L’angina pectoris è una seria sindrome clinica causata da un’ischemia miocardica a carattere transitorio, ciò sta a significare che, per un ridotto periodo di tempo, generalmente pochi minuti, si ha una riduzione del flusso sanguigno al muscolo cardiaco.
Un attacco di anginoso non provoca mai un danno miocardico a carattere permanente proprio a motivo della breve durata della diminuzione del flusso.
La sintomatologia caratteristica della patologia è il dolore retrosternale costrittivo e oppressivo che si accompagna alla sensazione di mancanza del respiro.
Nel nostro Paese l’angina pectoris colpisce circa il 3,3% dei soggetti di sesso maschile e quasi il 4% dei soggetti di sesso femminile (questi dati riguardano soggetti di età compresa tra i 35 e i 74 anni).
Circa il 2% dei casi sono rappresentati dalla cosiddetta angina variante (nota anche come angina di Prinzmetal (una forma di angina pectoris primaria; vedasi paragrafo successivo).
L’angina pectoris è una sindrome che non deve essere sottovalutata perché è indice di una situazione cardiovascolare non ottimale e comporta un aumentato rischio di morte e di eventi cardiovascolari acuti.
Classificazione
Diversi sono i criteri di classificazione dell’angina pectoris; generalmente si considerano i criteri fisiopatologici, i criteri descrittivi e quelli clinico-prognostici.
Criteri fisiopatologici – I criteri fisiopatologici prendono in considerazione le cause d’insorgenza di tale sindrome clinica; in base a queste, si ha la seguente suddivisione:
- angina pectoris primaria
- angina pectoris secondaria.
La forma primaria è legata a modificazioni del calibro coronarico; tali modificazioni sono generalmente dovute a spasmi transitori di un vaso coronarico il cui calibro risulta ridotto a motivo della presenza di placche aterosclerotiche; più raramente, dette modificazioni sono provocate da spasmi coronarici indipendenti da malattie coronariche, i vasi cioè sono perfettamente sani (angina di Prinzmetal).
Si parla di forma secondaria quando l’ischemia miocardica transitoria è dovuta a un aumento della richiesta del flusso di sangue al cuore e siano presenti ostruzioni coronariche significative dal punto di vista emodinamico. Il tipico caso è quello di uno sforzo intenso in un soggetto affetto da placche aterosclerotiche; il cuore richiede un maggior afflusso di sangue, ma le stenosi coronariche riducono il flusso sanguigno provocando la comparsa dell’attacco anginoso.
Criteri descrittivi – I criteri descrittivi sono legati alle modalità di presentazione dell’attacco di angina pectoris. In base a tali modalità, si parla di
- angina pectoris spontanea
- angina pectoris da sforzo
- angina pectoris mista.
L’angina pectoris spontanea è un’angina di tipo primario; l’episodio anginoso compare a riposo, imprevedibilmente, senza nessuna causa apparente.
L’angina pectoris da sforzo è un’angina di tipo secondario, l’episodio viene scatenato da una attività fisica svolta a un determinato livello. Nella maggior parte dei casi, si ha riparazione delle ulcerazioni provocate dall’attacco ischemico, ma, a lungo andare, ciò provoca un ispessimento delle placche aterosclerotiche (sempre presenti in questo tipo di angina) con conseguente abbassamento della soglia ischemica.
L’angina pectoris mista è probabilmente il quadro clinico più comune; gli episodi anginosi si verificano sia in condizioni di riposo sia in seguito a episodi da sforzo; in alcune occasioni non si hanno manifestazioni nemmeno dopo sforzi anche abbastanza intensi, mentre è possibile che l’attacco si scateni dopo attività fisiche di bassa o moderata intensità. Curiosamente, la soglia ischemica non è mai la stessa, ma anzi varia a seconda dei periodi.
Criteri clinico-prognostici – I criteri clinico-prognostici prendono in considerazione l’evoluzione del fenomeno anginoso. In base a detti criteri si distinguono:
- angina pectoris stabile
- angina pectoris instabile.
L’angina pectoris stabile è caratterizzata dalla stabilità del quadro clinico; è, di fatto, una forma cronica di angina, scarsamente evolutiva.
L’angina pectoris instabile è un quadro clinico la cui gravità si colloca tra quella della forma stabile e quella dell’infarto miocardico. È infatti relativa ad alcune tipologie di angina pectoris che hanno la tendenza a evolvere verso quest’ultimo. Tali caratteristiche evolutive l’hanno fatta descrivere anche come “angina pectoris pre-infartuale” o “angina pectoris in crescendo“.
Angina pectoris – Cause e fattori di rischio
Diversi sono i fattori di rischio relativi all’angina pectoris; essenzialmente sono sovrapponibili a quelli dell’aterosclerosi. Tali fattori possono essere non modificabili (non dipendono cioè dalla volontà del soggetto) e modificabili (dipendono cioè, in buona sostanza, dallo stile di vita della persona).
I fattori di rischio non modificabili sono sostanzialmente tre:
- età (con l’avanzare dell’età le possibilità di andare incontro a episodi anginosi diventano più accentuate)
- familiarità (soggetti che abbiano avuto in famiglia casi di angina pectoris o di infarto miocardico corrono maggiori rischi)
- sesso (il sesso maschile risulta essere più colpito rispetto a quello femminile, la tendenza però inizia a invertirsi quando le donne entrano in menopausa).
Anche l’essere diabetici (quando tale condizione non sia correlata allo stile di vita) aumenta le probabilità di rischio di andare incontro a episodi anginosi.
I fattori di rischio modificabili sono strettamente correlati allo stile di vita del soggetto. Fra i principali possiamo ricordare:
- abuso di alcolici, superalcolici e sostanze stupefacenti
- fumo
- diabete mellito
- ipercolesterolemia
- ipertensione arteriosa
- iperomocisteinemia
- mancanza di attività fisica
- obesità
- regime alimentare inadeguato
- sovrappeso
- stress.
Come si può facilmente notare, si tratta di fattori che sono tutti modificabili attraverso l’adozione di un corretto stile di vita; invitiamo quindi a un’attenta lettura dei nostri articoli Buon stile di vita, Rischio cardiovascolare, Colesterolo e Sindrome metabolica.
Angina pectoris – Sintomi e segni
I sintomi dell’attacco di angina pectoris possono presentarsi in maniera diversa; talvolta, più che un vero e proprio dolore, il soggetto avverte una sensazione di sconforto, accompagnata da un senso di costrizione e oppressione centrale e dalla difficoltà a respirare in maniera corretta.
In altre occasioni, invece, il dolore viene avvertito in modo più preciso, più intenso; il soggetto riferisce di dolori alle braccia, alle spalle, alla mandibola, al collo oppure alla schiena.
Di norma, durante l’attacco, si riscontra un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della sudorazione. Abbastanza frequente è anche il pallore improvviso.
La durata dell’attacco anginoso è generalmente breve, da uno a venti minuti al massimo.
I fattori scatenanti, nella forma secondaria, sono molteplici (attività fisica, attività sessuale, freddo intenso, una forte emozione, un pasto eccessivamente abbondante ecc.). Talvolta la descrizione del quadro sintomatologico è abbastanza vaga e il soggetto riferisce di generici disturbi che attribuisce a problemi digestivi.
La sintomatologia dolorosa regredisce con il riposo e dopo somministrazione di farmaci vasodilatatori come, per esempio, la nitroglicerina (un farmaco appartenente alla classe dei nitroderivati).

Nel nostro Paese l’angina pectoris colpisce circa il 3,3% dei soggetti di sesso maschile e quasi il 4% dei soggetti di sesso femminile (questi dati riguardano soggetti di età compresa tra i 35 e i 74 anni).
Diagnosi
La diagnosi è di tipo clinico e viene effettuata in base alle caratteristiche proprie dell’attacco anginoso.
In prima istanza, nel caso di urgenza, viene eseguito un elettrocardiogramma; a seguire si ricorre a esami strumentali più complessi come l’elettrocardiogramma da sforzo, l’elettrocardiogramma dinamico e l’ecocardiogramma.
L’elettrocardiogramma da sforzo risulta molto utile per la valutazione della soglia di tolleranza che il paziente ha prima di sviluppare l’attacco ischemico.
Nel caso gli esami precedenti risultassero dubbi, è possibile ricorrere alla scintigrafia del miocardio o, al limite, a un ecocardiografia da stress.
Angina pectoris – Cura
La cura si basa sull’adozione di un corretto stile di vita (abolizione del fumo, importante riduzione dell’assunzione di alcolici, regime alimentare corretto, controllo del sovrappeso ecc.) e sull’assunzione di farmaci.
La terapia farmacologica si basa su tre tipi di farmaci: i nitroderivati, i calcio-antagonisti e i beta-bloccanti. I nitroderivati svolgono una funzione vasodilatatoria, soprattutto a livello venoso; la forma farmaceutica più comune è quella per via orale; un soggetto sofferente di angina pectoris deve sempre avere a portata di mano le compresse di nitroglicerina. Esistono anche dei nitroderivati sotto forma di cerotti da applicare sulla cute che svolgono un’azione prolungata (circa 18 ore) nonché farmaci sotto forma di spray.
I calcio-antagonisti hanno funzione vasodilatatoria, soprattutto a livello arterioso, e agiscono dilatando anche le coronarie.
Le funzioni dei beta-bloccanti sono quelle di diminuire la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, la contrattilità cardiaca e il consumo di ossigeno.
Tipica, nel malato anginoso, l’impostazione di terapia antiaggregante (cardioaspirina).
Talvolta, nel caso siano stati riportati danni coronarici è consigliabile ricorrere a tecniche chirurgiche come l’angioplastica coronarica o l’innesto di bypass aorto-coronarico (CABG, Coronary Artery Bypass Graft).
La prognosi è negativamente influenzata dall’età, da quanto è estesa la malattia coronarica, dalla più o meno elevata riduzione della funzione ventricolare e dalla severità della sintomatologia. I rischi più gravi sono l’infarto cardiaco e la morte improvvisa.
Un po’ di storia
I termini latini angina pectoris furono usati per la prima volta da un medico inglese, William Heberden, che il 21 luglio 1768, durante un incontro al College of Physicians di Londra, descrisse accuratamente il quadro clinico anginoso e lo fece così bene che ancora oggi gli inglesi, ma non solo loro, talvolta definiscono l’angina pectoris come la “malattia di Heberden”; la terminologia usata dal medico inglese è particolarmente efficace perché ben descrive il quadro sintomatologico della malattia (angina deriva da angor, restringimento, e pectoris significa di petto). Sebbene Heberden fosse completamente all’oscuro delle cause scatenanti l’attacco di angina pectoris, ne descrisse quasi tutte le diverse forme, quelle da sforzo, le spontanee, le ingravescenti, le post-prandiali, quelle da decubito, da deglutizione ecc.
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