Alluce valgo
Deformità ossea caratterizzata da valgismo (le ossa formano un angolo ottuso aperto verso l’esterno) dell’alluce, varismo (angolo aperto verso l’interno) metatarsale e rotazione dell’alluce. In alcuni casi l’alluce arriva addirittura ad accavallarsi con il secondo e persino con il terzo dito.
Le cause dell’alluce valgo sembrano essere diverse (è cioè una patologia multifattoriale); alcune patologie come la gotta e artrite reumatoide sembrano favorirne l’insorgenza. Anche la tipologia di calzature potrebbe avere un ruolo nello sviluppo della deformità in questione.
Gli approcci terapeutici sono essenzialmente di due tipi: trattamento conservativo e trattamento chirurgico.
Artrite
Patologia di natura infiammatoria che interessa i tessuti delle articolazioni. Di essa esistono molte forme, alcune delle quali piuttosto rare. Le artriti fanno parte della più grande famiglia delle malattie reumatiche e spesso, anche se erroneamente, i due termini sono utilizzati come sinonimi; in realtà le malattie reumatiche possono interessare non soltanto i tessuti articolari, ma anche altri organi del corpo.
Per quanto, molto spesso, si tenda ad associare l’artrite all’età avanzata, questa patologia interessa anche un alto numero di persone giovani.
In base al decorso della malattia si distinguono artriti acute e artriti croniche.
Il processo infiammatorio può colpire una o più articolazioni; si parla quindi, rispettivamente, di monoartrite oppure di poliartrite. Il termine oligoartrite identifica invece un processo infiammatorio di tipo artritico in cui le articolazioni coinvolte sono meno di quattro.
Caratteristica comune a tutte le forme di artrite è l’infiammazione articolare che, nella stragrande maggioranza dei casi, è associata a una dolorabilità che può comportare irrigidimento articolare e perdita più o meno grave di funzionalità.
In passato l’artrite veniva molte volte confusa o comunque associata all’artrosi; quest’ultima patologia però, pur presentando anche una componente infiammatoria, non è un processo morboso prettamente infiammatorio bensì una malattia degenerativa a carattere cronico caratterizzata da alterazioni della cartilagine delle articolazioni sinoviali.
Artrosi
Seria patologia degenerativa (anche osteoartrosi) a carattere cronico caratterizzata da alterazioni della cartilagine delle articolazioni sinoviali. Va precisato che non è ancora del tutto chiaro se le lesioni artrosiche interessino la cartilagine o l’osso appena sottostante.
L’artrosi può colpire una o più articolazioni; si parla di artrosi generalizzata quando le articolazioni interessate dalla patologia sono almeno tre.
L’artrosi è una malattia che si manifesta generalmente a partire dall’età di 40 anni, anche se può fare la sua comparsa molti anni prima; nessuno sembra esserne totalmente immune. Si sviluppa in modo molto lento e graduale e che colpisce con più frequenza coloro che sono affetti da diabete, obesità, iperlipidemia, iperuricemia e varici.
Le cause dell’artrosi sono sostanzialmente sconosciute; si ritiene che alle sue origini possa esserci un terreno genetico che predispone alla patologia, tant’è che spesso viene osservata in più soggetti che appartengono allo stesso nucleo familiare.
L’artrosi inizia a instaurarsi nel momento in cui, per i più disparati motivi, le cartilagini articolari (ovvero i tessuti la cui funzione è quella di ridurre l’attrito dei capi articolari) non riescono più a resistere in modo adeguato alle sollecitazioni cui vengono sottoposte.
Le principali manifestazioni dell’artrosi sono il dolore, la limitazione funzionale e la rigidità delle articolazioni; la certezza diagnostica può essere ottenuta soltanto attraverso l’esame radiografico.
I casi più lievi possono trarre giovamento da fisioterapia, antinfiammatori, analgesici; il ricorso alle infiltrazioni di cortisone e all’uso di lubrificanti articolari deve essere molto cauto perché nel tempo ciò può aggravare il quadro clinico (le terapie a lungo termine a base di steroidi favoriscono l’osteoporosi); nei casi più gravi, quando la malattia si trova in uno stadio molto avanzato, può essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico, sostituendo l’articolazione danneggiata con una protesi (per esempio protesi d’anca o protesi di ginocchio). Recentemente sono state introdotte altre vie terapeutiche come l’uso di acido ialuronico o di fattori piastrinici del sangue.
Un errore comune è confondere l’artrosi con l’artrite che è patologia che interessa il sistema immunitario.
Borsite
Processo infiammatorio di tipo acuto o cronico che colpisce le borse sierose, strutture anatomiche a forma vescicolare contenenti appunto un liquido sieroso.
Le borse muscolari si trovano tra quei muscoli che scorrono l’uno sull’altro, le borse tendinee si trovano tra i tendini e la sottostante superficie delle ossa mentre le borse sottocutanee si trovano tra la cute e la superficie di quelle ossa che non sono ricoperte da muscoli.
Il loro scopo principale è quello di proteggere le zone nelle quali sono situate oltre a quello di consentire una migliore distribuzione del carico cui vengono sottoposte le strutture articolari. Quando le borse sono colpite da processi infettivi o vengono sottoposte a traumi ripetuti rischiano di infiammarsi venendo parzialmente meno alla loro funzione protettiva ed è in questo caso che si parla appunto di borsite.
Calli ossei
Espressione con la quale ci si riferisce generalmente a una crescita anomala di tessuto o di osso attorno o alla base di un dito del piede, generalmente l’alluce perché è il dito più grande e anche quello che subisce maggiori sollecitazioni. Il callo, oltre a essere doloroso nel contatto con il suolo, può anche modificare l’appoggio del piede perché la sua presenza forza l’alluce, e conseguentemente le altre dita, a una posizione innaturale, assumendo un’inclinazione laterale. Quando ciò accade e la situazione è trascurata per parecchio tempo, le dita vicine possono arcuarsi fino ad assumere una posizione “a martello” (dito a martello o di Mallet). Frequente poi è la comparsa dei calli infradito, come conseguenze della maggiore frizione da un dito e l’altro. Se trascurati, questi tipi di calli ossei possono diventare invalidanti e impedire, per esempio, non solo l’effettuazione di un’attività sportiva, ma addirittura di una semplice passeggiata.
Questo tipo di patologia interessa maggiormente le donne, a causa della cattiva abitudine di portare scarpe con tacchi alti, magari tutto il giorno e non solo in occasione di una serata.
Cervicalgia
Generico dolore al collo dalla durata estremamente variabile e che può essere scatenato da diverse cause. È nota comunemente, anche se impropriamente, come cervicale.
I sintomi legati alla cervicalgia sono molti, uno dei più frequenti è il cosiddetto torcicollo, una condizione decisamente fastidiosa che non consente di muovere normalmente la zona cervicale.
A seconda dei vari tipi di cervicalgia le manifestazioni dolorose interessano, oltre a quella cervicale, anche altre zone (come la nuca, il braccio o la mano) e si possono avere vertigini, disturbi della vista e dell’udito e problemi nella deglutizione.
Le cause scatenanti il dolore alla zona cervicale sono numerose ed eterogenee; i principali fattori eziologici sono la sedentarietà, gli errori nella postura e i colpi di freddo, ma può soffrire di tale disturbo anche chi ha praticato o pratica sport di tipo traumatico (boxe, rugby, football americano) o attività sportive di potenza con sovraccarichi; altri soggetti interessati dal problema sono coloro che subiscono il cosiddetto colpo di frusta, successivo a incidenti stradali.
Tra le altre cause di cervicalgia si possono annoverare anche i processi degenerativi dei dischi intervertebrali (più noti come discopatie), le lesioni traumatiche pregresse, l’ernia cervicale, l’artrosi cervicale ecc.
La terapia generalmente adottata si basa sul ricorso iniziale a vari tipi di farmaci (antinfiammatori, corticosteroidi, miorilassanti ecc.).
Nel caso in cui la cervicalgia sia stata provocata da un trauma come, per esempio, il colpo di frusta, si può ricorrere al collare ortopedico.
Condropatia rotulea
Condizione patologica che interessa l’articolazione del ginocchio (il termine condropatia indica una sofferenza del tessuto cartilagineo attorno all’osso).
Contrattura muscolare
Lesione dei muscoli caratterizzata dall’aumento involontario e permanente del tono muscolare (che può durare al massimo 3-8 giorni); si osserva frequentemente fra coloro che praticano discipline sportive che prevedono uno sforzo muscolare di tipo esplosivo (baseball, calcio, calcetto, rugby, salto, sollevamento pesi ecc.); il dolore al muscolo interessato può essere più o meno intenso e influisce negativamente sull’efficienza di quest’ultimo.
I sintomi sono rappresentati dalla sensazione che il muscolo si opponga all’allungamento rimanendo contratto; il dolore è anche evocato alla palpazione che permette a sua volta, di notare l’ipertonia delle fibre muscolari.
Distrazione muscolare
Patologia provocata dall’eccessivo allungamento accoppiato all’attivazione muscolare con contrazione improvvisa superando la resistenza meccanica delle fibre stesse, allungandole, stirandole (stiramento muscolare).
La distrazione muscolare è da molti considerata come sinonimo di strappo muscolare, ma nella prima non si verifica mai la rottura delle fibre di tutto il muscolo (percentuale di rottura delle fibre inferiore al 50%) e si tratta pertanto una lesione sì di una certa importanza, ma senz’altro meno grave di uno strappo muscolare vero e proprio.
Epicondilite
Processo infiammatorio che interessa l’inserzione dei muscoli epicondilei sull’epicondilo, una sporgenza dell’estremità inferiore esterna dell’omero; è quindi una tendinopatia inserzionale.
Molti considerano l’epicondilite come una patologia prettamente sportiva, non a caso viene popolarmente definita come gomito del tennista, ma, in realtà, si tratta di un disturbo che riguarda anche soggetti, non necessariamente praticanti attività sportive, che usano ripetutamente i tendini del gomito per esigenze di tipo professionale (per esempio i pittori).
Ernia del disco
Espressione con la quale ci si riferisce alla fuoriuscita del materiale che costituisce il nucleo polposo dei dischi intervertebrali; tale fuoriuscita è provocata dalla rottura o dalla degenerazione dell’anello fibroso del disco intervertebrale.
L’ernia del disco può causare una compressione di un nervo e quindi provocare dolore, anche intenso, percepito genericamente come diffuso al collo, agli arti superiori o anche inferiori, a seconda della posizione della vertebra interessata.
La fuoriuscita del disco dalla sua sede naturale può essere provocata da eventi traumatici (il classico colpo di frusta di un incidente automobilistico) o dalla degenerazione del tessuto del disco stesso (degenerazione discale); quest’ultima evenienza è quella che si verifica con maggiore frequenza; con l’invecchiamento, infatti, i dischi intervertebrali tendono a perdere parte del loro contenuto acquoso, ciò ne riduce la flessibilità predisponendoli maggiormente agli strappi o alle rotture con sforzi o torsioni anche di entità non eccessiva.
Le ernie lombari possono dare origine a lombalgia (dolore nel tratto lombo-sacrale) e a sciatica (dolore che si diffonde lungo la gamba). In realtà sciatica è un termine che dovrebbe essere usato per indicare la nevralgia del nervo sciatico. Non è propriamente una patologia, bensì un sintomo (dolenzia del nervo sciatico) che può avere alla sua base problemi di diversa natura, ma generalmente è dovuta a un’ernia del disco intervertebrale.
Spesso il dolore lombare si manifesta in modo alquanto improvviso e così violento che il soggetto rimane bloccato in flessione (colpo della strega). L’atteggiamento flesso può durare diversi giorni; poi, gradualmente, con l’attenuarsi del dolore, l’atteggiamento migliora.
Le ernie dorsali sono la forma più rara di ernia del disco. Tendono a formarsi nella porzione più bassa della colonna vertebrale dorsale.
Il già citato colpo di frusta è una delle cause più comuni di ernia cervicale.
Fratture ossee
La principale suddivisione delle fratture ossee è quella tra fratture ossee di tipo traumatico e fratture ossee di tipo patologico.
Una frattura ossea viene definita traumatica quando è provocata da un trauma; la frattura traumatica è un evento acuto, improvviso e istantaneo, che interessa un osso che, dal punto di vista strutturale, è perfettamente integro; la rottura si verifica perché l’entità del trauma supera il limite di resistenza dell’osso.
I meccanismi che provocano la frattura ossea possono essere diretti (l’osso si frattura nel punto nel quale la forza lesiva è applicata) oppure indiretti (non si ha una frattura nel punto di applicazione della violenza lesiva, ma in punto che si trova invece a una certa distanza a causa di una particolare modalità di trasmissione o di un contraccolpo della forza lesiva).
Una frattura ossea viene invece definita patologica (si parla anche di frattura spontanea o, seppur raramente, di frattura torpida) quando la rottura è legata a un cedimento strutturale interno dovuto a una patologia sottostante che può essere sistemica o locale); non c’è quindi in gioco, come nel caso della frattura traumatica, una forza esterna che procura la lesione o, se c’è, è di entità veramente minima (nelle fratture spontanee da osteoporosi, per esempio, il problema può verificarsi anche nel corso di movimenti usuali).
Una tipologia particolare di fratture ossee è quella delle cosiddette fratture da stress, note anche come fratture da durata o fratture da fatica. In queste fratture la forza lesiva non è particolarmente elevata, ma diventa comunque causa della lesione ossea in ragione del suo perdurare nel tempo.
Le fratture ossee vengono distinte anche in base all’entità del coinvolgimento dell’osso; facendo riferimento a questo criterio si distinguono fratture ossee complete e fratture ossee incomplete.
Una frattura si dice completa quando interessa l’intero spessore dell’osso; è invece incompleta quando ne interessa soltanto una parte. Le fratture incomplete vengono anche chiamate infrazioni.
Un’altra tipologia di classificazione è quella relativa allo spostamento dei segmenti ossei fratturati; in questo caso, si parla di frattura composta quando i monconi ossei conservano la loro posizione anatomica (frattura senza dislocazione dei frammenti) e di frattura scomposta quando i monconi ossei risultano dislocati (fratture con dislocazione dei frammenti). Le fratture ossee composte sono, generalmente, più facilmente trattabili; le fratture scomposte richiedono invece una manipolazione (che in alcuni casi può essere di tipo chirurgico) che serve a “ridurre” la lesione ossea (riduzione della frattura).
Le fratture ossee possono essere classificate anche in base all’integrità del tessuto cutaneo; quando la cute resta integra, si parla di frattura chiusa (non vi è esposizione esterna dell’osso); se invece la frattura è associata a lacerazioni cutanee si parla di frattura esposta (l’osso è esposto esternamente); in questi casi è decisamente più elevato il rischio di infezione e, oltre al trattamento medico-chirurgico, è necessario effettuare anche un trattamento con farmaci antibiotici.
La sintomatologia delle fratture ossee può essere alquanto variegata; a seconda del grado di gravità si possono registrare dolore, impotenza funzionale e deformazione del segmento corporeo.
Nelle fratture composte possono fare la loro comparsa due segni caratteristici ovvero la mobilità preternaturale (mobilità anormale dei monconi ossei) e lo scroscio (tipico rumore provocato dallo sfregamento reciproco dei monconi).
Nel caso di fratture di una certa severità, possono manifestarsi sintomi generali di una certa importanza quali, per esempio, shock traumatico, febbre ed embolia adiposa.
In molti casi la diagnosi di frattura può risultare molto semplice, ma l’esecuzione di un esame radiografico è sempre indispensabile; è infatti necessario definire con accuratezza sia la morfologia che la localizzazione della frattura. Nel caso di particolari fratture è spesso necessario eseguire una TAC per verificare l’eventuale presenza di lussazioni associate.
Dopo le osservazioni radiologiche, lo specialista ortopedico effettuerà, nel caso siano necessarie, le manovre di riduzione della frattura; provvederà poi all’immobilizzazione della parte colpita con un’ingessatura o con apposito tutore.
Lassità legamentosa
Condizione che si caratterizza per il fatto che un legamento ha una tensione inferiore al normale a livello di un’articolazione; tale condizione è causa di un’instabilità, più o meno accentuata, dell’articolazione stessa.
Lesioni dei legamenti crociati
I crociati sono due legamenti che, insieme ai collaterali (mediale e laterale), svolgono una fondamentale funzione di stabilizzazione del ginocchio. Le lesioni che li interessano sono un evento piuttosto serio che colpisce in particolar modo chi pratica determinate attività sportive (soprattutto sci, calcio, football americano, rugby, pallavolo e basket). Il legamento crociato più frequentemente colpito da lesioni è quello anteriore (LCA). Molto spesso le lesioni del legamento crociato posteriore (LCP) sono conseguenza di incidenti automobilistici.
Lesioni del menisco
Il menisco è una struttura fibrocartilaginea che fa parte dell’apparato capsulo-legamentoso del ginocchio; in ogni ginocchio ve ne sono due. Le loro funzioni principali sono quelle di stabilizzazione dell’articolazione e di ammortizzamento dei carichi. Le lesioni del menisco sono molto comuni e interessano solitamente le persone giovani e gli adulti attivi, in particolare coloro che praticano sport di contatto o comunque quelli che implicano bruschi movimenti di torsione del ginocchio come per esempio il basket, il calcio o il rugby). Il trattamento delle lesioni meniscali dipende dalla loro gravità; nei casi meno gravi può essere sufficiente il trattamento conservativo (riposo, ghiaccio, antinfiammatori e antidolorifici); nei casi più seri è necessario il ricorso alla chirurgia (artroscopia).
Lussazione
Alterazione anatomica che comporta la perdita dei rapporti che intercorrono reciprocamente tra i capi articolari di un’articolazione. Si parla di lussazione completa quando la perdita dei rapporti tra i capi articolari è totale, se invece permane un contatto parziale si parla di lussazione incompleta o di sublussazione.
In alcuni casi, dopo l’evento traumatico, le estremità ossee ritornano spontaneamente in posizione; in questo caso si parla di distorsione articolare e non più di lussazione.
Le lussazioni traumatiche si verificano a seguito di violenti traumi che causano lo spostamento delle estremità ossee (tipica quella della spalla).
La lussazione patologica si verifica come conseguenza di eventi patologici come, per esempio, artrite cronica o acuta, poliartrite reumatoide, masse tumorali, contratture muscolari, paralisi di gruppi muscolari ecc.
La lussazione congenita è una lussazione presente fin dalla nascita (per esempio quella congenita dell’anca).
Osteoporosi
Grave patologia causata da un progressivo processo di demineralizzazione della struttura scheletrica.
Le principali cause della malattia sono le perdite di calcio e di sali minerali. Tali perdite hanno alla base problematiche diverse a seconda del tipo di osteoporosi.
L’osteoporosi rimane spesso asintomatica, perlomeno per lunghi periodi di tempo; addirittura alcune persone trascorrono tutta l’esistenza senza accusare alcun sintomo particolare pur essendone colpiti. Quando la diminuzione della densità ossea si fa piuttosto marcata si possono avvertire forti e persistenti dolori ossei e andare incontro a deformità di vario tipo. Le parti più coinvolte dal processo osteoporotico possono inoltre andare incontro a fratture, sia spontanee sia causate da traumi anche lievi. Gravi sono le fratture a carico dell’anca e del femore; tali problematiche sono peggiorate dal fatto che nei soggetti affetti da osteoporosi le fratture non guariscono molto facilmente.
L’eventuale presenza di osteoporosi, in presenza o no di fratture, può essere indagata tramite esami che misurano la densità ossea; la tecnica generalmente più utilizzata è denominata MOC (mineralografia ossea computerizzata), un tipo di analisi utile anche in fase preventiva.
Se la prevenzione non è sufficiente, o non è mai stata attuata, si dovrà mettere in atto una strategia di tipo terapeutico. Le opzioni farmacologiche a disposizione sono diverse (calcitonina, bifosfonati, terapia ormonale sostitutiva ecc.).
Osteosarcoma
Gli osteosarcomi sono tumori altamente maligni tranne rare eccezioni; possono presentarsi in qualsiasi segmento osseo, ma colpiscono prevalentemente le metafisi delle ossa lunghe.
L’eziologia dell’osteosarcoma non è chiara; l’unica causa attualmente dimostrata è l’esposizione massiva a fonti radioattive.
I sintomi e i segni, che variano a seconda della localizzazione e delle dimensioni della neoplasia, sono sostanzialmente dolenzia senza causa apparente che non viene attenuata dall’assunzione di farmaci antinfiammatori, Tumefazione tendente a un ingrossamento progressivo, frattura, in assenza di trauma, del segmento osseo interessato dal sarcoma.
Pubalgia
Mioentesite (infiammazione che colpisce l’inserzione di un muscolo su un osso) che interessa i punti di inserzione sull’osso pubico di diversi muscoli: adduttori, pettineo, piramidale, retti addominali, obliqui addominali e trasversi addominali.
I principali sintomi legati alla pubalgia sono il dolore e l’impotenza funzionale; quest’ultima è ovviamente legata all’intensità del dolore.
La patologia è molto comune in ambito sportivo, per esempio nel calcio.
Rachitismo
Gruppo di patologie scheletriche alla cui origine c’è un difetto della mineralizzazione della matrice organica della cartilagine e dell’osso in fase di accrescimento. Conseguenze principali di tali patologie sono deformità e fratture ossee.
In genere il rachitismo è collegato al metabolismo della vitamina D (alterato apporto, alterato metabolismo epatico o renale, ridotta azione della vitamina D).
I bambini rachitici hanno sovente problemi di salute; sono spesso molto pallidi, hanno difficoltà ad alzarsi in piedi e tendono a stancarsi molto facilmente; contraggono spesso malattie respiratorie anche a causa delle deformazioni a carico della cassa toracica. Con l’avanzare dell’età sono comuni ingrossamenti delle metafisi delle ossa lunghe e varismo accentuato.
Scoliosi
Patologia irreversibile della colonna vertebrale caratterizzata da una deviazione sul piano frontale (ovvero in senso latero-laterale); questa deviazione costringe le vertebre a un’inclinazione laterale tale che l’asse di gravità risulta spostato verso il lato della concavità; si ha quindi una rotazione compensativa dal lato opposto nel tentativo di riportare la gravità al centro, inoltre questa rotazione è causa di un’asimmetria costale con conseguente deformazione della gabbia toracica; questa deformazione è nota come gibbo costale.
Le terapie variano in base alle cause e alla gravità. Nei casi più semplici può essere sufficiente una buona ginnastica correttiva, alla quale, nei casi più seri, potrà essere associato l’uso di particolari corsetti. I casi di scoliosi grave possono richiedere l’uso della terapia chirurgica.
Strappo muscolare
Grave lesione in cui si ha una percentuale significativa di rottura delle fibre del muscolo e che si riscontra frequentemente in chi pratica attività sportive.
Lo strappo muscolare è generalmente dovuto a un’eccessiva sollecitazione muscolare (scatti improvvisi, contrazioni repentine ecc.) e colpisce in particolar modo coloro che praticano discipline nelle quali si effettuano sforzi muscolari di tipo esplosivo (calcio, rugby, baseball ecc.).
Il primo sintomo avvertito da un soggetto colpito da strappo muscolare è un acuto dolore a livello della zona colpita. Se la lesione è particolarmente seria, l’infortunato può addirittura trovarsi nell’impossibilità di muovere la parte colpita. Alla palpazione il muscolo appare duro e contratto; la comparsa di ecchimosi è frequente. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli strappi muscolari sono accompagnati da edema e gonfiore. Se la rottura del muscolo è completa, i capi del muscolo lesionato si retraggono e alla palpazione è chiaramente avvertibile un avvallamento preceduto da una bozza muscolare.
Nei casi più gravi è indicato l’intervento chirurgico per suturare le fibre muscolari. Le varie indagini possono essere completate con l’esecuzione di un’ecografia e/o di una risonanza magnetica.
Tendinite
Termine generico con il quale si indica un processo di tipo infiammatorio a carico di uno o più tendini (robuste formazioni anatomiche di tessuto connettivo fibroso attraverso le quali i muscoli volontari sono collegati al segmento scheletrico sul quale essi prendono inserzione). Di solito è un processo acuto, mentre in caso di tendinite cronica è più corretto parlare di tendinosi, caratterizzato dalla presenza di una lesione del tendine a livello cellulare.
Il sintomo più caratteristico della tendinite è la dolenzia nella zona del tendine interessato dall’infiammazione; la sensazione dolorosa può aumentare, ma anche solamente comparire, quando il soggetto palpa la zona coinvolta oppure nel caso di movimenti che riguardino il tendine interessato.
Indice materie – Medicina – Malattie delle ossa, delle articolazioni e dei muscoli