Il bypass aorto-coronarico (talvolta indicato come BAPC o CABG, Coronary Artery Bypass Graft surgery) è una tecnica chirurgica ormai consolidata da tempo (i primi interventi risalgono alla fine degli anni ’60 del secolo scorso) e, con il passare degli anni, la tecnica si è notevolmente evoluta. Grazie al bypass è possibile superare gli ostacoli rappresentati da una stenosi o da un’occlusione delle arterie coronarie (ovvero i vasi sanguigni che portano il sangue necessario al nutrimento del muscolo cardiaco). Le problematiche che possono causare una stenosi o un’occlusione sono di vario tipo, fra queste si ricorda in primis l’aterosclerosi.
Un restringimento (o, peggio, un’occlusione) delle arterie può determinare gravi eventi cardiovascolari fra cui l’infarto del miocardio e l’angina pectoris ed è pertanto necessario intervenire il più rapidamente e il più efficacemente possibile.
Di fatto, con il bypass aorto-coronarico, si aggira (o, se vogliamo, si bypassa) il punto in cui si trova l’ostruzione o il restringimento dell’arteria e si consente alla zona che riceveva uno scarso quantitativo di sangue di essere nuovamente irrorata in modo regolare dal flusso sanguigno; ciò si rende necessario per mantenere un’efficace attività cardiaca.
Bypass aorto-coronarico – Indicazioni
Di norma l’intervento viene consigliato a soggetti di età inferiore ai 70 anni con stenosi e occlusioni coronariche importanti e in cui il rischio di un grave evento cardiovascolare è molto elevato e non gestibile adeguatamente attraverso la terapia farmacologica (cardioaspirina, betabloccanti, calcioantagonisti ecc.) e uno stile di vita adeguato.
Dall’imponente letteratura medica relativa alla questione appare evidente che, in termini di sopravvivenza e di miglioramento della qualità della vita, il by-pass aorto-coronarico offre indubbiamente un notevole vantaggio, rispetto al solo intervento farmacologico, in molti casi di soggetti affetti da una patologia del tronco comune dell’arteria coronaria sinistra o addirittura di tutto l’albero coronarico. Lo stesso può dirsi nel caso di coloro che soffrano di una disfunzione del ventricolo sinistro.
Bypass aorto-coronarico – Intervento
L’intervento di bypass aorto-coronarico richiede un’incisione toracica nota come sternotomia mediana; attraverso di essa il chirurgo può accedere al muscolo cardiaco e all’aorta; il paziente viene collegato alla macchina cuore-polmoni (intervento tradizionale), il cuore viene fermato e il chirurgo può procedere con l’esecuzione dei bypass dopo aver effettuato un’incisione di piccole dimensioni a valle del punto dove si trova il restringimento o l’ostruzione. Una volta eseguiti i bypass, il cuore può essere nuovamente irrorato e fatto ripartire; si interrompe la circolazione extracorporea e si richiude l’incisione. Dopo un intervento di bypass aorto-coronarico, il paziente sarà trasferito nell’unità di terapia intensiva.
Esistono varie metodologie di by-pass aorto-coronarico; fra queste vi sono, oltre all’intervento tradizionale, l’intervento a cuore battente (il cuore non viene fermato e continua a battere mentre il chirurgo effettua l’intervento; in determinati casi, questa opzione comporta meno rischi per il paziente), l’intervento MIDCABS (acronimo dei termini inglesi (Minimally Invasive Direct Coronary Artery Bypass Surgery, bypass coronarico tramite procedura chirurgica mini-invasiva; anche in questo caso l’intervento viene eseguito a cuore battente e non è necessario ricorrere alla sternotomia mediale; è infatti sufficiente una minima invasività; ciò diminuisce drasticamente il dolore post-operatorio) e l’anestesia epidurale (è una procedura recente utilizzata soprattutto in pazienti di età avanzata che sono coloro nei quali l’anestesia generale è maggiormente rischiosa).
Per un bypass aorto-coronarico si possono utilizzare un tratto di vena safena, di arteria mammaria o di arteria radiale.
Rischi e complicanze
Tutti gli interventi chirurgici portano con sé un certo rischio e anche il by-pass non è esente; la mortalità, dai dati riportati in letteratura, si aggira sull’1%; una percentuale sicuramente accettabile considerando i gravi rischi di evento cardiovascolare cui sono sottoposti coloro cui viene consigliata l’esecuzione dell’intervento.
Un rischio da considerare è la degenerazione del by-pass; i dati più recenti parlano di un 40% di bypass venosi ancora ben funzionanti dopo 10 anni dall’intervento; migliore il dato relativo ai bypass arteriosi (95%).
Per quanto riguarda le complicanze relative all’intervento, le più comuni sono il sanguinamento post-operatorio, l’infarto miocardico perioperatorio, l’insufficienza renale, l’insufficienza respiratoria, l’ictus e le infezioni. I fattori che influenzano negativamente il rischio sono l’età avanzata, cattivo stato di salute generale, presenza di determinate patologie (in primis diabete mellito, insufficienza respiratoria, insufficienza renale, vasculopatia periferica).
Nei soggetti in buone condizioni generali, senza patologie associate e con una funzione ventricolare sinistra ben conservata, il rischio operatorio oscilla tra lo 0,8 e l’,5%, quindi è sostanzialmente basso.
Alternative
In alcuni soggetti l’intervento chirurgico è controindicato; in questi casi si può prendere in considerazione la possibilità di un’angioplastica. Per i dettagli su questa tipologia di intervento, decisamente meno invasivo di un bypass aorto-coronarico, si consulti l’articolo Angioplastica.
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