Il trapianto di cornea (noto anche come cheratoplastica) è un intervento chirurgico che può essere preso in considerazione in diverse situazioni:
- patologie della cornea che diminuiscono l’acuità visiva
- opacità del tessuto (dovuta a degenerazione o distrofia della cornea o a cicatrici post-infettive o post-traumatiche)
- distorsione corneale (dovuta a cheratocono o eventi traumatici).
Il trapianto di cornea è un intervento invasivo e vi si ricorre quando trattamenti meno invasivi non sono in grado di risolvere il problema che si è venuto a creare.
Con il trapianto di cornea si va a sostituire il tessuto corneale danneggiato con un altro proveniente da una banca degli occhi (una struttura che raccoglie, esamina, conserva e distribuisce il tessuto oculare umano proveniente da donatori); l’intervento, a seconda della complessità del caso, può essere effettuato o in anestesia generale oppure in anestesia locale.
Il trapianto di cornea consente al paziente di recuperare la propria acuità visiva.
Trapianto di cornea – Possibilità di successo
Dai dati più recenti disponibili si rileva che la percentuale di sopravvivenza del lembo corneale che viene trapiantato, ovvero la capacità della cornea trapiantata di restare trasparente garantendo all’occhio trattato una migliore visione, è piuttosto alta a un anno dal trapianto (circa il 90%); a cinque anni dal trapianto tale percentuale passa al 74% circa; dopo 10 anni dal trapianto di cornea, la percentuale di successo scende al 62%.
La percentuale di sopravvivenza del lembo corneale dipende molto dalla patologia alla base del problema; in caso di cheratocono, per esempio, la sopravvivenza della cornea trapiantata è decisamente migliore di quanto non si registri nel caso di altre patologie oculari che richiedono il trapianto corneale; è per esempio il caso della cheratite erpetica, uno dei problemi oftalmologici più gravi in quanto determina spesso un’invalidità permanente del visus.
Cosa succede dopo l’intervento
Il trapianto di cornea non è un intervento doloroso o pericoloso; generalmente viene effettuato in anestesia generale, ma, a seconda dei casi, è possibile anche l’anestesia loco-regionale.
Dopo l’intervento, l’occhio risulterà arrossato e dolente e sono frequenti sintomi e segni quali bruciore, fastidio più o meno accentuato, lacrimazione, aloni, fluttuazioni visive, sensazione di corpo estraneo nell’occhio ecc. Tali manifestazioni, se non vi sono complicazioni, si ridurranno progressivamente.
Il trapianto di cornea è un intervento chirurgico considerato piuttosto sicuro, ma, come in tutti gli interventi chirurgici, le probabilità di complicanze non sono nulle.
Il rischio di infezione è relativamente elevato e allo scopo di ridurlo è necessaria una grande attenzione all’igiene personale e a quella oculare in particolare.
Trascorso un anno e mezzo dall’intervento si procede con la rimozione della sutura (nel caso di quegli interventi che la prevedono); dopo tale rimozione, la cornea si riassesta; questo riassestamento può determinare la comparsa di difetti visivi quali astigmatismo, ipermetropia o miopia.
Il miglioramento della visione in seguito a trapianto di cornea non è immediato; lo si noterà dopo diverse settimane; esso è strettamente dipendente dalla bontà dell’attecchimento e dalla vitalità del tessuto corneale trapiantato, dalla trasparenza del tessuto, dall’astigmatismo residuo e dalle condizioni delle altre parti oculari.
I controlli post-operatori sono necessari; inizialmente saranno anche molto frequenti; man mano si ridurranno di numero, ma dovranno essere effettuati per un periodo di tempo piuttosto lungo.
Trapianto di cornea – I rischi
È importante sapere che il trapianto di cornea comporta un rischio di rigetto vita natural durante, anche se la frequenza di questa evenienza si riduce in modo drastico trascorsi 5 anni dal trapianto.
Il rigetto della cornea può determinare una grave, e talvolta irreversibile, infiammazione della superficie oculare e, se non si interviene in modo tempestivo o non si riesce a porre rimedio alla situazione, può essere necessario un nuovo trapianto di cornea.
Il rigetto si manifesta inizialmente con una sintomatologia lieve, il soggetto può accusare un lieve offuscamento della vista, arrossamento oculare e lieve fotofobia (sensibilità alla luce); se la sintomatologia si manifesta in modo improvviso, persiste diversi giorni e ha la tendenza a peggiorare, è necessario recarsi immediatamente dal proprio oculista perché quanto prima si interviene, tanto più alte sono le probabilità di evitare danni irreversibili al tessuto trapiantato.
Dal momento che il rischio di rigetto aumenta in caso di infiammazione oculare, è necessario cercare di evitare, nei limiti del possibile, tutte quelle situazioni che comportino rischi in tal senso (ambienti fumosi, vento forte, sostanze irritanti a livello oculare ecc.).
Trapianto di cornea – Tecniche principali
Esistono diverse tecniche di trapianto di cornea; la scelta di una o di un’altra dipende dal tipo di compromissione del tessuto, compromissione che può essere totale o parziale.
Con l’intervento di cheratoplastica perforante, per esempio, si vanno a sostituire tutti gli strati della cornea, mentre con l’intervento di cheratoplastica lamellare, la sostituzione riguarda soltanto la parte di tessuto compromessa.
In alcuni casi, ovvero quando la patologia oculare ha danneggiato in modo non più reversibile l’epitelio corneale, ivi comprese le cellule del limbus corneale (che sono cellule responsabili del rifornimento cellulare e della rigenerazione dell’epitelio), è necessario che il trapianto di cornea sia preceduto un trapianto di cellule staminali autologhe necessario a ricostruire l’epitelio; diversamente, il solo trapianto di cornea non avrebbe successo.
Attualmente le principali tecniche utilizzate nel trapianto di cornea sono:
- cheratoplastica perforante (PKP o PK, Penetrating Keratoplasty)
- cheratoplastica lamellare (anteriore o posteriore).
La cheratoplastica perforante è stata la prima tecnica di trapianto di cornea a essere utilizzata (anni ’50 del secolo scorso); a tutt’oggi è ancora la tecnica maggiormente diffusa a livello mondiale.
Consiste essenzialmente nella sostituzione di una porzione centrale, a tutto spessore, della cornea lesionata con un lembo corneale sano proveniente da un donatore.
Il recupero del visus non è sempre immediato, ma i risultati, in quanto ad acuità visiva, sono spesso ottimi.
La cheratoplastica perforante può essere eseguita o in anestesia locale oppure in anestesia totale; la durata può essere più o meno lunga e dipende essenzialmente dalla complessità del caso che si sta trattando.
Come tutti gli interventi chirurgici, anche la PKP non è esente da complicanze (infezioni corneali, processi infiammatori ecc.).
Con l’intervento di cheratoplastica lamellare si effettua la sostituzione della sola porzione di cornea lesionata così da mantenere, per quanto possibile, il tessuto corneale originario sano.
Le principali tecniche di cheratoplastica lamellare sono due: quella anteriore (ALK, Anterior Lamellar Keratoplasty) e quella posteriore (detta anche endoteliale); la denominazione fa riferimento alla porzione del tessuto corneale che viene rimossa che può essere quella anteriore o quella posteriore.
La cheratoplastica lamellare anteriore viene utilizzata per rimuovere cicatrici e opacità del tessuto della cornea entro spessori non superiori ai 400 micron; una particolare e relativamente recente (2002) tecnica di cheratoplastica lamellare anteriore è la DALK (Deep Anterior Lamellar Keratoplasty, Cheratoplastica Lamellare Anteriore Profonda); è stata ideata da un medico saudita, ma si è poi sviluppata soprattutto nel nostro Paese; a essa si ricorre soprattutto in caso di lesioni corneali provocate da cheratocono, distrofie e cicatrici (superficiali e profonde) post-infettive o post-traumatiche.
Il principale vantaggio della DALK consente di evitare le più importanti cause di fallimento della cheratoplastica perforante (rigetto immunologico e scompenso tardivo della cornea trapiantata).
La cheratoplastica lamellare posteriore è una tipologia di trapianto di cornea che consiste nella sola rimozione dell’endotelio corneale. La principale tecnica di cheratoplastica lamellare posteriore è la DSAEK (Descemet Stripping Endothelial Automated Keratoplasty); l’intervento consiste nel rimuovere il solo endotelio corneale. Le indicazioni alla DSAEK sono la cheratopatia bollosa e la distrofia di Fuchs, patologie oculari che, primitivamente, interessano soltanto l’endotelio e che, in un secondo momento, causano la perdita della trasparenza del tessuto corneale.
I trapianti di cornea effettuati con questa tecnica hanno diversi vantaggi rispetto a quelli effettuati con la tecnica PKP, ovvero recupero visivo più rapido, non sono necessarie suture (e quindi si eliminano i rischi a esse connessi, ovvero infezioni o forti astigmatismi); la DSAEK inoltre rispetta l’integrità del bulbo corneale e, cosa di non poco conto, lascia quasi del tutto inalterata la tolleranza a eventuali traumi. Il rischio di rigetto corneale non viene scongiurato, ma sembra minore rispetto a quanto si rileva per altre tecniche.
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