La vitrectomia (nota anche come rimozione dell’umor vitreo) è una tecnica microchirurgica utilizzata in ambito oculistico. Non si tratta di una tecnica chirurgica molto utilizzata (al contrario di quanto accade con la chirurgia refrattiva) perché, nonostante sia praticata da molto tempo, è dedicata a particolari patologie.
Gli interventi di vitrectomia sono mirati alla risoluzione di condizioni patologiche oculistiche relative alla retina e al corpo vitreo (anche umor vitreo o, talvolta, semplicemente vitreo); fra quelle più comunemente trattate possiamo ricordare:
- condizioni che causano anormali trazioni sulla retina (per le quali sussiste il rischio di distacco retinico o di formazione di fori retinici)
- distacco di retina con o senza complicazioni
- foro maculare
- lesioni da corpi estranei penetrati nell’occhio
- modificazioni della struttura del vitreo a seguito dell’intervento di cataratta
- opacizzazione del corpo vitreo (da emorragie o da processi infiammatori)
- pucker maculare
- retinopatia diabetica con o senza distacco retinico
- uveite.
Va inoltre ricordato che la vitrectomia non viene utilizzata soltanto a scopi curativi (vitrectomia terapeutica), ma anche nella diagnosi di vari tipi di patologie oculari come per l’esempio l’uveite o alcune patologie rare del segmento posteriore (vitrectomia diagnostica).
L’intervento
La vitrectomia è un intervento praticato da decenni e negli ultimi venti anni si sono fatti notevoli passi avanti; la rimozione del corpo vitreo rimane però uno un intervento oculistico delicato che deve essere eseguito da un ottimo chirurgo.
Tramite l’intervento di vitrectomia, lo specialista rimuove totalmente o parzialmente il corpo vitreo; la rimozione viene eseguita utilizzando sofisticati strumenti chirurgici ovvero un vitrectomo, un illuminatore in fibra ottica e una linea di infusione che serve a trasportare una soluzione salina che sostituirà l’umor vitreo rimosso.
Gli strumenti vengono inseriti nell’occhio passando attraverso delle microincisioni praticate nella parte esterna del bulbo oculare (per la precisione in una zona denominata pars-plana). Il chirurgo si avvale inoltre di un microscopio operatorio che gli consente una visione ingrandita della zona in cui eseguirà le manovre operatorie.
Non esiste una durata standard per l’intervento di vitrectomia; essa dipende da vari fattori, in primo luogo dal tipo di patologia che ha costretto all’intervento e in secondo luogo dalla particolare situazione del paziente e dalla tecnica chirurgica utilizzata; una vitrectomia non particolarmente complessa può richiedere un lasso di tempo abbastanza breve, ovvero dai 20 ai 25 minuti circa; casi più complessi possono richiedere anche diverse ore.
Qualche anno fa, generalmente, l’intervento di vitrectomia veniva effettuato in anestesia generale e il paziente, salvo complicazioni, doveva restare nella struttura sanitaria tre o quattro giorni. Oggi è decisamente aumentata la percentuale di vitrectomie che vengono eseguite in anestesia locale con una notevole riduzione degli interventi di ospedalizzazione.
A seconda dei casi, l’intervento di vitrectomia può richiedere l’utilizzo di altre tecniche i cui scopi sono essenzialmente due: la risoluzione di una determinata patologia sottostante e la gestione di un’eventuale complicazione che si dovesse presentare durante l’intervento. Tra queste tecniche vanno ricordate l’endofotocoagulazione (tecnica che ha soppiantato il trattamento argon laser e che serve a rimediare alla presenza di fori retinici, bloccare emorragie e trattare eventuali anormali proliferazioni di vasi sanguigni), l’iniezione di aria e/o di gas (generalmente usata nel caso di distacchi o fori retinici) e l’iniezione di olio di silicone (alla quale si ricorre di solito nel caso di distacchi retinici complicati).
Ovviamente, nel periodo post-operatorio, vista la delicatezza del tipo di intervento e della zona trattata, è necessario che il paziente segua scrupolosamente tutte le indicazioni fornitegli dallo specialista (evitare sforzi eccessivi e le attività che possano comportare traumi, adottare determinate posture durante il sonno, utilizzo di determinati colliri ecc.).
Se non vi sono complicazioni di sorta, il paziente dovrebbe riacquistare la normale acuità visiva nel giro di alcuni mesi; in alcuni soggetti si riscontra anche un miglioramento dell’eventuale miopia preesistente.

Gli interventi di vitrectomia sono mirati alla risoluzione di condizioni patologiche oculistiche relative alla retina e al corpo vitreo
Vitrectomia – I rischi
La vitrectomia è una tecnica chirurgica che può porre rimedio a situazioni anche molto delicate, ma sicuramente, come già accennato nella parte iniziale dell’articolo, non è scevra da complicazioni che in alcuni casi possono essere anche particolarmente serie.
La principale complicazione della vitrectomia è che nel 3-5% dei casi può verificarsi un distacco retinico nel corso dell’intervento; si tratta di una complicazione che, fortunatamente, nella stragrande maggioranza dei casi (90%) può essere trattata con efficacia. Ovviamente, quando la vitrectomia viene utilizzata per curare un distacco di retina non si può parlare di complicazione.
Le altre complicanze sono molto rare. In alcune circostanze (un caso ogni 300 interventi circa) si verifica un’infezione oculare; nel 50% dei casi il problema si risolve positivamente; nel restante 50% dei casi, purtroppo, il soggetto non risponde alla terapia antibiotica e spesso si ha la perdita del visus.
Un’altra complicazione, fortunatamente molto rara, dell’intervento di vitrectomia è rappresentata dalle cosiddette proliferazioni sub-retiniche; in alcuni casi, al momento dell’inserimento degli strumenti all’interno dell’occhio si verifica un deposito di microframmenti sulla retina i quali danno origine a una proliferazione tissutale e di vasi sanguigni; tale proliferazione può portare al distacco retinico.
Il rischio forse più noto dell’intervento di vitrectomia è rappresentato dallo sviluppo di cataratta; molti autori, invero la maggioranza, considerano lo sviluppo di cataratta un’evenienza quasi certa dell’intervento di vitrectomia (l’ipotesi è quella che la microvariazione climatica conseguente alla rimozione del corpo vitreo causi un trauma per il cristallino che porta a sviluppare una cataratta) e quindi, di fatto, chi si sottopone a vitrectomia deve prendere in considerazione il fatto che con molta probabilità dovrà subire in seguito un altro intervento chirurgico (tant’è che nei pazienti molto anziani che si sottopongono a vitrectomia si procede anche con la rimozione e la sostituzione del cristallino); altri autori dissentono e affermano che il rischio di sviluppo di cataratta è relativamente basso e comunque è proporzionale all’età (molto basso nei soggetti di età compresa tra i 30 e i 50 anni ed elevato nei più anziani); questi ultimi autori affermano comunque che l’intervento di vitrectomia è solo un “catalizzatore” di un evento che si sarebbe comunque inevitabilmente verificato, ovvero, detto in altri termini, l’intervento non fa altro che velocizzare la comparsa di un inevitabile problema.
Per amor di completezza è giusto citare anche altre complicazioni che sono presenti in letteratura, ma la cui frequenza è veramente molto rara. Ci riferiamo in particolarmente alla comparsa di glaucoma (questo evento potrebbe verificarsi nel caso di un intervento eseguito in modo non corretto), ai problemi che potrebbero derivare dalla permanenza di una parte dell’umor vitreo (non sempre la vitrectomia comporta la rimozione totale del vitreo; in questi casi esiste la possibilità che esso si distacchi e galleggi nell’umor acqueo che si forma dopo la rimozione dell’umor vitreo dando luogo a una severa miodesopsia).
Un altro problema, rarissimo, ma veramente molto grave è l’allergia al verde di indocianina, una sostanza di contrasto che viene utilizzata talvolta dal chirurgo oftalmico per visualizzare meglio il corpo vitreo da rimuovere. Esistono casi di soggetti che hanno perso la vista in seguito a una reazione allergica al verde di indocianina. Dal momento che l’utilizzo di questa sostanza è comunque facoltativo, è forse consigliabile chiedere al chirurgo di non utilizzarla.
Un’altra rara complicazione, che generalmente si risolve, nel giro di poco tempo è quello dei sanguinamenti; quando ciò accade viene ad annebbiarsi l’umor acqueo che ha sostituito il corpo vitreo con conseguenze sul visus; come detto, però, nel giro di poco tempo il sangue dovrebbe riassorbirsi senza lasciare strascichi.
Tornando alla domanda del paragrafo, la vitrectomia è un intervento i cui rischi sono sicuramente legati all’abilità del chirurgo.
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