Il parto cesareo è un parto che avviene grazie a un’operazione di tipo chirurgico che prevede sia un’incisione della parete anteriore dell’addome (laparatomia) sia un’incisione della parete dell’utero (isterotomia); tale operazione viene denominata taglio cesareo*.
Nel nostro Paese il ricorso al parto cesareo è, a livello percentuale, il più alto di tutta Europa; in Italia infatti il 38% circa delle nascite avviene tramite questa tecnica chirurgica. Il dato italiano è alquanto disomogeneo, più basse le percentuali di tagli cesarei nelle regioni del Centro-Nord (22% circa in Val d’Aosta e 24% circa in Toscana e Friuli) rispetto a quelle del Centro-Sud (42% circa nel Lazio e più del 60% in Campania). Dati che stridono con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo la quale la percentuale di parti cesarei non dovrebbe oltrepassare la soglia del 20% (dato in linea con le percentuali di tagli cesarei degli altri Paesi del Vecchio Continente) dal momento che il ricorso inappropriato a tale tipo di operazione non sembra portare sostanziali miglioramenti né per le madri né per i nascituri.
Gli interventi di parto cesareo possono essere elettivi (programmati ed eseguiti al di fuori del periodo di travaglio) oppure d’urgenza (quando si eseguono perché si è verificata una condizione imprevista durante il periodo del travaglio).
Parto cesareo – Quando farlo?
In linea generale è possibile affermare che il ricorso al parto cesareo dovrebbe essere fatto in quei casi in cui non è possibile effettuare un parto per via vaginale oppure in quelli in cui il parto vaginale, pur essendo possibile, presenta rischi maggiori (per la madre o il nascituro) rispetto al parto cesareo. Le indicazioni al parto cesareo sono variegate; in alcuni casi sono relative a problemi del feto (presentazione podalica, sofferenza fetale) o della madre (uno o più parti cesarei precedenti, diabete, eclampsia, nefropatie ecc.). Talvolta possono essere presenti contemporaneamente più indicazioni al parto per via addominale. Alcune indicazioni al parto cesareo sono molto più frequenti di altre; vi accenniamo brevemente.
Distocia – Quando nel corso del travaglio di parto oppure durante lo svolgimento del parto stesso insorgono anomalie o complicazioni che sono rischiose per la madre o per il feto (o per ambedue contemporaneamente) si parla genericamente di distocia. Un parto in cui si verifica una distocia viene detto parto distocico (anche parto patologico); al contrario, un parto che si verifica senza alcuna complicazione viene definito parto eutocico. A seconda del tipo di problematiche che si verificano, le distocie possono essere di tipo dinamico (per esempio il cosiddetto parto precipitoso, noto anche come ipercinesia uterina, oppure, al contrario, l’ipocinesia uterina) o di tipo meccanico (quando per esempio sussistono condizioni patologiche che impediscono il corretto svolgimento del parto).
Presentazione anomala – Nei parti a termine, al momento del parto, nella stragrande maggioranza dei casi (95% circa), il feto si presenta all’ingresso del bacino della madre con la testa (presentazione cefalica); più raramente (circa il 4% dei casi) il feto si presenta con le natiche (presentazione podalica); nei restanti casi, il feto può trovarsi con la testa verso un fianco materno e con le natiche verso l’altro; si parla in questo caso di presentazione di spalla.
La presentazione cefalica è considerata fisiologica, le altre due presentazioni (la podalica e quella di spalla) sono considerate come presentazioni anomale. La presentazione di spalla è una delle indicazioni di tipo assoluto per il parto cesareo dal momento che, se si verifica tale condizione, il parto vaginale è impossibile. In caso di presentazione podalica invece il parto vaginale non è impossibile, ma vi sono rischi maggiori per il feto e quindi generalmente si preferisce optare per il parto cesareo.
Sofferenza fetale – In corso di travaglio lo stato di benessere del feto viene controllato attraverso il cosiddetto monitoraggio cardiotocografico; se tale monitoraggio fornisce informazioni secondo le quali è consigliabile un’accelerazione dei tempi del parto, a seconda dei casi, potrebbe esserci l’indicazione all’espletamento del parto per via addominale.
Pregresso parto cesareo – Il fatto che una donna abbia già partorito tramite parto cesareo non è di per sé un’indicazione di tipo assoluto alla ripetizione di tale metodica; è però un dato di fatto che il pregresso parto cesareo è una delle cause più frequenti di ricorso alla laparatomia. Generalmente si tende a sconsigliare il parto per via vaginale se ci sono già stati almeno due parti effettuati tramite taglio cesareo oppure se, per un qualsivoglia motivo, si prevede che il parto vaginale possa presentare delle difficoltà.
Gravidanza gemellare – La gravidanza gemellare è abbastanza rara (circa l’1% del totale delle gravidanze); dopo la diffusione delle tecniche di fecondazione assistita si registra però una tendenza in aumento. Quando, in caso di gravidanza gemellare, la presentazione dei gemelli è di tipo cefalico e si sono raggiunte almeno 34 settimane di gestazione, di norma il parto per via vaginale è considerato sicuro. Nel caso di stress fetale oppure in quello di sproporzione feto-pelvica (condizione in cui lo spazio utile per il passaggio del feto attraverso l’apertura delle ossa pelviche non è sufficiente) si deve ricorrere al parto cesareo.
Quando il primo gemello si trova in posizione podalica l’indicazione è per il parto cesareo. Se invece il primo gemello è in posizione cefalica, ma il secondo ha una presentazione anomala (podalica o di spalla) si preferisce generalmente ricorrere al parto cesareo, ma l’indicazione non è assoluta. Comunque, in linea generale, se entrambi i gemelli non sono in posizione cefalica si ricorre solitamente al parto per via addominale.
Altre indicazioni per il parto cesareo – Le condizioni descritte precedentemente sono quelle che più frequentemente sono causa di parto cesareo; ve ne sono però molte altre che si verificano più raramente e che devono essere valutate in base alla singola situazione (distacco intempestivo di placenta, infezioni materne, patologie di tipo cardiovascolare, respiratorio o renale, diabete, placenta praevia** ecc.).

Nel nostro Paese il ricorso al parto cesareo è, a livello percentuale, il più alto di tutta Europa; in Italia infatti il 38% circa delle nascite avviene tramite questa tecnica chirurgica
Tecniche operatorie
Il parto cesareo prevede l’apertura della parete addominale, apertura che può essere fatta in senso longitudinale oppure trasversale. L’apertura longitudinale è raramente utilizzata ed è generalmente riservata ai casi estremamente urgenti dal momento che l’operazione richiede un tempo minore e l’accesso ai visceri pelvici è più semplice.
Le tecniche di taglio cesareo trasversale più utilizzate sono quella secondo Pfannenstiel e quella secondo Stark. La prima viene praticata con un’incisione di circa 8-10 cm della cute addominale seguita dal taglio degli strati sottostanti fino ad arrivare all’utero che viene poi inciso anteriormente nella parte bassa; il chirurgo provvede quindi all’estrazione del bambino. Reciso poi il cordone ombelicale si provvede alla rimozione della placenta e alla suturazione della ferita; i punti interni sono riassorbibili, mentre quelli con i quali si chiude la ferita addominale sono metallici. Questo tipo di incisione viene anche detto “taglio bikini” perché la ferita non è visibile indossando un tale tipo di costume. La durata dell’intervento è di circa 45 minuti.
La tecnica di Stark è caratterizzata da una minore invasività (il taglio cutaneo è di circa 5 cm); si eseguono minori tagli (alcuni tessuti invece di essere recisi vengono spostati con le dita) e di conseguenza le suturazioni vengono semplificate. La convalescenza è generalmente più breve. La durata dell’intervento è di circa 30 minuti.
Trattandosi di un intervento chirurgico, anche il parto cesareo non è scevro da rischi; oltre a quelli impliciti in ogni intervento di chirurgia bisogna ricordare i rischi che corre il feto (tagli accidentali o traumi dovuti all’estrazione).
Per quanto riguarda l’anestesia, solitamente si preferisce quella spinale in quanto è generalmente ben tollerata dalla gestante e comporta meno rischi per il feto.
Il tempo di ospedalizzazione varia dai 3 ai 5 giorni, mentre la rimozione dei punti viene fatta dopo una circa una settimana, dieci giorni al massimo. Le complicanze gravi sono rare (meno dell’1% dei casi).
* Un brevissimo cenno sull’origine di questa curiosa denominazione. Le versioni sul perché questo tipo di intervento venga detto “cesareo” sono diverse. Secondo alcuni deriva dal fatto che, secondo la leggenda, Gaio Giulio Cesare, uno dei personaggi storici più noti in assoluto, sarebbe nato con questa modalità; altri ritengono che l’origine di tale locuzione sia da ricercarsi nel nome di una legge romana, la lex caesarea, che affermava che in caso di agonia della madre gravida, il bambino non ancora nato aveva il diritto di essere estratto dal ventre materno; altri ancora ritengono che l’origine della denominazione di questo tipo di operazione chirurgica derivi dalla radice latina del verbo caedere che significa appunto tagliare.
** Normalmente la placenta si inserisce nella zona superiore della cavità dell’utero; in alcuni casi (rapporto 1:200) invece la placenta si inserisce nel segmento uterino inferiore coprendo parzialmente o totalmente l’orifizio uterino. In questi casi si parla di placenta praevia.
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