L’anoressia è un grave stato morboso sintomatico probabilmente causato da una malattia o da un’alterazione psichica (anoressia nervosa, nota anche come anoressia mentale. Quest’ultimo caso è generalmente quello al quale si fa riferimento parlando genericamente di anoressia.
L’anoressia è considerata dalla moderna medicina tra i disturbi del comportamento alimentare (DCA) più gravi e sono potenzialmente a rischio il 10% degli adolescenti.
Il termine anoressia deriva dal tardo latino anorexia e, a sua volta, dal greco anorexìa, parola composta da an (particella di negazione) e òrexis, appetito. Secondo molti autori, comunque, il termine che definisce il disturbo in questione non è corretto, in quanto, nella maggior parte dei casi, l’appetito è conservato; ciò che caratterizza il disturbo sono soprattutto il terrore di ingrassare e la ricerca della magrezza.
Anoressia: i dati
Per quanto riguarda il nostro Paese, gli studi pubblicati sui DCA mostrano una prevalenza dello 0,2-0,8% per l’anoressia e dell’1-5 per cento per la bulimia, in linea con i dati forniti dagli altri Paesi. Una ricerca condotta su un campione complessivo di 770 persone di età media di 25 anni, tutte diagnosticate con disordini alimentari e che si sono rivolte all’Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia, i disordini alimentari e l’obesità a Roma e Milano dalla dottoressa Anna Maria Speranza, ha rilevato una percentuale del 70,3% di bulimia nervosa, il 23,4% di anoressia nervosa, il 6,3% di “disturbi alimentari non altrimenti specificati” o di altra condizione, perlopiù corrispondente a obesità. Nel campione analizzato, la data di esordio del disturbo è mediamente tra i 15 e i 18 anni, con due picchi (15 e 18 anni), età che rappresentano due periodi evolutivi significativi, quello della pubertà e quello della cosiddetta “autonomia”, passaggio alla fase adulta, che sono stati rilevati anche in diversi altri studi sul tema.
Il problema interessa soprattutto le donne (circa il 90% dei casi di anoressia, infatti, riguarda il sesso femminile), anche se sembra che stia gradualmente aumentando il numero di soggetti maschi (adolescenti e adulti) affetti da anoressia.
Cause
Le cause dell’anoressia non sono ancora state definite con chiarezza. Molti autori ritengono che alla base del suo manifestarsi vi siano diversi fattori (ambientali, biologici e psicologici).
Quello sui fattori ambientali è forse il punto più controverso.
Per fattore ambientale intende generalmente un evento o a una circostanza che può, in una certa misura, condizionare la vita di un soggetto. Nel caso dell’anoressia, il fattore ambientale maggiormente condizionante sarebbe l’esaltazione mediatica del mito “magro è bello”.
Altri fattori ambientali che alcuni ritengono condizionanti sono lo svolgere attività che richiedono l’avere un fisico decisamente magro (l’esempio più scontato è quello delle modelli e dei modelli che sfilano professionalmente), gli stress emotivi particolarmente intensi (il decesso di una figura cara, la fine di un rapporto di coppia, l’essere state vittime di abusi sessuali o violenze fisiche ecc.), l’appartenenza al sesso femminile (è un fatto che le donne sono maggiormente colpite dal problema, probabilmente perché la maggior parte di loro pongono una maggior attenzione al peso corporeo), la presenza nel nucleo familiare di persone con disturbi del comportamento alimentare, una dieta dimagrante di cui si perde il controllo.
Relativamente ai fattori biologici, alcuni studiosi ritengono che l’insorgenza dell’anoressia nervosa sia legata a una predisposizione genetica. Anche questo è un punto su cui i pareri sono discordanti e per adesso è solamente un’interessante teoria.
La maggior parte degli autori ritiene invece che la maggiore responsabilità dell’insorgenza dell’anoressia nervosa sia da attribuire a fattori psicologici, ovvero sia legata, in un certo qual modo, alla personalità del soggetto e ai suoi tratti caratteriali. Fra gli individui più esposti al rischio vi sarebbero per esempio coloro che tendono a soffrire di ansia e/o depressione, le persone che gestiscono male lo stress, i perfezionisti, le persone particolarmente riservante e coloro che soffrono di disturbo ossessivo-compulsivo.
Criteri diagnostici
Secondo quanto riportato dal DSM IV (la quarta revisione del Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), per porre la diagnosi di anoressia devono essere presenti le seguenti caratteristiche:
- Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (per esempio, calo ponderale che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto).
- Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
- Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo oppure eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima oppure rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.
- Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi.
Anoressia nervosa
L’anoressia presenta un aspetto nutrizionale e uno comportamentale. L’aspetto nutrizionale è legato al deficit alimentare che può avere effetti molto gravi sull’integrità fisica, mentre quello comportamentale è legato a fattori psicologici scatenanti, come conflitti familiari, una scarsa autostima e il desiderio di emulare modelli estetici spinti agli estremi.
Sempre secondo il DSM IV, l’anoressia viene suddivisa in due sottotipi:
- anoressia con restrizioni
- anoressia con abbuffate/condotte di eliminazione.
Nell’anoressia con restrizioni la perdita di peso è ottenuta con dieta, digiuno o eccesso di attività fisica.
Nell’anoressia con abbuffate/condotte di eliminazione il calo ponderale viene ottenuto con abbuffate alimentari seguite da vomito autoindotto e da uso inadeguato di farmaci lassativi e diuretici.
I malati di anoressia si vedono, paradossalmente, grassi e goffi e mettono in atto strategie molto sofisticate nel tentativo continuo di combattere la fame (l’uso di sostanze a effetto dimagrante, l’autoinduzione del vomito, l’uso improprio di farmaci a effetto lassativo, l’assunzione di farmaci diuretici, un’attività fisica eccessiva ecc.) nascondendo spesso il proprio stato e mentendo sulla quantità di cibo assunto. Il soggetto affetto da anoressia ha paura di ingrassare e, per quanto ciò possa sembrare paradossale, tale paura non tende a ridursi quando il dimagrimento si manifesta, ma anzi, tende ad aumentare. La persona anoressica può riconoscere il fatto di essere magra, ma, nonostante ciò ha la tendenza a vedere una determinata parte del proprio corpo come eccessivamente grassa.
La persona che soffre di anoressia ha la tendenza a pesarsi di continuo, così come di continuo osserva allo specchio quelle parti che essa considera essere troppo grasse.
L’umore del soggetto anoressico è direttamente proporzionale al peso e al suo controllo: la diminuzione di peso diviene motivo di soddisfazione, ma un aumento ponderale anche lieve può far sì che la persona diventi triste e ipercritica verso sé stessa. La sua autostima, i successi conseguiti in ogni campo e il valore come persona dipendono quindi esclusivamente dal suo corpo e dal controllo che riesce a imporre sullo stimolo della fame.
L’anoressia è una patologia che attraversa diverse fasi: inizialmente è possibile che le restrizioni alimentari auto-imposte dal malato siano addirittura elogiate dai familiari o da figure di riferimento, divenendo fonte di gratificazione. In una fase intermedia, la fatica di combattere lo stimolo della fame diventa meno pressante, anzi il paziente ha l’impressione di trarre maggiore energia dalla privazione del cibo, a causa di un meccanismo di conservazione della specie. Non è infrequente, infatti, vedere che nei periodi di carestia gli animali innalzano il livello di attività per stimolare la ricerca frenetica del cibo. Iniziano però a verificarsi i primi problemi, il soggetto, infatti, inizia a dare i primi segni di irritabilità quando avverte la paura di perdere il controllo della situazione e ritornare ad aumentare il peso. In questa fase compaiono pensieri ossessivi riguardanti il cibo e la persona mette in atto tutte le strategie sopra descritte per continuare nei suoi intenti autolesionistici. Nell’ultima fase della malattia il calo ponderale è notevole (la riduzione è almeno del 15-20% del peso ottimale) e la mente comincia a mostrare segni di cedimento, con il calo della concentrazione, la perdita di memoria e di capacità di giudizio critico e disturbi frequenti del sonno. Nel 15-20% dei casi di anoressia si arriva alla morte del paziente.
Anoressia: altri sintomi
Oltre a quelli descritti nel paragrafo precedente, vi sono altri sintomi legati all’anoressia.
Generalmente la persona colpita da anoressia non è particolarmente spontanea nei rapporti con gli altri e ha la tendenza a reprimere la propria espressività emotiva, tende inoltre a non far conoscere il proprio comportamento alimentare perché teme l’eventuale disapprovazione delle altre persone.
La persona anoressica prova inoltre un notevole disagio quando si trova a dover mangiare in pubblico o in compagnia di altre persone e tende a mangiare da sola, molto lentamente, fermandosi quando avverte la sensazione di gonfiore alla pancia. Spesso, tra un pasto e l’altro, assume bevande abbastanza calde allo scopo di ridurre lo stimolo della fame.
Anomalie di laboratorio nel malato di anoressia
Anche se alcuni soggetti affetti da anoressia mentale non presentano anomalie di laboratorio particolarmente rilevanti, nella maggior parte dei casi, lo scorretto regime alimentare legato a questo stato morboso induce alla lunga diverse alterazioni fisiche che portano ad anomalie nei reperti di laboratorio.
A livello ematico sono di comune riscontro un leggero stato anemico e leucopenia (numero di globuli bianchi inferiore alla norma); è possibile inoltre riscontrare, anche se più raramente, piastrinopenia.
Lo stato di disidratazione spesso associato all’anoressia può provocare un rialzo dei livelli di azoto ureico ematico. In molti casi si riscontra anche ipercolesterolemia. Risultano spesso alterati in eccesso gli indici di funzionalità epatica, mentre in diverse occasioni si registra una riduzione della concentrazione ematica di fosfati, magnesio e zinco.
L’induzione ripetuta del vomito, tipica nei soggetti affetti da anoressia, provoca a lungo termine alcalosi metabolica, ipokaliemia e ipocloremia.
Il frequente uso di sostanze a effetto lassativo può portare porta invece ad acidosi metabolica.
Si registrano inoltre riduzione dei livelli degli ormoni tiroide; generalmente il T4 rimane entro i livelli normali, anche se di poco sopra al minimo, mentre il T3 scende sotto i livelli considerati come normali.
Sono di comune riscontro ipercorticosurrenalismo e risposte anomale ai test di provocazione delle funzioni neuroendocrine.
Frequentemente si riscontra un calo degli ormoni estrogeni nei soggetti di sesso femminile e di testosterone in quelli di sesso maschile.
Al controllo elettrocardiografico si rileva generalmente bradicardia sinusale; più raro il riscontro di aritmia cardiaca.
Il controllo elettroencefalografico può rilevare diverse anomalie legate agli squilibri dei fluidi e dei livelli di elettroliti.
Nel malato di anoressia si riscontra generalmente una marcata riduzione del metabolismo basale.
Altri problemi registrati, legati allo stato di denutrizione, sono l’amenorrea, la stitichezza, la dolenzia addominale, la letargia o, al contrario, una sorta di euforia, intolleranza al freddo, ipotensione, ipotermia e secchezza cutanea.
Molti ammalati di anoressia presentano un colore giallastro della cute che è provocato da ipercarotenemia.
Non sono inoltre infrequenti ipertrofia delle ghiandole salivari e carie dentali.
Alla lunga il quadro clinico del soggetto affetto da anoressia si aggrava e possono comparire insufficienza renale, alterazioni a livello cardiovascolare e osteoporosi.

L’incidenza dell’anoressia nervosa è di circa 8-9 casi all’anno ogni 100.000 abitanti tra le donne, ma di solo 0.02-1.4 per gli uomini
Anoressia: cura
La cura dell’anoressia coinvolge necessariamente l’ambiente familiare del paziente, specialmente nel caso di soggetti adolescenti, richiedendo un’ampia disposizione a collaborare e a mettere in discussione comportamenti e situazioni familiari, cause possibili dell’insorgere del disturbo. Esistono oggi centri specializzati per la cura dell’anoressia, ma il primo passo della terapia consiste nella presa di coscienza del problema da parte del paziente e di chi gli vive vicino. Nonostante la complessità della malattia, se affrontata da medici esperti e con la collaborazione del malato e dei suoi cari, la guarigione può essere totale fino al ritorno a una qualità di vita normale.
Anoressia: un’interpretazione moderna
Questo sito è in prima linea nella lotta al sovrappeso e quindi si trovano spesso pagine orientate al dimagrimento. Se ne trovano però anche molte che spingono ad amare il cibo.
Quindi avere un corpo magro e amare il cibo non sono affatto in contraddizione.
Se si prende un insieme di N donne che ricevono un messaggio sull’opportunità del dimagrimento (per fini salutistici, ma spesso anche estetici) che accade?
- X, combinando attività fisica e un’ottima educazione alimentare, riescono ad avere un corpo forte e magro e a godersi la vita.
- Y non riescono a gestire bene la loro alimentazione, sono spesso a dieta, ma continuano a prendere qualche chilo, ma mai si sognerebbero di punirsi vomitando ciò che hanno mangiato dopo un pasto abbondante (sono loro il target dei tantissimi articoli sul perdere peso che compaiono nei giornali femminili).
- Z non si cura del peso e pensa che mangiare sia uno dei piaceri della vita e, se ingrassa, pazienza!
- Purtroppo una donna diventa anoressica, di tipo 1 o 2.
L’analisi di questo esempio ci porta a domandarci: perché solo una su N? La risposta è che i giovani soggetti da anoressia sono soggetti con personalità non equilibrata e fin qui tutti concordano. L’esempio dovrebbe però far riflettere tutti coloro che criminalizzano per esempio il mondo della moda o del cinema per la proposta di un canone di bellezza femminile orientato alla magrezza. Condannare chi parla o propone la magrezza perché potrebbe favorire l’anoressia sarebbe come condannare un sommelier che decanta un buon vino dicendo che la sua azione promuove l’alcolismo oppure un gestore di un bar che vende alcolici per lo stesso motivo. Il sommelier o il gestore di bar non fanno danni a chi sa gestire con equilibrio l’alcol.
Quindi:
1) Il problema alimentare non è che un sintomo di un malessere più profondo. In realtà non è vero che l’anoressia (o un qualunque altro disturbo alimentare, la stessa ortoressia, la ricerca maniacale di cibi sani) sia “una malattia come qualunque altra, il diabete, la lebbra o la leucemia”
2) L’anoressia è una malattia che interessa l’ambito psichiatrico e, come tale, non può colpire chi è sufficientemente equilibrato: questa è la prima fondamentale differenza che troppa gente non ha il coraggio di ammettere per pietismo verso chi ne soffre.
In questi anni ho ricevuto centinaia di mail di persone con disturbi alimentari. Era banale trovare degli aspetti del loro carattere che avrebbero comunque creato gravi problemi: che poi il tutto accadesse nell’ambito alimentare era solo secondario. Se una persona è compulsiva nei confronti del lavoro o degli affetti non viene coniata una patologia ad hoc perché il più delle volte vive molto male, ma sopravvive. Se è compulsiva nei confronti dell’alimentazione può morire. Cibo, lavoro o affetti sono solo campi d’azione dove chi non è equilibrato inciampa e si fa molto male. Il rifiuto per il cibo può essere allora il sintomo (non la causa) di una malattia che ha profonde radici in una personalità non ottimale.
Ho conosciuto sportivi anche molto quotati che sono arrivati all’anoressia semplicemente perché (come le modelle) “dovevano” arrivare, dovevano sfondare. La loro autostima era basata unicamente sul risultato e per questo erano pronti a rischiare tutto. Le modelle supermagre che si vedono in tv non sono certo la causa delle scelte di molte adolescenti; semmai sono il cerino che infiamma una benzina ormai versata.
Cosa fare? Nella fase acuta della malattia occorre intervenire con un supporto medico, sia psicologico sia farmacologico. Una volta ristabilite condizioni accettabili di vita, è il singolo che deve risalire la china, incominciando a imparare a capire il mondo. Il tutto è tanto più semplice quanto più la persona sa mettersi in discussione e trova strategie di vita che siano in grado di ridargli slancio vitale. L’errore che molti anoressici purtroppo commettono, appena stanno un po’ bene, è di essere convinti di aver già compreso tutto. Se manca questa rinascita, la persona, magari clinicamente, è detta “guarita”, ma, sullo sfondo, resta una devastante fragilità esistenziale.
In genere la persona anoressica ha un basso controllo del mondo (e il peso è l’unica cosa che sente di poter controllare, per cui assume un’importanza assoluta che per le altre persone non ha), una bassa forza di volontà anevrotica (soprattutto negli anoressici di tipo 2 dove il vomito è una punizione per aver ecceduto), una mentalità qualitativa poco incline a valutare le cose dal punto di vista quantitativo (per questo arriva alla conclusione errata che “meno si pesa meglio è”) ecc. Il terapeuta dovrà modificare questi handicap per evitare ricadute: paradossalmente un soggetto colpito da anoressia è guarito quando sa gestire come qualunque persona equilibrata la visione di una modella magra, esattamente come un alcolista è guarito se riesce a entrare in un bar senza poi cedere alla tentazione di bere.
Mentalità anoressica
Per mentalità anoressica si intende uno scarso amore per il cibo. È una condizione che può sovrapporsi all’ortoressia quando il cattivo rapporto con il cibo assume toni maniacali di attenzione verso la salute. Per approfondire: Mentalità anoressica.
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