comunicazione verbale e in quella non verbale e da un estraniamento più o meno accentuato dalla realtà; la patologia rientra nella categoria dei cosiddetti “disturbi dello spettro autistico” (ASD, Autism Spectrum Disorders).
L’edizione più recente del DSM (DSM V, 2013, Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), fa rientrare in detta categoria le seguenti condizioni:
- Autismo
- Sindrome di Asperger
- Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (DPS-NAS)
- Disturbo Disintegrativo dell’infanzia.
Nella precedente edizione del Manuale (DSM IV), questi disturbi erano invece collocati nella categoria dei “disturbi pervasivi dello sviluppo”, di questa categoria faceva parte anche la sindrome di Rett, una patologia che non è stata inserita nei disturbi dello spettro autistico perché è stata provata una sua eziologia molecolare.
Si parla di “spetto autistico” perché ogni soggetto viene colpito in modo diverso; la sintomatologia, infatti, può essere più o meno grave.
Si tratta di una patologia molto complessa e non facilmente gestibile, anche perché i problemi che la caratterizzano permangono solitamente per tutto l’arco della vita del soggetto.
Per quanto, a tutt’oggi, non esista una cura specifica e definitiva per l’autismo, è fondamentale che la diagnosi avvenga il più precocemente possibile così da dare la possibilità di intervenire con opportune terapie educativo-comportamentali.
L’autismo infantile fa il suo esordio entro i primi tre anni di vita; nella stragrande maggioranza dei casi i primi sintomi riferibili a un disturbo autistico iniziano a diventare evidenti nel periodo compreso fra i 10 e i 20 mesi.
In base ai dati attuali, l’autismo colpisce un individuo su 2.000 circa, con netta prevalenza per il sesso maschile (4 volte rispetto alle femmine); se si prendono in considerazione anche i disturbi a esso correlati l’incidenza è triplicata.
Generalmente, i soggetti affetti da autismo non presentano lesioni organiche evidenti, ma talvolta (10-15% dei casi circa) possono soffrire di altre patologie che alterano la normale funzionalità del sistema nervoso centrale, come epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Down, rosolia congenita.

Si stima che in Italia l’autismo colpisca un bambino ogni 77 nati
Cause di autismo
Non esiste una causa certa e identificata per l’autismo. Nel corso degli anni, sono stati presi in considerazione diversi fattori che sembrano avere un ruolo in questa patologia.
Quelle che sembra certo è che i fattori genetici contribuiscono in maniera molto significativa al rischio che un bambino sviluppi l’autismo, ma non si conoscono tuttora quali siano esattamente i geni e le mutazioni geniche responsabili, o come operino.
In circa il 10% dei casi la patologia è associata a patologie genetiche rare quali la sindrome del cromosoma X fragile, la sclerosi tuberosa e la sindrome di Rett.
Fra gli ipotetici fattori di rischio oggetto di valutazione vi sono l’esposizione prenatale a farmaci teratogeni o a intossicazioni da mercurio e la carenza di determinate vitamine.
Tra le condizioni che, secondo alcuni autori, potrebbero contribuire all’insorgenza della malattia vi sono alcune patologie contratte dalla madre in gravidanza (infezione da citomegalovirus, e rosolia), l’età avanzata dei genitori al momento del concepimento, pregressi episodi familiari di autismo o di altri disturbi dello spettro autistico, nascita pretermine e peso corporeo molto inferiore alla norma.
In ogni caso, nessuno di questi fattori può essere considerato come la causa principale della malattia.
Lo studio di Sandin (2017) – Uno studio (2017) di Sven Sandin della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, pubblicato sulla rivista JAMA, aggrava il peso dei fattori ereditari sulla genesi dell’autismo. È ormai certo che esista una connivenza di fattori ereditari; la patologia, infatti,
ricorre frequentemente con più casi nella stessa famiglia. Ma fino a questo momento si riteneva che i geni avessero un peso pari a quello di fattori ambientali (vale a dire tutto quello che può potenzialmente influenzare lo sviluppo cerebrale del soggetto sin dalla sua vita intrauterina e nei primissimi anni, dall’esposizione a determinate sostanze, a stili di vita familiari, a infezioni contratte ecc.).
Lo studio ha coinvolto 37.570 coppie di gemelli, 2.642.064 coppie di fratelli (non gemelli), 432.281 coppie di “fratellastri” figli della stessa madre e 445.531 figli dello stesso padre. A 14.516 bambini nel corso del tempo è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
Mettendo a confronto gemelli e non gemelli si può stimare il peso di geni e ambiente sulla presenza o assenza di certe malattie, poiché mentre i gemelli identici (omozigoti) hanno DNA identico al 100% (quindi tutte le differenze tra loro sono attribuibili a fattori ambientali non condivisi da entrambi), i fratelli condividono lo stesso DNA per il 50%; i fratellastri invece per il 25%.
Dalla ricerca è emerso che il rischio di due fratelli di essere entrambi autistici sale al crescere della loro somiglianza genetica: significa che l’ereditabilità dell’autismo è alta (83%) mentre i fattori ambientali esterni contano in misura minore (17%).
Autismo infantile: sintomi
I disturbi che caratterizzano il quadro clinico dell’autismo sono relativi all’interazione sociale, alla comunicazione verbale e a quella non verbale e al repertorio delle attività e degli interessi. In molti casi si ha la presenza di ritardo mentale e di epilessia.
Interazione sociale – Durante i primi dodici mesi di vita i problemi a livello di interazione sociale sono visibili nel canale di scambio tipico di questa fase della vita, ovvero il contatto visivo. I genitori di bambini affetti da autismo riferiscono spesso lo sguardo sfuggente, lo sguardo assente e le difficoltà nell’agganciare lo sguardo.
Sono frequenti durante questo periodo le difficoltà nel tenere in braccio il bambino; i motivi principali sono due: da una parte il bambino appare insofferente al contatto fisico, dall’altra sembra incapace di adattare la sua postura a quella di chi lo vuole tenere in braccio (disturbo del dialogo tonico).
Con il passare del tempo, le problematiche a livello di interazione sociale tendono ad accentuarsi, il bambino affetto da autismo tende all’isolamento; spesso non risponde quando viene chiamato e non è interessato a partecipare alle attività delle altre persone anche se può utilizzarle per scopi strumentali (il tipico esempio è quello di quando un bambino autistico afferra il braccio dell’altro indirizzandolo verso un oggetto che da solo non sarebbe in grado di prendere).
Il bambino affetto da autismo non è in genere interessato alla compagnia di altri bambini della sua stessa età, anche se non sono rarissimi comportamenti in apparenza opposti. Talvolta infatti i bambini autistici ricercano con forza il contatto fisico anche se con modalità non del tutto appropriate. Non è raro osservare bambini autistici che baciano persone estranee.
In riferimento all’interazione sociale, diversi autori distinguono i bambini affetti da autismo in tre categorie:
- bambini non accessibili, soggetti che cioè disdegnano ogni tipo di interazione sociale;
- bambini passivi, soggetti che hanno la tendenza all’isolamento, ma che sono capaci di una certa interazione sociale nel momento in cui vengono sollecitati;
- bambini attivi, ma dai comportamenti bizzarri, soggetti che cioè ricercano l’interazione sociale, ma si comportano in modo poco opportuno e inappropriato.
Queste tre diverse tipologie comportamentali possono essere riscontrate nello stesso soggetto in fasi diverse del suo sviluppo.
Anomalie nella comunicazione – Spesso le consultazioni specialistiche vengono richieste quando il bambino non parla. Molto spesso inoltre, la mancanza della parola non è compensata da altre forme comunicative (la gestualità, gli sguardi, la mimica ecc. sono assenti o comunque impropri). Con il trascorrere del tempo alcuni soggetti rimangono privi di qualsiasi espressione di tipo verbale, altri sviluppano il linguaggio in modo progressivo, addirittura esso può essere caratterizzato da notevole fluenza, anche se, dal punto di vista qualitativo, esso non è particolarmente brillante; il bambino autistico tende per esempio, in presenza di una domanda, a ripeterla anziché a rispondervi, si hanno inversioni pronominali, ripetizione di parole o frasi intere non aderenti al contesto, stereotipie verbali, alterazioni prosodiche (eloquio cantilenante oppure monotono o enfatico). Dal punto di vista della comprensione del linguaggio, sono frequenti, in caso di autismo, alcuni deficit abbastanza singolari quali l’incapacità nel riconoscere i doppi sensi, le metafore, le espressioni dialettali, i motti di spirito ecc.
Problemi comportamentali – Caratteristici dell’autismo sono i comportamenti atipici e bizzarri, trattasi in genere di gesti frequenti e spesso non aderenti al contesto. Fra tali gesti spesso si osservano il dondolio, le posture bizzarre, il guardarsi spesso allo specchio, versare i liquidi da un contenitore all’altro, osservarsi le mani, leccare, fare sempre gli stessi disegni, recitare le stesse scene di un film, ripetere le stesse parole o le stesse frasi ecc.
Spesso i soggetti affetti da autismo caratterizzano la loro giornata ritualizzando alcuni gesti, come se fossero alla ricerca di una sorta di immutabilità. Gesti normali quali il lavarsi o il mangiare devono essere svolti con sequenze ben precise. Il bisogno di immutabilità lo si ritrova anche nel modo in cui il soggetto affetto da autismo tende a disporre gli oggetti nelle sue stanze personali o durante il percorso che compie per uscire di casa. I cambiamenti gli provocano un notevole disagio e la reazione del soggetto può essere rabbiosa e/o aggressiva sia verso sé stesso sia verso gli altri. Spesso inoltre i bambini affetti da autismo sono esageratamente attaccati ad alcuni oggetti (palline, pezzi di stoffa ecc.).
Altri sintomi – Un sintomo caratteristico dell’autismo è la risposta abnorme agli stimoli uditivi, visivi o tattili possono provocare il panico nel soggetto che tenta spesso di proteggersi da quelli che considera come degli “attacchi”.
Altro sintomo frequente sono l’iperattività e i comportamenti auto-aggressivi.
Alcuni soggetti sono particolarmente abili dal punto di vista mnemonico e sono in grado di ricordare date ed eseguire mentalmente calcoli anche molto complessi; spesso sono anche capaci di recitare interi brani di determinate opere e mostrano una notevole abilità nella lettura.
Il ritardo mentale e l’epilessia – Un’elevata percentuale (75%) dei soggetti affetti da autismo presenta problemi di ritardo mentale; ciò è causa di discussione fra i diversi autori; ci si chiede infatti se determinati comportamenti siano da attribuire all’autismo o al ritardo mentale.
L’epilessia è presente in circa il 40% dei soggetti affetti da autismo.
Vaccini e autismo
In un passato relativamente recente è stata avanzata l’ipotesi che il vaccino trivalente (vaccino contro morbillo, parotite e rosolia) avesse una correlazione con l’insorgenza dell’autismo.
È opportuno sapere che tale ipotesi nacque in seguito a un articolo pubblicato (1998) dalla rivista The Lancet da un medico inglese che aveva falsificato alcuni dati relativi all’insorgenza di autismo in alcuni bambini che, ricoverati per disturbi neurologici, erano stati vaccinati con il vaccino contro il morbillo.
Una volta scoperto il falso ideologico del medico, questi fu radiato dall’Ordine dei Medici; l’articolo fu poi ritirato (2010) dalla rivista e l’ipotesi formulata dal medico fu poi smentita da diverse altre ricerche.
Non esiste quindi alcuna dimostrazione scientifica della relazione fra insorgenza di autismo e vaccini.
Diagnosi di autismo
La diagnosi di autismo non è banale e richiede l’osservazione da parte di vari specialisti: pediatra, medico di famiglia, neuropsichiatra infantile, pedagogo, logopedista, terapista della psicomotricità ed educatori.
Trattamento dell’autismo
La terapia varia moltissimo per ogni singolo paziente, data la diversità dei sintomi e delle situazioni; inoltre, la remissione totale della patologia si ottiene molto raramente.
I trattamenti perciò sono molteplici e diversificati; vi è da notare che gli unici che siano supportati da studi scientifici affidabili sono quelli di tipo comportamentale e farmacologico. Nel primo caso, si ha la maggiore efficacia quanto prima si interviene.
I terapisti operano sullo sviluppo del linguaggio e delle capacità sociali, mediante un training altamente strutturato.
L’utilizzo dei farmaci ha l’obiettivo di ridurre o eliminare determinati comportamenti problematici o l’effetto di patologie associate (come l’epilessia o i deficit di attenzione).
Brevi cenni storici sull’autismo
Il termine autismo fu coniato nel 1911 da Eugen Bleuler, uno psichiatra svizzero considerato ancora oggi uno dei più importanti psichiatri di tutti i tempi. Bleurer utilizzò il termine nell’ambito della schizofrenia; con esso egli voleva indicare un comportamento caratterizzato da chiusura, isolamento, il non contatto con l’altro.
Qualche decennio più tardi, per l’esattezza nel 1943, il termine autismo fu ripreso da uno pedopsichiatra statunitense, Leo Kanner. A differenza di Bleuler, Kanner non utilizzò il termine per indicare un sintomo, bensì un disturbo a sé stante, l’autismo infantile, caratterizzato da eziologia sconosciuta, insorgenza precoce, tendenza all’isolamento, necessità di immutabilità, una facies che colpisce per la sua intelligenza, assenza di segni neurologici e genitori freddi. Lo studio di Kanner, pubblicato a suo tempo sulla rivista Nervous Child, è stato decisamente importante perché ha rappresentato il primo punto di riferimento per tutti gli studi successivi.
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