L’aterosclerosi (anche malattia aterosclerotica o, più raramente, malattia cardiovascolare aterosclerotica) è una seria condizione patologica a carico delle pareti interne arteriose. Tale condizione è caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti ateromi; questi ultimi sono placche costituite da materiale lipidico (colesterolo, fosfolipidi, trigliceridi), proteico e fibroso.
L’aterosclerosi contribuisce in modo significativo a determinare invalidità e morte in vari gruppi di età, ma il suo livello di gravità è maggiore nelle persone anziane.
L’incidenza percentuale dell’aterosclerosi tende ad aumentare con il progredire dell’età, ma nell’ultimo trentennio si è fortunatamente assistito a una progressiva riduzione della mortalità da aterosclerosi nella gran parte dei Paesi industrializzati; tale riduzione è molto probabilmente legata ai progressi in campo medico e farmacologico, ma soprattutto all’utilizzo di strategie di prevenzione. Ciononostante la situazione è ben lungi dall’essere risolta.
Aterosclerosi e arteriosclerosi: differenza
Spesso il termine aterosclerosi viene usato come sinonimo di arteriosclerosi; in realtà, l’aterosclerosi è solo la forma più comune di arteriosclerosi, termine generico che indica un complesso di stati patologici caratterizzati da indurimento, ispessimento e perdita di elasticità delle pareti arteriose; forme meno comuni di arteriosclerosi sono la sclerosi di Mönckeberg e l’arteriolosclerosi.
Aterosclerosi – Conseguenze
L’aterosclerosi può colpire una qualsiasi arteria del corpo umano, ma generalmente la si riscontra a carico delle arterie di calibro medio-grande come le coronarie, le carotidi, le arterie femorali e anche in quelle più elastiche come l’aorta o l’arteria polmonare.
La formazione di placche aterosclerotiche causa un restringimento del lume arterioso e una diminuzione del flusso sanguigno; nelle zone che sono sede di formazione di ateromi si riscontrano fenomeni fibrotici, depositi di sali di calcio con conseguente ispessimento e indurimento del vaso.
Le placche evolvono nel tempo e diventa sempre più probabile la formazione di trombi che possono ostruire più o meno pesantemente il lume del vaso; da questi trombi possono distaccarsi degli emboli che, dopo essersi immessi nel flusso circolatorio, potrebbero colpire vasi di minore dimensione.
L’aterosclerosi è un processo che parte in età giovanile ed è fortemente influenzato dallo stile di vita del soggetto; la malattia rimane asintomatica per molti anni; i primi segni infatti vengono avvertiti quando il danno arterioso è a uno stadio tale da provocare un’importante diminuzione del flusso arterioso. A seconda del distretto che viene colpito si avranno manifestazioni cliniche più o meno gravi.
Le conseguenze di un danno aterosclerotico alle coronarie possono essere, per esempio, l’angina pectoris oppure l’infarto del miocardio; se a essere interessate sono invece le arterie cerebrali, si corre il rischio di attacchi ischemici transitori (i cosiddetti TIA, Transient Ischemic Attacks, Attacchi Ischemici Transitori) oppure di ictus.
Un danno alle arterie femorali può provocare cancrena o zoppia intermittente (claudicatio intermittens). Altre conseguenze dell’aterosclerosi possono essere aneurismi, emorragie, compromissioni della funzionalità della retina, del rene ecc.
Cause dell’aterosclerosi
Le cause dell’aterosclerosi non sono state ancora perfettamente chiarite. È molto probabile che la genesi dell’aterosclerosi sia di tipo multifattoriale, la patologia dipenderebbe cioè da un insieme di fattori che si influenzano vicendevolmente.
Allo stato attuale sono due le ipotesi patogenetiche dell’aterosclerosi più accreditate, la prima è l’ipotesi lipidica; secondo tale ipotesi un eccessivo aumento delle LDL plasmatiche porta nel tempo alla formazione di placche fibrose esposte ai danni provocati dalla forza d’attrito del flusso sanguigno; inoltre, il danno endoteliale prodotto dal processo aterosclerotico richiama le piastrine verso la zona danneggiata; l’aggregazione piastrinica è spesso causa di trombo murale.
La seconda ipotesi viene detta ipotesi del danno endoteliale cronico; tale ipotesi suggerisce che il flusso sanguigno e altri meccanismi provochino a lungo andare una perdita di endotelio che richiama le piastrine che aderendo e aggregandosi rilasciano sostanze che stimolano la migrazione delle cellule muscolari lisce dalla tonaca media (uno dei tre strati che costituiscono la parete dei vasi) alla tonaca intima; tali cellule muscolari si replicano sintetizzando tessuto connettivo e proteoglicani fino a formare una placca fibrosa.
Le due ipotesi sono strettamente correlate e non si escludono a vicenda e spiegherebbero i meccanismi di formazione degli ateromi.

Molti fattori di rischio esogeni per l’aterosclerosi sono legati a un cattivo stile di vita, come una scorretta alimentazione, lo stress e la sedentarietà
Aterosclerosi: i fattori di rischio
Oltre alle cause, che come si è visto, non sono ancora del tutto chiare, è necessario prendere in considerazione numerosi fattori di rischio ormai unanimemente riconosciuti.
Oltre a fattori fisico-meccanici quali la pressione sanguigna in un determinato distretto, particolari curvature dei vasi o variazioni del calibro arterioso, si devono considerare fattori generali di tipo endogeno (cioè relativi al soggetto, al suo particolare metabolismo, alla sua costituzione ecc.) e di tipo esogeno (cioè relativi all’ambiente in cui si vive o allo stile di vita).
I principali fattori generali endogeni sono i seguenti:
- età
- sesso
- razza
- ipercolesterolemia familiare
- familiarità
- sindrome metabolica
- sovrappeso
- alti livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL), bassi livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) e rapporto LDL/HDL >3
- iperglicemia
- ipertensione arteriosa (pressione alta).
I principali fattori generali esogeni sono:
- alimentazione scorretta
- sostanze tossiche
- stress
- sedentarietà.
Come si può facilmente notare, alcuni fattori di rischio non sono modificabili (l’età, il sesso, la razza, l’ipercolesterolemia familiare e la familiarità), mentre molti altri dipendono essenzialmente dallo stile di vita del soggetto. Uno stile di vita non corretto porta infatti, a lungo andare, a un progressivo peggioramento della malattia aterosclerotica.
Chi fosse interessato ad approfondire le problematiche relative allo stile di vita può consultare i molti articoli al riguardo presenti nel sito; qui ci limitiamo a indicarne qualcuno: Stile di vita, Rischio cardiovascolare, Colesterolo, Sindrome metabolica e Dieta ideale e Dieta per l’aterosclerosi.
Un aspetto di notevole importanza è quello poi della sinergia fra i vari fattori di rischio; è fuor di dubbio, infatti, che i vari fattori di rischio si sinergizzano a vicenda; ciò spiega anche, perlomeno parzialmente, perché alcuni soggetti con alti livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) e con nessun altro fattore di rischio non sviluppano la malattia aterosclerotica, mentre altri con livelli di colesterolo nella norma, ma con numerosi altri fattori di rischio abbiano subito incidenti cardiovascolari.
Diagnosi
Il sospetto di aterosclerosi si basa sull’analisi dei fattori di rischio e sull’esame obiettivo (il medico, infatti, potrebbe rilevare segni e sintomi di un problema di origine aterosclerotica quali, per esempio, un battito molto debole o addirittura assente nella zona del corpo che si trova nei pressi dell’arteria ostruita, minore pressione nell’arto interessato, ferite o lividi che non guariscono normalmente nella zona nella quale la circolazione è insufficiente, soffi udibili appoggiando lo stetoscopio sull’arteria), ma per la conferma diagnostica e la valutazione dell’entità del danno si deve necessariamente ricorrere all’ausilio di indagini strumentali opportune. Quelle normalmente più utilizzate nella diagnosi di aterosclerosi sono l’arteriografia, l’ecocolordoppler, l’ecografia, la TAC, la risonanza magnetica, l’elettrocardiogramma, il test indice caviglia-brachiale (un esame con il quale si può la presenza di arteriopatia periferica, una condizione in cui le arterie delle gambe o delle braccia sono ridotte di calibro), la fotopletismografia (un esame che valuta la circolazione periferica), le analisi del sangue (in primis per individuare la presenza di ipercolesterolemia e iperglicemia). Altri test che possono essere richiesti sono il test da sforzo (si valuta la funzionalità cardiaca sotto sforzo) e la cateterizzazione cardiaca e angiografica (serve a stabilire la presenza di una stenosi coronarica).
Terapia
Inutile ricordare che la prima vera terapia è la prevenzione: l’adozione, fin dalla giovane età, di un corretto stile di vita è il miglior modo per tutelare la salute delle proprie arterie e abbassare drasticamente le probabilità di rischio di incidenti cardiovascolari.
Le terapie di tipo farmacologico devono essere complementari a un corretto stile di vita e intraprese solo quando la situazione ha raggiunto livelli non completamente gestibili dal soggetto.
Sono molte le tipologie di farmaco usate nella cura dell’aterosclerosi. Fra i farmaci più importanti ricordiamo le statine, i fibrati, le resine e l’acido acetilsalicilico.
Le statine (fluvustatina, lovostatina, pravastatina, simvastatina ecc,) sono farmaci la cui funzione fondamentale è quella di ridurre il colesterolo LDL e la trigliceridemia e di aumentare i livelli di colesterolo HDL. Per approfondire: Statine.
I fibrati (benzafibrato, clofibrato, fenofibrato, gemfibrozil, simfibrato ecc.) sono farmaci che rimuovono l’eccesso di trigliceridemia. L’eventuale uso di questo tipo di farmaci in associazione alle statine deve essere oggetto di attenta considerazione dal momento che alcune ricerche riportano casi di rabdomiolisi in seguito a detta associazione.
Le resine (colestipolum, colestiramina, colesevelam, probucolo ecc.) sono sostanze che, legandosi al colesterolo a livello intestinale, ne riducono l’assorbimento. Vengono assunte insieme ai cibi e non vengono assorbite dall’organismo.
L’acido acetilsalicilico (cardioaspirina) viene generalmente adottata come terapia a lungo termine; il suo potere antiaggregante riduce notevolmente i rischi delle trombosi su ateromi. È uno dei farmaci più usati nella prevenzione di infarto miocardico e ictus.
Nei casi più gravi, talvolta si è costretti a ricorrere a interventi chirurgici; le tecniche chirurgiche più utilizzate sono l’angioplastica, il bypass e l’endoarteriectomia.
L’angioplastica è una tecnica chirurgica che consente l’appiattimento dell’ateroma attraverso l’introduzione di un palloncino all’interno del vaso; viene poi introdotta una rete per mantenere aperto il vaso e impedire il distacco di alcune parti della placca aterosclerotica. Leggasi per approfondimenti: Angioplastica.
Con la tecnica del bypass si scavalca il tratto ostruito del vaso attraverso l’innesto di una vena o di un’arteria precedentemente prelevata dal paziente.
L’endoarteriectomia prevede l’apertura del vaso e la successiva rimozione chirurgica della placca aterosclerotica.
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