L’arresto cardiaco improvviso è una condizione clinica caratterizzata da un’improvvisa assenza di polso e da uno stato di incoscienza legati all’incapacità del cuore di pompare il sangue in modo efficace; di norma l’arresto cardiaco è legato a un’anomalia del sistema elettrico del cuore. L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di decesso; si calcola che nel nostro Paese, ogni anno, siano circa 60.000 i soggetti che vengono colpiti da tale evento; nel continente europeo le vittime sono circa 400.000.
L’arresto cardiaco improvviso non deve essere confuso con l’attacco cardiaco. Un attacco cardiaco subito in precedenza aumenta il rischio di arresto cardiaco improvviso, ma le due cose sono ben distinte.
Pur essendo entrambe due condizioni che derivano da problematiche di origine cardiaca, i fattori di rischio, le modalità di intervento e le conseguenze sono diverse.
Un attacco cardiaco è di norma provocato da un problema circolatorio; quando, per esempio, una o più delle arterie deputate al trasporto del sangue all’organo cardiaco si ostruiscono, il cuore non riceve l’ossigeno di cui necessita e ciò provoca un danno cardiaco; questo danno può essere a sua volta responsabile di disturbi al sistema elettrico del cuore, disturbi che possono indurre un ritmo cardiaco eccessivamente rapido che, alla fine, determina un arresto cardiaco improvviso.
Arresto cardiaco – Cause
Come detto, l’arresto cardiaco è determinato da un problema al sistema elettrico del cuore.
La principale causa di arresto è la fibrillazione ventricolare, un’aritmia cardiaca caratterizzata da un’attivazione rapidissima e irregolare dei ventricoli; a causa di questa aritmia, il cuore non è più capace di generare una valida contrazione e la gittata cardiaca si interrompe completamente.
Altre cause, meno frequenti, sono la tachicardia ventricolare senza polso, l’asistolia e l’attività elettrica senza polso.
La tachicardia ventricolare senza polso è una forma di aritmia molto pericolosa che consiste essenzialmente in un battito particolarmente accelerato (180-250 bpm) con partenza dai ventricoli e che non permette al cuore di riempirsi in modo adeguato di sangue da pompare al cervello; questa forma di aritmia può evolvere in fibrillazione ventricolare e arresto cardiaco.
L’asistolia è l’assenza di sistole cardiaca; questa condizione comporta il blocco della circolazione sanguina; questa condizione clinica può portare alla morte nel giro di brevissimo tempo. L’asistolia è conseguente alla mancanza di attività elettrica del cuore; l’asistolia riconosce moltissime cause (embolia polmonare, infarto miocardico, ipoglicemia, ipotermia, ipossia, ipo- o iperpotassiemia ecc.).
L’attività elettrica senza polso è un collasso circolatorio che si verifica, anche se sussiste la presenza di un’attività elettrica registrabile all’elettrocardiogramma (ECG); anche in questo caso le cause possono essere diverse: insufficienza di pompa a causa di un’estesa disfunzione del miocardico, perdita significativa del tono vasomotorio periferico, perdita massiva di liquidi, embolia polmonare massiva, tamponamento cardiaco ecc.
Fattori di rischio
Molto spesso l’arresto si manifesta in modo improvviso e senza alcun sintomo o segno. Esistono però dei fattori di rischio che aumentano le probabilità di andare incontro ad arresto cardiaco improvviso: episodio o episodi di arresto cardiaco precedenti, attacco cardiaco precedente, insufficienza cardiaca (scompenso cardiaco), indicatore della frazione di eiezione del 40% o inferiore (la frazione di eiezione è la frazione di sangue che viene pompato dal cuore in occasione di ogni battito cardiaco; una frazione di eiezione normale è pari al 55% o superiore), presenza di ritmi cardiaci anomali, anamnesi familiare di arresto cardiaco improvviso, anamnesi antecedente di cardiopatia o di disturbi del ritmo cardiaco, episodi di svenimenti apparentemente senza causa.
Arresto cardiaco – Sintomi e segni
La diagnosi non è semplice; molto spesso, infatti, il soggetto perde coscienza, non presenta segni di circolazione sanguigna, non è in condizioni di respirare; alcuni soggetti, prima di essere colpiti da arresto cardiaco avvertono una sensazione di malessere, vertigini, accelerazione del ritmo cardiaco, altri svengono immediatamente prima.
Ovviamente sarebbe fondamentale distinguere un attacco cardiaco da un arresto dal momento che l’approccio terapeutico è diverso. In entrambe le circostanze, comunque, il fattore tempo è fondamentale; un attacco cardiaco può richiedere un intervento chirurgico allo scopo di sbloccare il flusso sanguigno verso il cuore; gli attacchi cardiaci sono spesso associati a sintomi e segni quali, per esempio, dolore al petto, dispnea, nausea e, anche, arresto cardiaco.
Nel caso di arresto, in molti casi è decisivo l’utilizzo di un defibrillatore semiautomatico esterno.

L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di decesso; si calcola che nel nostro Paese, ogni anno, siano circa 60.000 i soggetti che vengono colpiti da tale evento
Arresto cardiaco improvviso – Cosa fare
Nel caso di un soggetto colpito da arresto, il successo delle manovre mediche dipende in gran parte dal tipo di ritmo di presentazione; sostanzialmente si possono distinguere due categorie: ritmi defibrillabili e ritmi non defibrillabili.
I ritmi defibrillabili sono la fibrillazione ventricolare e la tachicardia ventricolare senza polso, mentre i ritmi non defibrillabili sono l’asistolia e l’attività elettrica senza polso (nota anche come PEA, Pulseless Electrical Activity).
Nel caso in cui i soccorritori si trovino di fronte a una situazione di arresto cardiaco causata da un ritmo defibrillabile, le probabilità di rianimare il soggetto sono maggiori; più problematico è invece risolvere un arresto cardiaco da asistolia o attività elettrica senza polso.
Come detto, il fattore tempo è fondamentale; si calcola che per ogni minuto trascorso senza intervento, le probabilità di successo si riducano del 10% circa.
Nel caso di arresto da ritmi defibrillabili è necessario intervenire con le manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) e l’utilizzo di un defibrillatore.
Nel caso di arresto da ritmi non defibrillabili sono fondamentali le manovre di rianimazione cardiopolmonare, mentre l’utilizzo di un defibrillatore è inutile.
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