Il trapianto di fegato è un intervento chirurgico molto complesso e non esente da rischi, ma in diversi casi rappresenta l’unica soluzione per la cura di patologie epatiche gravissime; alcune malattie del fegato, infatti, non sono più trattabili con la terapia medica (o comunque lo sono solo molto marginalmente) e soltanto il ricorso al trapianto di fegato può consentire la sopravvivenza della persona malata.
Un trapianto di fegato è, essenzialmente, un’operazione chirurgica che consiste nell’asportazione di un fegato malato e nella sua sostituzione con un fegato nuovo.
Il trapianto di fegato può essere realizzato utilizzando un fegato che può provenire o da un donatore cadavere (ove per cadavere si intende un soggetto in stato di morte cerebrale) oppure da un donatore vivente.
Quando si deve ricorrere al trapianto di fegato?
Sono diverse le circostanze che possono costringere al ricorso al trapianto del fegato; di seguito elenchiamo quelle più comuni:
- patologie epatiche croniche evolutive che limitano la sopravvivenza del soggetto;
- insufficienza epatica acuta
- patologie metaboliche del fegato sano.
Le patologie epatiche croniche evolutive rappresentano l’indicazione più frequente nel trapianto di fegato su soggetti adulti; rientrano in questa categoria la cirrosi epatica da infezioni virali (di norma da epatite B ed epatite C), la cirrosi epatica alcolica, la cirrosi biliare primitiva, la colangite sclerosante e alcune patologie epatiche a carattere autoimmune.
La cirrosi epatica da infezioni virali e quella alcolica sono le patologie croniche che più frequentemente costringono al trapianto di fegato.
Anche un’insufficienza epatica acuta può essere motivo di ricorso al trapianto; si tratta essenzialmente di una patologia di tipo acuto che può essere determinata da cause diverse e che colpisce un fegato che in precedenza era perfettamente sano. In alcuni casi, le insufficienze epatiche acute portano alla morte del soggetto nel giro di brevissimo tempo, mentre in altri si assiste a una guarigione praticamente spontanea. Il problema fondamentale è che, attualmente, non si è in grado di prevedere con esattezza quali soggetti potranno guarire in modo spontaneo e, conseguentemente, la decisione se intervenire o no con il trapianto può essere estremamente difficile.
Un’evenienza meno comune di ricorso al trapianto di fegato (riguarda generalmente soggetti in età pediatrica) e quella relativa alle patologie metaboliche del fegato sano; in alcuni casi, infatti, l’organo epatico è sostanzialmente sano, ma è la sede di un difetto ereditario del metabolismo che provoca un danno ad altri organi; il trapianto di fegato consente in questi casi particolari di correggere il difetto e, conseguentemente, fermare la malattia.
Va citato fra le indicazioni al trapianto anche l’epatocarcinoma su fegato cirrotico che non sia resecabile; in questi casi il trapianto di fegato raggiunge l’obiettivo di guarire il paziente dalla patologia tumorale e quello di eliminare uno dei fattori di rischio più importanti per diverse malattie del fegato, ovvero la cirrosi epatica.
Selezione dei candidati al trapianto
Sfortunatamente, il numero di persone che necessiterebbero di un trapianto di fegato è molto superiore rispetto a quello degli organi sani disponibili; a causa di questa importante limitazione, i centri che effettuano i trapianti di fegato basano la loro decisione basandosi su criteri medici molto rigorosi e selettivi che prendono in considerazione le possibilità della persona candidata al trapianto di trarre un effettivo beneficio da tale procedura chirurgica.
Fra le altre cose vengono valutate le condizioni di salute di altri organi e apparati vitali (apparato cardiocircolatorio, apparato polmonare, apparato neurologico ecc.) al fine di evitare rischi operatori legati alla presenza di altre gravi malattie oltre a quella epatica.
Se, dopo le necessarie visite e valutazioni, il soggetto verrà ritenuto idoneo, sarà inserito in una lista d’attesa che tiene conto dello stato della malattia in modo da garantire la precedenza ai casi più gravi e urgenti.
È molto difficile dire con esattezza quali siano i tempi di attesa per un trapianto del fegato; esiste, infatti, una notevole variabilità nelle tempistiche che è dovuta a diversi fattori fra i quali vanno ricordati la disponibilità di organi, lo stadio di gravità della patologia, le dimensioni corporee e il tipo di gruppo sanguigno. Gli ultimi due fattori sono quelli che pesano maggiormente nel determinare se il fegato donato può essere compatibile per il trapianto su un determinato paziente.
Per i soggetti che vengono colpiti da insufficienza epatica acuta, è previsto un sistema di emergenza che può consentire il reperimento di un fegato idoneo nel giro di pochi giorni; nelle circostanze più fortunate i tempi di attesa sono persino di poche ore.
Nel caso di soggetti le cui condizioni di salute sono meno critiche e la cui patologia può essere parzialmente gestita con terapie farmacologiche, i tempi di attesa sono decisamente più lunghi (anche molti mesi).

In Italia la legge consente che un donatore vivente possa donare parte del suo fegato perché venga trapiantato
Provenienza dell’organo da trapiantare
Come già accennato nel paragrafo iniziale dell’articolo, un fegato per il trapianto può provenire o da un donatore cadavere o da un donatore vivente.
Per quanto concerne la donazione di fegato da cadavere, va ricordato che il prelievo del fegato (e comunque di qualsiasi altro organo) può avvenire soltanto a partire dal momento in cui è stata dichiarata la morte cerebrale del paziente e soltanto previo consenso dei familiari; ricordiamo che la legge prevede che il consenso alla donazione può essere concesso dal coniuge o dal convivente more uxorio oppure, nel caso non esistano tali figure, dai figli maggiorenni; se non vi sono figli, possono autorizzare la donazione i genitori oppure, in loro assenza, può farlo il rappresentante legale del deceduto. Nel caso di soggetti minorenni deceduti è obbligatorio il consenso da parte di entrambi i genitori.
Il trapianto di fegato da donatore vivente è un intervento chirurgico che prevede il prelievo di una parte di fegato da un donatore sano e il successivo trapianto di tale segmento in un soggetto malato (soggetto ricevente); ricordiamo che il fegato è l’unico organo in grado di rigenerarsi e che sia la parte donata, sia la parte rimanente di fegato del donatore cresceranno raggiungendo dimensioni normali in un lasso di tempo non particolarmente lungo. La donazione di fegato da donatore vivente, nel nostro Paese, è ristretta solo ai parenti del soggetto malato (coniuge o consanguinei).
Trapianto di fegato – Intervento chirurgico
L’intervento chirurgico con il quale viene effettuato il trapianto di fegato è, come detto, molto complesso e, a seconda dei casi possono occorrere dalle 6 alle 14 ore di tempo.
Le fasi di un trapianto di fegato sono sostanzialmente tre:
- rimozione del fegato malato (epatectomia);
- unione, tramite suture, tra i vasi sanguigni del fegato del donatore e quelli del fegato del ricevente (si parla di anastomosi; in un trapianto di fegato ne sono necessarie cinque: vena cava sovraepatica, vena cava infraepatica, vena porta, arteria epatica e dotto biliare);
- rivascolarizzazione del fegato trapiantato (ovvero ripresa della normale irrorazione sanguigna che consente al fegato di riprendere a funzionare).
Trapianto di fegato – Rischi
Ognuna delle tre fasi operatorie citate nel paragrafo precedente presenta rischi non indifferenti; molto importanti sono quelli legati al sanguinamento (fase iniziale del trapianto).
Se tutto procede per il meglio, un soggetto che ha subito un trapianto di fegato effettua una degenza ospedaliera post-intervento di circa tre settimane.
Oltre ai rischi operatori, vanno considerati anche quelli legati all’eventuale rigetto o a eventuali infezioni.
Il rigetto si verifica nel caso in cui il sistema immunitario del paziente “consideri” come corpo estraneo il fegato trapiantato. Allo scopo di prevenire questa gravissima eventualità, ai soggetti che subiscono un trapianto di fegato vengono somministrati appositi farmaci per la soppressione del sistema immunitario (farmaci immunosoppressori); ciò, come facilmente intuibile, riduce sì i rischi di rigetto, ma aumenta quelli di contrarre infezioni di vario tipo.
Diversi soggetti sottoposti a trapianto di fegato presentano almeno un episodio di rigetto oppure di infezione; ciò impone un nuovo ricovero; queste evenienze si verificano soprattutto nel corso dei primi dodici mesi dal trapianto.
Un trapianto di fegato è un’operazione chirurgica importante e gli effetti indesiderati legati a tale procedura non sono pochi; spesso sono provocati dai farmaci che vengono prescritti per prevenire o trattare il rigetto; fra essi vanno ricordati ritenzione idrica, aumento della pressione arteriosa, diarrea, nausea e mal di testa.
Trascorso un anno dal trapianto, il follow-up routinario prevede un check-up ospedaliero da effettuarsi una volta all’anno.
Se l’operazione chirurgica è andata come si sperava, il soggetto che ha subito un trapianto di fegato può tornare a una vita normale (o perlomeno quasi normale) nel giro di 8-12 mesi dall’operazione. È opportuno che la persona eviti il contatto con soggetti che potrebbe trasmettergli un’infezione, che adotti un regime alimentare sano ed equilibrato e che svolga una regolare attività fisica che gli permetta di mantenere un ottimo stato di salute.
Trapianto di fegato – Aspettative di vita
Per quanto riguarda le aspettative di vita, si è solito esprimerle riferendosi al tasso di sopravvivenza a cinque anni ovvero, detta in altri termini, alla percentuale di soggetti che dopo essere stati sottoposti a trapianto sono ancora vivi dopo cinque anni dall’intervento; nel caso dei trapianti di fegato, il tasso di sopravvivenza è piuttosto alto, si aggira infatti sul 75%. Si è osservato che i soggetti che ricevono un fegato da un donatore vivente hanno un tasso di sopravvivenza a cinque anni lievemente superiore a quello dei soggetti che hanno ricevuto un fegato da donatore cadavere.
Indice materie – Medicina – Interventi – Trapianto di fegato